L'Agenzia delle Entrate chiarisce che si applica l'imposta proporzionale e non quella fissa per la registrazione del decreto ottenuto dal fideiussore

di Marina Crisafi - Per la registrazione dei decreti ingiuntivi del fideiussore si applica l'imposta proporzionale al 3% e non quella fissa. Lo ha chiarito l'Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 22/E/2017 di ieri (qui sotto allegata), fornendo consulenza giuridica a seguito della specifica istanza inoltrata da un ufficio periferico dell'amministrazione finanziaria.

Il quesito posto trae origine dalla tassazione con imposta proporzionale di registro (ex art. 8, comma 1, lett. b), della tariffa allegata al d.p.r. n. 131/1986, TUR) dei decreti ingiuntivi recanti "condanna al pagamento di somme a favore del fideiussore precedentemente escusso dal creditore del rapporto obbligatorio principale, quest'ultimo ricadente in ambito IVA".
L'ufficio rilevando una difformità di orientamenti giurisprudenziali in materia chiede, pertanto, un parere sulla tassazione da applicare agli atti giudiziari in esame.

Per le Entrate, bisogna rifarsi alla sentenza della Cassazione n. 20266/2015 la quale ha affermato che "il decreto ingiuntivo ottenuto dal garante escusso dal creditore garantito nei confronti del debitore principale è soggetto a registrazione con aliquota proporzionale al valore della condanna, in quanto il garante medesimo, a seguito del pagamento, non fa valere corrispettivi o prestazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto".

Con tale sentenza, gli Ermellini hanno superato l'indirizzo espresso in precedenza (cfr., tra le altre, ordinanza n. 140/2014), affermando preliminarmente che la complessiva operazione si può scindere in rapporti distinti e autonomi quali quello "tra creditore e debitore principale", quello "tra creditore e garante (che viene escusso)" e quello "tra garante e debitore". Con riferimento a quest'ultimo, in particolare, a seguito dell'escussione della garanzia da parte del creditore, a parere della S.C., "l'affermata unitarietà ed inscindibilità dell'operazione è esclusa dal fatto che il titolo da cui scaturisce il debito principale è del tutto distinto dalla polizza fideiussoria, dalla quale è derivata la prestazione di garanzia, stipulata tra debitore principale e garante in favore del terzo creditore".

Poiché il pagamento da parte del garante escusso segna l'esecuzione della polizza fideiussoria e, dunque, spiegano le Entrate, "l'esaurimento della prestazione di garanzia rilevante, nel caso di specie non viene a essere coinvolto il principio di alternatività tra l'Iva, cui è assoggettata la prestazione di garanzia e l'imposta di registro".

In particolare, secondo i giudici di legittimità, quando il fideiussore chiede l'emissione del decreto ingiuntivo per ottenere dal debitore garantito quanto ha versato al creditore, "non fa valere il credito da corrispettivo per la prestazione di servizi resa al debitore medesimo (ossia la prestazione di garanzia), ma si limita a esercitare i diritti già 'spettanti' al creditore, a seguito del pagamento da lui eseguito". Per cui, il titolo giudiziario ottenuto dal garante, riguardando la somma da lui versata, "non ha ad oggetto il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all'imposta sul valore aggiunto".

Recependo dunque le conclusioni della Cassazione (che si riscontrano anche nelle pronunce nn. 20262/2015, 20263/2015 e 20264/2015), l'Agenzia ritiene che "ai fini dell'individuazione del corretto trattamento fiscale da applicare in materia di imposta di registro alla statuizione di condanna contenuta in un decreto ingiuntivo ottenuto dal fideiussore nei confronti del debitore principale nell'ambito dell'azione di regresso, assume rilievo esclusivamente la circostanza che trattasi di provvedimento monitorio, recante una 'condanna al pagamento di somme o valori', con applicazione dell'imposta proporzionale nella misura del 3%, ai sensi dell'articolo 8 della tariffa, parte I, senza involgere l'applicazione del principio di alternatività Iva/registro".

Agenzia Entrate Risoluzione 22/E/2017

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