Breve focus sugli strumenti di deflazione dei carichi del giudice ordinario

Dott. Massimiliano Pagliaccia - La mediazione, nella sua accezione più pura consiste nell'attività posta in essere da un terzo imparziale, volta al raggiungimento di un accordo - variegato per natura e specie - fra due o più parti per il superamento di una controversia già sorta.

Esistono diverse tipologie di mediazione, citiamo solo per farne qualche esempio quella civile e commerciale - che qui ci occupa - quella culturale, quella didattica, ma anche quella penale, sociale e familiare.

La mediazione civile e commerciale, introdotta nel nostro ordinamento con il d. lgs. 4 marzo 2010, n. 28 e s.m.i. è una tecnica di risoluzione delle controversie relative a diritti disponibili alternativo al processo civile; per questo non può essere utilizzata per controversie aventi ad oggetto materie devolute alla giurisdizione amministrativa o ad altre giurisdizioni speciali.

La sua disciplina di attuazione è stata definita dal d.m. Giustizia 4 marzo 2010, n. 180 (e successive modifiche). La mediazione è definita dal legislatore come 'l'attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa (art. 1, lett. a, d.lgs. n. 28/2010. Essa ha una durata non superiore a tre mesi (art. 6). 

Il mediatore, al contrario degli arbitri non rende decisioni vincolanti.

L'arbitrato (dal latino arbitratus, cioè giudizio) è un metodo di risoluzione delle controversie utilizzato in alternativa alla via giudiziaria ed in sostituzione della giurisdizione per dirimere le controversie civili e commerciali.

Esso è svolto mediante l'affidamento di un apposito incarico ad uno o più soggetti terzi rispetto alla parti (e alla controversia stessa), definiti arbitri o anche, giudici arbitri.

Gli arbitri sono i soggetti privati investiti della 'funzione del decidere': tale è l'attività di ius dicere che, a livello statale, è attribuita ai giudici togati, nonché a quelli onorari nelle rispettive competenze.

Il procedimento arbitrale è dunque alternativo al processo ordinario dinanzi al giudice, ed è in questa sua precipua caratteristica che si rinviene la ragion d'essere della sua genesi e della sua 'somma utilità' di ridurre i carichi del giudice ordinario.

In un ordinamento in cui l'istituto dell'arbitrato non fosse espressamente previsto esso sarebbe comunque consentito in forza delle norme in tema di autonomia nella regolamentazione dei propri interessi. Nel nostro ordinamento il principio della libertà di contrarre (anche nel contratto di arbitrato) risiede nell'autonomia privata fissata dall'art. 1322 c.c., quale potere di autoregolamentazione dei propri interessi .

Lo Stato permette - in talune ipotesi previste e disciplinate dalla legge - di derogare ad un suo proprio 'monopolio' qual è quello giurisdizionale: il privato infatti, pur essendo tutelato dall'art. 24 Cost. per ' agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi ' non è obbligato a ricorrere ai giudici statali.

Il prodotto finale dell'arbitrato è un lodo, il quale al pari della sentenza emessa dal giudice dello Stato (quanto al lodo degli arbitri rituali, c.d. lodo rituale), ha efficacia vincolante per le parti e non risulta essere una determinazione contrattuale, come invece nell'arbitrato irrituale.

In tutte le tecniche di ADR, cc.dd. Alternative dispute resolution, è centrale il significato dell'istituto della conciliazione, in quanto la soluzione della controversia - ovunque raggiunta -non è rappresentata da una decisione e richiede sempre l'intervento di un terzo il quale, valutate tutte le esigenze del caso, individua - e consiglia - la giusta composizione della lite e nel caso di accettazione ne provoca il concilium. Con la conciliazione, un terzo aiuta dunque le parti a comporre una lite: è giudiziale quando il terzo è un giudice, mentre è stragiudiziale quando è svolta fuori dal giudizio da un conciliatore, soggetto anche professionale.

Col d. lgs. n. 28 del 2010 del 04 marzo 2010 il termine è divenuto fungibile con i possibili esiti della c.d. mediazione civile, nuovo istituto giuridico finalizzato ad evitare a monte l'ingresso delle liti nelle aule dei Tribunali.

Al pari dell'arbitrato anche la conciliazione può riguardare solo diritti disponibili, generalmente a carattere patrimoniale.

Esistono varie tipologie di conciliazione, tante quanti sono i settori dell'ordinamento che hanno avvertito per esigenze diverse ma per un'unica finalità tale previsione normativa. Un esempio - un po' atipico per la verità - è la conciliazione penale dinanzi al Giudice di Pace ex d. lgs. n. 274/2000, cui si aggiungono la conciliazione tributaria introdotta dall'art. 46 del d. lgs. 546 del 1992, quella lavoristica prevista dagli artt. 410 e ss. c.p.c. (stragiudiziale), dall'art. 11 d. lgs. n. 124 del 2004 e sindacale (prevista dagli accordi o contratti sindacali), nonché la conciliazione commerciale in materia di diritto societario di cui al d. lgs. n. 5/2003 del 17 gennaio 2003 affidata agli Organismi di conciliazione iscritti nel registro tenuto presso il Ministero della Giustizia, tra cui le Camere di Commercio industria, artigianato ed agricoltura.

Da segnalarsi inoltre la pratica conciliativa in uso tra imprese o associazioni d'impresa e le associazioni dei consumatori riconosciute in base alla legge 281 del 1998. Nell'ambito della mediazione civile (obbligatoria o facoltativa ex d .lgs. n. 28 del 4 marzo 2010) il legislatore ha chiarito che la conciliazione rappresenti il semplice risultato del procedimento di mediazione e non il nome con cui identificare il nuovo istituto. Questo allo scopo di distinguere i due istituti.

Tra gli altri strumenti di composizione dei conflitti - ben distinti dall'arbitrato - annoveriamo l'arbitraggio e la perizia contrattuale.

L'arbitraggio è l'atto attraverso il quale un terzo (c.d. arbitratore) determina, su incarico delle parti, uno degli elementi del rapporto contrattuale, del quale però le parti devono aver determinato la causa ed aver precisato la natura delle prestazioni principali (art. 1349 c.c.). Esso si basa su rapporti giuridici vertenti su di una controversia economica e non giuridica.

La perizia contrattuale è una relazione tecnica redatta da professionisti di un determinato settore (geologi, architetti, periti ed esperti delle CCIAA ecc …) a seguito dell'incarico ricevuto a mezzo di specifico mandato dalle parti per la soluzione di questioni tecniche e non giuridiche. Ai periti dunque non sono attribuiti poteri di decidere questioni giuridiche come quelle sull'interpretazione, validità ed efficacia di norme contrattuali.

Da ultima la c.d. negoziazione assistita, introdotta nel nostro ordinamento dal decreto giustizia (d.l. n. 132/2014 convertito nella legge n. 162/2014) finalizzato a dettare ' 'misure urgenti di degiurisdizionalizzazione e altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile'.

La negoziazione assistita consiste nell'accordo (c.d. convenzione di negoziazione) con cui le parti in lite convengono di cooperare in buona fede e lealtà ' al fine di risolvere in via amichevole una controversia, tramite l'assistenza di avvocati, con esclusione di quelle concernenti i diritti indisponibili e materie di lavoro. 

Dott. Massimiliano Pagliaccia

Giurista e giudice arbitro


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