La depressione può essere un giustificato motivo per non mantenere i figli. Lo ha sancito la Corte di Cassazione che ha cancellato la condanna inflitta in primo e in secondo grado a Roberto C., un papà genovese di 43 anni caduto in depressione dopo la separazione, 'per avere fatto mancare i mezzi di sussistenza alla moglie e alla figlia minore'. Per i giudici di merito l'uomo 'per la sua giovane età e per l'assenza di gravi patologie che gli impedissero di lavorare senz'altro poteva adattarsi a lavori temporanei che gli avrebbero potuto consentire di fornire almeno in parte i mezzi dovuti'. Un ragionamento non condiviso da piazza Cavour per la quale lo stato depressivo è una 'grave patologia' che può essere 'causa della concreta impossibilità di fare fronte ai propri impegni'. Roberto C., dopo la separazione dalla moglie Daniela, era caduto in un 'profondo stato depressivo' e, pur avendo fornito ai giudici le cartelle cliniche che attestavano la depressione, era stato condannato per avere fatto mancare i mezzi di sussistenza alla ex moglie e alla figlia minore, come disposto dal giudice in sede di separazione.
Invano l'uomo, in primo e in secondo grado, ha fatto presente che la depressione gli impediva di svolgere qualunque lavoro. I giudici di merito, ritennero 'privo di rilievo lo stato di incapacità economica' di Roberto C., sostenendo che 'era impossibile immaginare che non svolgesse alcuna attività lavorativa' e che comunque l'assenza di 'gravi patologie gli avrebbe potuto consentire di adattarsi a lavori temporanei'.

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