Espressa previsione normativa o ragionevole durata dei processi? Gli orientamenti della giurisprudenza della Cassazione

di Grazia Zaccaria - Le sezioni unite della Cassazione, con sentenza n. 46088/2008, accogliendo l'orientamento maggioritario, hanno stabilito che, fuori dalle ipotesi specificamente disciplinate dalla legge, la mancata comparizione del querelante nel processo, pur quando il giudice ne abbia sollecitato la presenza prefigurando la mancata comparizione come remissione tacita della querela, non dà luogo ad un caso di remissione tacita: in altri termini, dà luogo a remissione tacita solo allorché sia presentato ricorso immediato al giudice, ai sensi dell'art. 21, D.Lgs. n. 274 del 2000, non anche quando sia instaurato a seguito di citazione disposta dal p.m., ex art. 20 d.lg. n. 274 del 2000.

Infatti, è "principio generale dell'ordinamento processuale" che "gli oneri processuali a carico delle parti devono avere una fonte legale, anche quando derivano da un provvedimento del giudice".

La remissione tacita di querela, poi, può sostanziarsi in un comportamento unicamente extraprocessuale e non nella mancata comparizione in udienza, "specifico accadimento che si situa tutto nel processo e solo nel processo".

Più di recente, la Cassazione, con sentenza n. 8638/2016, ha ribaltato l'orientamento delle Sezioni Unite, in forza del principio generale che caratterizza il procedimento penale innanzi al G.d.P., il favor conciliationis, collocato in quello più ampio della ragionevole durata dei processi.

La mancata comparizione della persona offesa integra gli estremi della remissione tacita se il querelante sia previamente avvisato, in modo chiaro e con notifica personale, del fatto che l'eventuale successiva assenza potrà essere interpretata come volontà di non perseguire nell'istanza di punizione, non vi siano manifestazioni di segno opposto e nulla faccia dubitare che l'assenza perdurante sia libera e consapevole.

Di contro, Cass. n. 12187/2016 si è uniformata alle Sezioni Unite, stabilendo che "non costituisce remissione tacita della querela, per assenza di una manifestazione inequivoca di volontà, la mancata comparizione al processo del querelante, anche nel caso in cui vi sia stato espresso invito del giudice a presentarsi e nonostante l'eventuale avvertimento che l'omissione sarebbe stata considerata rinuncia alla querela

", con con quella netta distinzione tra il caso del ricorso immediato al G.d.P., dove l'improcedibilità dell'azione penale è giustificata dal venire meno dell'impulso processuale da parte della persona offesa-querelante, che, per sua diretta iniziativa, lo ha posto in essere, dall'ipotesi in cui, realizzata la condizione di procedibilità, tramite la presentazione della querela, l'esercizio della pretesa punitiva passi allo Stato, con l'impossibilità di attribuire a condotte della persona offesa significati non predeterminati dalla legge.

In conclusione, occorre guardare alle previsioni di legge per qualificare un comportamento come remissione tacita di querela (escludendo che, nei procedimenti instaurati in seguito a citazione disposta dal p.m., la mancata comparizione all'udienza del querelante, nonostante la sollecitazione e lo specifico avvertimento del giudice, possa essere intesa come manifestazione inequivoca di remissione di querela) oppure è possibile una diversa interpretazione alla luce delle esigenze di economia processuale e del favor conciliationis che connota il procedimento innanzi al G.d.P.?



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