di Marina Crisafi - È reato di violenza sessuale, consumata e non solo tentata, mettere la mano nella scollatura di una donna e toccare lo spazio tra i due seni contro la sua volontà. Lo ha stabilito la Corte d'Appello di Palermo nella recente sentenza n. 2605/2015 (qui sotto allegata) confermando la condanna nei confronti di un giardiniere tunisino per il reato di violenza sessuale a danno della figlia dei proprietari di un giardino in cui aveva effettuato dei lavori.
L'episodio incriminato si era verificato proprio all'ingresso dell'abitazione della ragazza, appena maggiorenne, che, di ritorno da scuola, veniva fermata dall'uomo con la scusa del mancato pagamento per i lavori effettuati. Il giardiniere cercava di abbracciarla e mentre lei si divincolava, le infilava la mano nella scollatura della maglietta toccandole il petto nella parte che divide i due seni.
Da qui la denuncia per violenza sessuale e il processo in primo grado che si concludeva con la condanna dell'uomo. Condanna confermata ora dalla corte d'appello per la quale a nulla valgono i tentativi del tunisino di dimostrare che si era trattato di un gesto maldestro privo di significato e mal interpretato dalla ragazza e che in ogni caso la linea di demarcazione tra i due seni non può essere considerata una zona erogena, chiedendo in subordine di riqualificare il fatto nel meno grave reato di molestia.
Secondo i giudici palermitani, infatti, nel caso di specie non è assolutamente configurabile il delitto ex art. 660 c.p. "che postula un atteggiamento di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nell'altrui sfera di libertà" e che, ontologicamente diverso dal reato di violenza sessuale, si estrinseca "oltre che in una sopraffazione fisica, anche nel compimento insidioso dell'azione criminosa, tale da superare la sua contraria volontà in ordine all'invasione nell'altrui sfera della libertà sessuale".
È corretto invece inquadrare il fatto nella fattispecie criminosa di violenza sessuale "nella forma consumata, e non tentata, avendo l'imputato posto in essere una condotta, che si è estrinsecata nel toccamento delle parti intime della vittima, rientrando nelle parti intime anche la zona erogena del petto posta fra i due seni". Del resto, osserva la corte, "il toccamento è, comunque, avvenuto su zone erogene suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale, anche se in modo non completo e di breve durata, essendo a tal fine irrilevante che il soggetto attivo consegua la soddisfazione erotica". Né può rilevare, ha chiosato infine il giudice d'appello, la dedotta assenza di violenza, posto che il dissenso della ragazza è stato manifestato sin da subito. Equa appare infine alla corte, nel confermare la sentenza, la pena inflitta all'uomo di un anno e due mesi di reclusione (con pena sospesa) e la condanna al risarcimento di 5mila euro oltre al pagamento delle spese legali.
Corte d'Appello di Palermo, sentenza n. 2605/2015