Per la Cassazione (15.4.2002) il diritto alla difesa va considerato come uno strumento legittimo di confutazione dell'accusa ed è per questo che negare quanto risulti dagli atti di polizia giudiziaria non sempre può integrare il delitto di calunnia
L'imputato, si sa, è libero di mentire. E può persino negare genericamente di essere stato sottoposto a perquisizione da parte dei Carabinieri e di essere stato nel possesso di un coltello poi sequestrato.
Lo ha affermato la Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione con una sentenza dello scorso 15 aprile precisando che il diritto alla difesa va considerato come uno strumento legittimo di confutazione dell'accusa ed è per questo che negare quanto risulti dagli atti di polizia giudiziaria non sempre può integrare il delitto di calunnia.
Questo sempre che l'imputato, oltre negare in modo generico la veridicità delle dichiarazioni accusatorie, non fornisca altri particolari e non assuma altre iniziative chiaramente dirette a riversare sui dichiaranti specifiche accuse di falsità così da poterne derivare la possibilità di avvio di un procedimento penale. In tal caso, difatti, saremmo al di fuori del legittimo esercizio del diritto di difesa.

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