La dichiarazione dello stato d'adottabilità è l'estrema ratio, prima va valutata l'idoneità dei parenti entro il 4° grado

di Marina Crisafi - Per un minore, la dichiarazione dello stato di adottabilità è l'estrema ratio, prima della quale va valutata l'idoneità di tutti i parenti, entro il quarto grado, che possono prendersi cura di lui. Lo ha ribadito nei giorni scorsi la prima sezione civile della Cassazione, con la recente sentenza n. 16897/2015, accogliendo le doglianze degli zii paterni che chiedevano l'affido etero-familiare delle nipoti, due bambine che i giudici di merito avevano dichiarato adottabili disponendo l'interruzione di ogni rapporto fra le stesse e i genitori e la collocazione presso una coppia in lista d'attesa per l'adozione nazionale.

"Il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia d'origine, che trova il suo fondamento nel diritto italiano, convenzionale europeo e internazionale, comporta che il ricorso alla dichiarazione di adottabilità è praticabile solo come soluzione estrema - hanno affermato, infatti, gli Ermellini - quando, cioè, ogni altro rimedio appaia inadeguato all'esigenza dell'acquisto o del recupero di uno stabile ed adeguato contesto familiare in tempi compatibili con l'esigenza del minore stesso".

Tale verifica va compiuta, hanno proseguito i giudici di piazza Cavour, con il medesimo "rigore" con il quale occorre accertare lo stato di abbandono del minore, anche in relazione alla manifestata disponibilità dei parenti "entro il quarto grado a supplire alla carente idoneità genitoriale fornendo un contesto familiare adeguato alla cura, all'educazione e alla crescita del minore che valga a consentire di non rescindere il legame con la famiglia di origine e di sperimentare, nel tempo, anche un recupero delle capacità genitoriali".

Nella specie, nonostante il giudice delle seconde cure avesse ritenuto provate sia l'incapacità genitoriale che l'assenza di rapporti significativi tra le minori e gli zii paterni, per la Cassazione le verifiche necessarie non sono state affatto accurate.

La Corte d'Appello, infatti, è arrivata ad escludere la significatività dei rapporti tra zii e nipoti, sulla base di circostanze riferite dal perito che attenevano soprattutto alla motivazione di una costituzione tardiva in giudizio. Una circostanza che, a detta della Cassazione, non è affatto idonea ad escludere le potenzialità di accudimento e cura delle minori, nè la significatività del rapporto esistente tra gli zii e le bambine.

La verifica del giudice di merito, in sostanza, per la S.C., doveva essere "diretta", andando ad indagare le personalità degli zii, il loro rapporto con i figli, al fine di verificarne la capacità genitoriale e la relazione con le nipoti, potendo prescindere da un siffatto accertamento soltanto in presenza di elementi oggettivi "gravi e univoci" attestanti il contrario, come peraltro richiesto dal legislatore.

Ricorso accolto, dunque, e sentenza cassata. La parola passa al giudice del rinvio.


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