Il detenuto aveva manifestato l'intenzione di togliersi la vita ma il direttore del carcere non era stato informato

Avv. Barbara Pirelli del Foro di Taranto; email: barbara.pirelli@gmail.com

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Immagine di copertina: Franca Rosa Bugnolo- Gattinara- Vercelli

Come scriveva Oscar Wilde : "la vita carceraria fa vedere le persone e le cose come sono in realtà. Per questo ci si trasforma in pietra." 

E come dargli torto? Molte persone in carcere si trasformano in pietra, appunto, assumendo atteggiamenti ostili nei confronti del mondo esterno e manifestando durezza d'animo. Altri, i più deboli, non ce la fanno a sostenere la vista del "cielo a grate" e decidono di togliersi la vita.

Ed ecco una vicenda giudiziaria di cui si è occupato il Tribunale di Lecce che ha ad oggetto una richiesta di risarcimento danni proposta dai genitori e dai fratelli di un detenuto, che, ristretto in stato di custodia cautelare in carcere, si toglieva la vita.

I parenti attribuivano la responsabilità del gesto all'amministrazione carceraria perché a conoscenza delle intenzioni suicide del detenuto il quale, nel corso di un interrogatorio relativo ad un procedimento diverso da quello in cui era stata applicata la predetta misura, aveva esternato la sua intenzione di togliersi la vita.

Le parole del congiunto non erano state prese in considerazione e non erano state adottate le opportune misure volte ad evitare che egli mettesse in atto il proposito del suicidio.

Si costituiva in giudizio il Ministero della Giustizia che eccepiva la prescrizione del diritto esercitato dagli attori invocando comunque  il rigetto per infondatezza della domanda. L'eccezione relativa alla prescrizione non veniva accolta in quanto il termine di prescrizione era stato interrotto con richiesta di risarcimento danni.

La domanda dei familiari però veniva respinta perché secondo il Tribunale non era emerso alcun profilo di responsabilità imputabile al personale dipendente dal Ministero della Giustizia.

Secondo il Tribunale non era stato  provato che il Direttore della Casa Circondariale di Lecce, la Polizia Penitenziaria ed altre persone fossero stati informati della dichiarazione resa  dal detenuto durante l'interrogatorio.

In buona sostanza la notizia che il detenuto aveva espresso la volontà di suicidarsi veniva riportata dal suo difensore ma questa testimonianza risultava poco credibile in considerazione del fatto che lo stesso non aveva informato di ciò il Direttore della Casa Circondariale ed inoltre non aveva comunicato al suo assistito  che l'udienza  per la trattazione del ricorso, avverso l'ordinanza con cui il Tribunale del Riesame aveva confermato il provvedimento impositivo della menzionata misura custodiale , era stata rinviata.

Era emerso chiaramente che la Casa Circondariale non fosse a conoscenza delle intenzioni suicidiarie del detenuto; dagli atti poi era emerso che il detenuto,in seguito ad un'aggressione subita da parte di un altro detenuto e della ricezione di una lettera anonima contenente delle minacce, era stato trasferito in un'altra sezione dove si trovavano  ristretti i detenuti c.d. "precauzionali", i quali sono sottoposti al regime denominato di  "grandissima sorveglianza".

Ancora, dall'esame dei testi escussi nel corso del giudizio, tra i quali l'educatrice ed il cappellano, era emerso che l'uomo non aveva mai avuto alcun comportamento, ovvero assunto qualche atteggiamento che lasciasse anche lontanamente presagire una possibile condotta suicida o autolesionistica.

Il Tribunale precisava,inoltre, che il fatto che l'uomo quella mattina avesse rinunciato a recarsi in cortile con gli altri detenuti della sezione non poteva far sorgere il sospetto che l'uomo volesse compiere l'insano gesto perché i testi avevano riferito che il detenuto aveva giustificato tale decisione affermando che intendeva leggere un libro e che già altre volte era capitato; in quella giornata anche altri detenuti avevano deciso di restare in cella anziché recarsi in cortile.

Infine, l'uomo era apparso ai compagni di cella tranquillo e di umore normale, tanto che preparò loro il caffè.

Argomentando oltre, il giudicante ha ritenuto di non ravvisare alcuna trascuratezza nell'operato del Pubblico Ministero su delega del quale il detenuto  fu interrogato perché  nella relazione, presente in atti, con cui gli venne trasmesso il relativo verbale alcun cenno veniva fatto alla dichiarazione da costui resa in ordine al suo possibile suicidio.

In conclusione, il Tribunale aderendo anche ad un ragionamento ipotetico ha ritenuto che :

quand'anche il Direttore della Casa Circondariale di Lecce fosse stato reso edotto del contenuto della predetta dichiarazione "se la Cassazione dovesse confermare la mia detenzione mi ucciderò", nulla poteva far supporre in maniera ragionevole il gesto anche perché la Suprema Corte non aveva ancora deciso se andava rimesso  in libertà o sottoposto ad un regime di sorveglianza ancora più stretto di quello in atto.

Per tutte queste ragioni il Tribunale di Lecce, in composizione monocratica, in persona del Giudice dott. Maurizio Rubino,in data 20 agosto 2014, ha rigettato la domanda attorea ed ha condannato gli attori alla rifusione delle spese sostenute dal convenuto pari ad € 5.870,00 per compensi, oltre ad accessori come per legge.

Avv. Barbara Pirelli del Foro di Taranto

Mediatore Borlaw- sede operativa di Taranto

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Qui di seguito il testo della sentenza:

TRIBUNALE DI LECCE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Lecce, in composizione monocratica in persona del Giudice dott. Maurizio Rubino ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. r.g,................promossa da:

....... .... rappresentati e difesi dall'avv. ........                                                                       ATTORI

CONTRO

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del ministro p.t., rappresentato e difeso dall' Avvocatura Distrettuale dello Stato                                                                                                                                     CONVENUTO

All'udienza del ....... la causa veniva posta in decisione, previa assegnazione dei termini di cui all'art. 190 co. 2 c.p.c., sulle conclusioni rassegnate dalle parti, come da relativo verbale in atti, da intendersi qui interamente richiamate e trascritte.

FATTO E DIRITTO

Ai sensi dell'art. 132 co. 2 n. 4 c.p.c., come modificato dall'art. 45 co. 17 della legge 18 giugno 2009 n. 69, applicabile anche ai giudizi in corso al momento della entrata in vigore di tale legge di pagina l di 5 motivata attraverso una "concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione".

La presente causa ha ad oggetto la domanda, proposta da ?..........rispettivamente genitori, i primi due, e germani, gli altri, di ......... - nei confronti del Ministero della Giustizia, di risarcimento del danno non patrimoniale da essi patito in conseguenza della morte di quest'ultimo, deceduto suicida in data ........2002 mentre si trovava ristretto in stato di custodia cautelare in carcere presso la Casa Circondariale di Lecce.

Gli attori attribuiscono la responsabilità del decesso del loro congiunto all'ente convenuto asserendo che, benché costui avesse dichiarato, nel corso dell'interrogatorio al quale fu sottoposto in data .........dai Carabinieri della Stazione di........su delega del Pubblico Ministero nella persona del Sostituto Procuratore della Repubblica presso questo Tribunale, nell'ambito di un procedimento diverso da quello nel corso del quale era stata applicata la predetta misura, che qualora essa fosse stata confermata dalla Corte di Cassazione si sarebbe suicidato, non sarebbero state adottate le opportune misure volte ad evitare che egli mettesse in atto il proposito manifestato, evidentemente non preso in seria considerazione.

Costituitosi in giudizio, il Ministero della Giustizia ha eccepito la prescrizione del diritto esercitato dagli attori invocando, in ogni caso, il rigetto per infondatezza dell'avversa domanda.

Disattesa tale eccezione, risultando ex actis che il decorso del termine di prescrizione di detto diritto è stato interrotto con richiesta di risarcimento danni ricevuta dal convenuto in data .......... la domanda attorea non può essere accolta, non essendo emerso alcun profilo di responsabilità imputabile a personale dipendente dal Ministero della Giustizia.

Va innanzitutto rilevato che non può ritenersi provato che il Direttore della Casa Circondariale di Lecce, la Polizia Penitenziaria, ovvero altre persone presso detta Casa operanti fossero stati informati della dichiarazione resa dal............ nel corso dell'interrogatorio cui fu sottoposto il ........2002.

La dichiarazione in tal senso resa da .............che a detto interrogatorio assistente in qualità di difensore di fiducia del predetto, non può ritenersi credibile, in primo luogo perché ha ad oggetto un fatto mai riferito dagli stessi attori, ed in secondo luogo in quanto il predetto teste non può reputarsi attendibile, potendo presumersi che la sua deposizione risulti inquinata dalla necessità di difendersi dagli addebiti rivoltigli dal convenuto, che ha ripetutamente evidenziato come il predetto difensore del .............sia stato il primo a non prendere sul serio la citata dichiarazione da costui resa, tanto che non solo non ne informò il Direttore della Casa Circondariale, ma neppure comunicò al suo assistito che all'udienza del ............la trattazione del ricorso avverso l'ordinanza con cui il Tribunale del Riesame aveva confermato il provvedimento impositivo della menzionata misura custodiale era stata rinviata al ..........

Ciò premesso, ritiene, questo Giudice, che, non essendo a conoscenza del proposito suicidiario dallo stesso espresso, il personale operante presso la Casa Circondariale di Lecce non aveva alcun motivo per sottoporre il .........ad un regime di sorveglianza ancor più stringente di quello applicato.

Risulta, infatti, dagli atti e non è, peraltro, contestato, che costui, in seguito ad un'aggressione subita da parte di un altro detenuto e della ricezione di una lettera anonima contenente delle minacce, era stato trasferito presso il blocco C2 sezione 6^, ove si trovano ristretti i detenuti C.d. "precauzionali", i quali sono sottoposti al regime denominato "grandissima sorveglianza" da parte del personale di Polizia Penitenziaria.

D'altro canto, dall'esame dei testi escussi nel corso del giudizio, tra i quali l'educatrice con la quale il........ aveva avuto alcuni colloqui ed il cappellano, è emerso che costui non aveva mai avuto alcun comportamento, ovvero assunto qualche atteggiamento che lasciasse anche lontanamente presagire una possibile condotta suicida o autolesionistica.

Né il fatto che la mattina del .........2002 costui abbia rinunciato a recarsi in cortile con gli altri detenuti della sezione avrebbe potuto indurre a sospettare che volesse compiere l'insano gesto con cui si è tolto la vita, avendo i testi escussi riferito che egli giustificò tale decisione affermando che intendeva leggere un libro e che già altre volte era capitato che il ..........così come altri detenuti, avesse preferito restare in cella anziché recarsi in cortile.

La predetta considerazione risulta corroborata dalla circostanza, anch'essa emersa dalle deposizioni rese dai testi, che anche ai suoi compagni di cella la mattina della sua morte il ..........era apparso 'tranquillo' e di umore normale, tanto che preparò loro il caffè.

Né alcuna trascuratezza appare ravvisabile nell'operato del Pubblico Ministero su delega del quale il .......... fu interrogato il .........posto che nella relazione, presente in atti, con cui gli venne trasmesso il relativo verbale alcun cenno risulta esser stato fatto alla dichiarazione da costui resa in ordine al suo possibile suicidio ed atteso che appare condivisibile il rilievo del convenuto secondo cui, poiché nell'ambito del procedimento in cui fu disposto il predetto interrogatorio il............... era indagato "a piede libero", l'Autorità Giudiziaria procedente non aveva alcun obbligo di prendere contezza del contenuto del relativo verbale con urgenza, sicché, atteso il rilevante carico di lavoro che notoriamente grava sulla Procura della Repubblica presso questo Tribunale, non appare imputabile a negligenza la circostanza, affermata dal convenuto e non contestata dagli attori, che detto verbale sia stato esaminato dal Pubblico Ministero nel mese di aprile.

D'altronde, nel rilevare che quand'anche il predetto verbale fosse stato letto prima del............., quest'ultimo non sarebbe stato in grado di apprendere, dal suo contenuto, quale fosse l'udienza dal cui esito il ..........aveva deciso di far dipendere la propria vita, non avendone egli fatta in esso menzione, ciò che appare dirimente al fine di escludere qualsivoglia responsabilità in capo ai diversi soggetti dipendenti del Ministero convenuto a vario titolo coinvolti nella vicenda per cui è causa è il fatto che poiché il predetto aveva minacciato di suicidarsi qualora la Suprema Corte avesse rigettato la sua richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare custodiale applicatagli, nessuno avrebbe potuto immaginare che egli si togliesse la vita dopo l'udienza del................ atteso che in essa il suo ricorso non era stato deciso.

Da ultimo, con riferimento alla deduzione, svolta dagli attori nella comparsa conclusionale, con cui essi hanno affermato che nella fattispecie in esame sarebbe quantomeno sussistente la responsabilità dei Carabinieri che procedettero all'interrogatorio del ............per un verso va evidenziato come in relazione a tale prospettazione difetti la legittimazione passiva del convenuto.

Ed infatti, benché nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria loro demandate la predetta Arma compia atti di indagine su delega del Pubblico Ministero, ciò nondimeno i militari che ad essa appartengono non dipendono dal Ministero della Giustizia, bensì dal Ministero della Difesa.

Sotto altro profilo va ribadito che quand'anche il Direttore della Casa Circondariale di Lecce fosse stato reso edotto del contenuto della predetta dichiarazione, nulla avrebbe potuto indurre ragionevolmente a supporre che il ............ il quale aveva espressamente dichiarato "se la Cassazione dovesse confermare la mia detenzione mi ucciderò", si sarebbe tolto la vita malgrado la Suprema Corte non avesse ancora deciso se egli dovesse essere o meno rimesso in libertà ed a sottoporlo, di conseguenza, ad un regime di sorveglianza ancora più stretto di quello in atto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale di Lecce, in composizione monocratica in persona del Giudice dott. Maurizio Rubino, definitivamente pronunciando nella causa n. ...............2008 R.G., così dispone:

rigetta la domanda attorea;

condanna gli attori alla rifusione delle spese sostenute dal convenuto, che liquida in € 5.870,00 per compensi, oltre ad accessori come per legge.

Così deciso, in Lecce, in data 20 agosto 2014

Il Giudice dott. Maurizio Rubino

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