Introduzione all'articolo di Angelo Casella
Cos'è che impedisce il dominio incondizionato di un gruppo o lo sfociare di una tirannia in seno a una compagine di individui o, ancora, alla volontà dei più di diventare la volontà di tutti? È il principio di maggioranza che permette, nell'ambito di qualsiasi collettività, all'opinione o alla volontà espressa da chi ha un maggior numero di consensi di prevalere e assurgere a volontà di tutti, ai fini dell'assunzione delle decisioni e delle regole collettive, quale fondamento del sistema democratico. 


Che si tratti, infatti, di un gruppo di persone parte di un'associazione (di qualsivoglia tipologia), di un insieme di condomini o del popolo di uno Stato, ovunque debbano assumersi decisioni che riguardano l'intera collettività, viene adottato il c.d. "principio di maggioranza".
Tuttavia, come è noto, storicamente questo criterio non ha trovato né un'affermazione scontata né un'universalità di consensi.

Talvolta, infatti, sono stati individuati, come maggiormente idonei, altri meccanismi alla base delle decisioni collettive (come, il principio di unanimità che prevede la totalità dei consensi, della "sanior pars" che privilegia un criterio qualitativo piuttosto che quantitativo, o del "sorteggio", meno selettivo e maggiormente egalitario; ecc.) e non sono stati pochi coloro che hanno sottolineato le imperfezioni della "legge del numero" soprattutto a causa della sua identificazione con il principio democratico, con il quale è stata sempre assimilata.
Da Aristotele, che nella sua tripartizione classica della democrazia, quale governo dei molti (e, quindi, della maggioranza), evidenziava che il potere politico non debba essere per forza esercitato attraverso siffatta regola che comunque indica quanti governano e non come governano, sino alle moderne teorizzazioni, da Tocqueville a Braud che parlano di "dittatura" e "tirannia della maggioranza", quale limite della democrazia moderna, e a Bobbio che ne evidenziava confini e aporie nella sua applicazione pratica, sono diversi coloro che hanno sottolineato le deviazioni e le distorsioni del principio di maggioranza.

Effetti distorsivi e deviazioni cui si è assistito in concreto e si assiste, tuttora, ai giorni nostri, con conseguenze paradossali: basta pensare, infatti, all'emanazione delle numerose leggi ad personam o al favore riservato ad "interessi particolari" o lobbistici che ha generato norme che vanno a discapito dell'interesse comune, vero collante che caratterizza e rende possibile l'applicazione del principio di maggioranza.

È proprio questo vulnus che giustifica e continua ad alimentare i dibattiti e le discussioni sul principio di maggioranza, rendendo sempre attuali le analisi, gli approfondimenti e le indagini sulla sua validità e sulle sue applicazioni pratiche.
In genere, infatti, ciò che giustifica l'adozione delle decisioni "collettive" da parte della maggioranza, anche in presenza di divergenti minoranze, è proprio l'interesse comune, la condivisione di un identico fine, oggettivo o soggettivo che sia, che consente di dare un riferimento unitario ad una molteplicità di soggetti.
È tale interesse a creare il legame tra i membri di un gruppo, di una collettività, e a consentire di superare la dimensione del singolo a favore dell'intero, legittimando le decisioni prese a nome di tutti, perché il suo perseguimento (o tutela) impone ad ogni membro l'adozione di determinati comportamenti o azioni finalizzati al raggiungimento della finalità collettiva, entità superiore rispetto alle mere esigenze individuali. Una frattura o una deviazione dell'interesse comune, può costituire perciò un fattore idoneo ad interrompere il titolo giustificativo che legittima l'imposizione delle regole della maggioranza.
Il tema - dalla "validità intrinseca" del concetto alle sue deviazioni e distorsioni - è trattato nell'articolo "Il principio di maggioranza e le sue deviazioni. Ovvero: la trappola del principio di maggioranza" di Angelo Casella.

Ecco il testo: 

Il principio di maggioranza (Angelo Casella)


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