Avv. Gennaro Marasciuolo - www.marasciuolo.it

La tanto criticata Legge Balduzzi (D.L. 13/09/2012, n. 158, convertito con la Legge8/11/2012, n. 189), concepita per arginare, per un verso,  il ricorso all'autorità giudiziaria da parte di pazienti "insoddisfatti" e, per l'altro, la pratica della c.d. "medicina difensiva", fonte di un aumento dei costi per il servizio sanitario, a discapito dei pazienti effettivamente bisognosi, non soddisfa nessuno, benché meno gli operatori del settore sanitario.

Non ha soddisfatto neanche il Tribunale di Milano che ha sollevato una questione di legittimità costituzionale dell'art. 3.

Secondo il Tribunale meneghino, infatti, l'art. 3 della Legge Balduzzi violerebbe differenti principi di rango costituzionale: dal principio di uguaglianza, al principio di tassatività della norma penale, dal principio di ragionevolezza a quello connesso alla funzione rieducativa della pena.

Il tutto, sempre secondo il giudice a quo, trarrebbe origine dall'indeterminatezza della norma introdotta, non superabile tramite 'una mera attività ermeneutica',.

La previsione, contenuta nell'art. 3 della Legge Balduzzi, secondo la quale l'esercente la professione sanitaria che … si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve", potrebbe:

a) escludere la colpa lieve del sanitario che si attiene alle linee guida, o 

b) far ritenere che sia stata introdotta una nuova causa di non punibilità per il sanitario, al quale sia addebitabile la colpa lieve.

L'incertezza è ancora più evidente se si considera che il Legislatore non ha previsto una definizione del concetto di «colpa lieve», nonostante la giurisprudenza non ne fornisca una univoca e lo stesso concetto sia comunque utilizzato solo nell'ambito della valutazione del grado della colpa, ai fini della quantificazione della pena.

L'incertezza normativa rischierebbe, quindi, di "burocratizzare le scelte del medico e, quindi, di avvilire il progresso scientifico». La soluzione legislativa "premierebbe", dunque, coloro che prestano una «acritica e rassicurante adesione» alle linee guida e alle buone pratiche già codificate, penalizzando invece chi, con una pari dignità scientifica, se ne discosta, con l'effetto di bloccare l'evoluzione del pensiero scientifico e la sperimentazione clinica. 

Sempre secondo il Tribunale di Milano, poi, l'art. 3 della Legge Balduzzi contrasterebbe con l'art. 3 della Costituzione, perché causerebbe delle vere e proprie disparità di trattamento.

In primo luogo, se si ritiene che sia stata introdotta una causa di non punibilità, questa potrebbe trovare applicazione, sia nei confronti degli operatori sanitari non chiamati ad adottare scelte diagnostiche o terapeutiche, o le cui scelte non attengono alla salute umana (veterinari, farmacisti, biologi o psicologi) e, sia nei confronti degli operatori sanitari che, investiti di altre funzioni ad es. in materia di sicurezza del lavoro, si macchiano di un reato colposo, anche diverso dai reati contro la persona. 

La norma in parola comprometterebbe, inoltre, la tutela giudiziaria della persona offesa, la quale, nei casi previsti dalla disposizione stessa, potrebbe agire solo in sede civile, vedendosi così privata dei più ampi strumenti di tutela offerti dal processo penale, diversamente da quanto avviene in rapporto ai reati commessi con colpa lieve, da soggetti non esercenti la professione sanitaria.

Nonostante, però, le argomentazioni addotte dal Tribunale di Milano siano condivisibili, la Corte Costituzionale, con l'ordinanza n. 295/2013, non è entrata nel merito della questione di legittimità costituzionale, dichiarando la sua manifesta inammissibilità, facendo leva su un difetto del provvedimento di rimessione, vale a dire, l'insufficiente descrizione della fattispecie concreta.

Per il momento, dunque, l'art. 3 della Legge Balduzzi è salvo, ma le incertezze, che dallo stesso discendono, permangono. Una risposta alla richiesta di chiarezza arriverà, forse, con una legge di modifica che, attualmente, giace in Parlamento

Avv. Gennaro Marasciuolo

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