di Francesca Tessitore - Cassazione civile sez. II, sentenza 3 luglio 2013, n. 16629. Nel 1980 le parti hanno stipulato un preliminare di vendita di immobile con effetti anticipati ed il promissario acquirente, prima della data fissata per il contratto

definitivo, è stato immesso nel possesso del bene. I contraenti non sono addivenuti alla stipulazione del contratto definitivo ma il promissario acquirente ha pagato l'intero prezzo concordato e si è intestato le utenze. Dopo 11 anni la società costruttrice cita il promissario acquirente al fine di chiedere la risoluzione del contratto preliminare di vendita ed il rilascio dell'immobile occupato senza causa, in quanto prescritto il termine per stipulare il contratto definitivo. Il promissario acquirente si oppone ed, in appello, non ripropone la domanda per l'ottenimento della sentenza ex art. 2932 c.c.

La Suprema Corte, sulla base di un precedente orientamento (Cass. Civ. 7930/2008) ha stabilito che "nella promessa di vendita

, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, e unitamente, o non, il pagamento anticipato del prezzo non si verifica un'anticipazione degli effetti traslativi, bensì un rapporto tra contratti collegati, in cui il ruolo di contratto principale è svolto dal preliminare vero e proprio". Il possesso esercitato dal promissario acquirente non è quindi senza causa, ma può essere qualificato come "detenzione qualificata e non come possesso utile ad usucapionem, salvo la dimostrazione di un'intervenuta "interversiu possessionis" nei modi previsti dall'art. 1141 c.c.". La Suprema Corte ha infine precisato che il termine prescrizionale per richiedere una sentenza
ai sensi dell'art. 2932 c.c. decorre "non dalla conclusione del contratto preliminare, ma dalla data di scadenza del termine fissato per la stipula del contratto definitivo stesso".


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