Il Ministero del Lavoro, con lettera circolare 12 luglio 2013, n. 12693, fornisce precisazioni in merito alla corretta interpretazione della disciplina del contratto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto nel settore dei call-center, ex art. 24 bis D.L. n. 83/2012 (conv. da L. n. 134/2012). Il Dicastero, precisando che nella circolare 14/2013, sono state evidenziate le deroghe in ordine alla sussistenza dei requisiti richiesti dall'art. 61, comma 1, D.Lgs. n. 276/2003, ai fini del legittimo ricorso alla tipologia contrattuale in questione, sottolinea in particolare che il disposto di cui art. 61 non trova applicazione nelle ipotesi di "attività di vendita
diretta di beni e di servizi realizzate attraverso call-center outbound per le quali il ricorso ai contratti di collaborazione a progetto è consentito sulla base del corrispettivo definito dalla contrattazione collettiva nazionale di riferimento", a prescindere dal requisito dimensionale dell'azienda. Il Legislatore - si legge nella lettera del Ministero - "ha voluto introdurre una semplificazione nell'ambito dei call-center, consentendo l'impiego del personale con contratti di collaborazione in una molteplicità di "attività di servizi", tra cui risultano evidentemente annoverabili anche le attività di ricerche di mercato, statistiche e scientifiche, indipendentemente da una contestuale "vendita" di prodotti o di servizi." La deroga opera nella misura in cui il contratto di collaborazione preveda la corresponsione del corrispettivo definito dalla contrattazione collettiva nazionale di riferimento, che assume, nella sostanza, una funzione "autorizzatoria" del ricorso alla menzionata tipologia contrattuale. Al fine di non impedire l'utilizzo della tipologia contrattuale, nelle more della introduzione di specifiche clausole da parte della contrattazione collettiva di riferimento che diano indicazioni sui corrispettivi in questione, il contratto
di collaborazione coordinata e continuativa nell'ambito dei call-center appare comunque consentito nel rispetto di quanto stabilito in via generale dall'art. 63, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003. Sarà pertanto necessario - sottolinea il Ministero - garantire contrattualmente che il compenso legato alle prestazioni effettivamente rese dal collaboratore non sia inferiore alle retribuzioni minime previste dalla citata contrattazione collettiva ai fini della legittimità del rapporto di collaborazione, ferma restando la natura autonoma dello stesso.

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