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Considerazioni generali sulle prime prassi applicative della Legge n.54/06(affido condiviso). Riforma innovativa o mera petizione di principio?

Considerazioni generali sulle prime prassi applicative della Leggen.54/06 (affido condiviso) Riforma innovativa o mera petizione di principio? Indice:1.Premessa; 2.Affido condiviso ed affidamento monogenitoriale: tutto cambia perrestare come prima?; 3.Concreto contenuto dell'affidamento condiviso: alcunequestioni processuali;4.Affidamento condiviso e risvolti economici: 4° co, art.155c.p.c. 1. Premessa Una rapida disamina delle prime prassi applicative della L.54/06fa paventare il dubbio che l'affannosa conquista dell'equa ripartizione, in unoall'esercizio "congiunto e/o disgiunto" ma comunque paritario, delle responsabilitàconnesse alla potestà genitoriale, non rappresenti altro che una mera petizione diprincipio. E' indubbio che la riforma, frutto di molteplici spinte, prima di tuttodi ordine sociale e morale, sia stata accolta come approdo ad una agognatamodernità. Da un lato, infatti, la stessa ha dato voce alle declamazioni delle lotteassociazioniste dei "padri separati", così come di svariate associazioni dioperatori del diritto (AIAF, Camere minorili, Forum associazione donne giuriste,Anm, Aimmf, etc..) che hanno recepito spinte emotivo -relazionali ispirate ad unacondivisione dei ruoli e delle responsabilità genitoriali anche nel venir meno dellacondivisione delle "coniugalità". Dall'altro, la riforma si è posta come risposta alnecessario allineamento ai principi giuridicamente già sanciti in diversi PaesiEuropei (Svezia, Francia e Spagna, sin dal 1981; Regno Unito: Children Act 1991;Francia: Legge 8/01/93; Olanda: Legge 1/01/98; Germania: Legge 1/06/98) oltre chesulla scorta degli orientamenti da tempo espressi in sede internazionale ecomunitaria che pongono il m inore al centro della tutela giuridica. Tuttavia, adun'immediata lettura del testo della riforma, emerge icto oculi come l'entusiasmodell'obiettivo perseguito, abbia, contestualmente, messo in luce l'arditezza dellasua concreta realizzazione, imbattendosi in espressioni dall'impatto suggestivo, masovente generico e financo contraddittorio. Tutto ciò, ingenera la sensazione ditrovarsi dinanzi all'affascinante e sofisticata cornice di un quadro ancora dadipingere o quanto meno da delineare, perfezionare e completare con maggiorenitidezza. Le modifiche introdotte dalla legge prestano il fianco a numerosi spuntidi riflessione, sia di ordine generale, sia di natura squisitamentetecnico-processuale che, in questa sede, ci si limita a circoscrivere a due aspettiin particolare ravvisabili nell'art.155 c.c.: 1) Concreto contenuto e significatodell'affido condiviso; 2) Dubbi processuali inerenti ai "contrasti per questioni dimaggior interesse riguardanti i figli"; 3) Riflessi di ordine economico. 2. Affidocondiviso ed affidamento monogenitoriale: tutto cambia per restare come prima?L'espressione di "gattopardiana memoria" non assurge ad altro che ad una riflessioneprovocatoria sui concreti riflessi della riforma che - ad avviso della scrivente -si prospetta solo astrattamente rivoluzionaria. Probabilmente una sua correttainterpretazione, scevra dalle fuorvianti distorsioni alle quali si presta, potrebbescongiurare il rischio di difficoltà applicative e conflitti dalle proporzionidirompenti - purtroppo già rilevati - proprio in danno di quel preminente interessedei figli che, viceversa, rappresenta, proprio l'ineludibile obiettivo cui ambisce.L'art.155 c.c. come sostituito dalla riforma così recita: (Provvedimenti riguardo aifigli) "Anche in caso di separazione personale dei genitori, il figlio minore ha ildiritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, diricevere cura, educazione e istruzione di entrambi e di conservare rapportisignificativi con gli ascendenti e con parenti di ciascun ramo genitoriale. Perrealizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia laseparazione personale dei coniugi adotta provvedimenti relativi alla prole conesclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. Valutaprioritariamente la possibilità che i figli restino affidati ad entrambi i genitorioppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e lemodalità della loro permanenza presso ciascuno genitore, fissando altresì il modocon cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzioneed all'educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all'interesse dei figli,degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativoalla prole. La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisionidi maggior interesse per i figli relativi all'istruzione, l'educazione ed allasalute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità,dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo ladecisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni diordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino lapotestà separatamente. Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle particiascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale alproprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di unassegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, dadeterminare considerando: 1) le attuali esigenze del figlio; 2) il tenore di vitagoduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori; 3) i tempi dipermanenza presso ciascun genitore; 4) le risorse economiche di entrambi i genitori;5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascungenitore." Ciò che, sin da una prima rapida lettura, emerge, con estrema evidenza, èil cambiamento della prospettiva dalla quale prende le mosse la riforma.Assolutamente adeguata e pertinente si pone, in tal senso, la suggestiva edeloquente immagine che raffigura il minore come "il sole attorno al quale ruotatutto il sistema solare della famiglia e cioè i due genitori"ed oggi gli ascendentie parenti. Or, pur non potendosi dubitare della portata innovatrice della norma,occorre sottolineare come la necessità di adeguarsi ai profondi mutamenti sociali,oltre del più ampio panorama normativo comunitario ed internazionale non possanocertamente trovare in un'accattivante formula ( condivisione della genitorialità )la loro panacea. Il limite, peraltro, si evidenzia ancor più se solo si consideriche tra le ambite finalità della novella si rinverrebbe anche quella di porrerimedio alle dolorose disfunzioni di carattere psicopatologico osservate su minori,figli di genitori che vivono dolorose e conflittuali separazioni: sindrome dialienazione parentale, complesso di Medea, o disturbo di allineamento del minore conun genitore . Nel nuovo impianto normativo, l'affidamento condiviso diventa laregola generale: la separazione dei coniugi, il venir meno della convivenza e lalacerazione della famiglia non possono comportare il venir meno del rapportoparentale, preservando inalterato in capo al minore l'ineludibile diritto amantenere un rapporto continuato e continuativo non solo con ciascuno dei genitori,ma altresì degli ascendenti e parenti di ciascuno. Principio quest'ultimo che piùappare concretamente innovativo, introducendo a chiare lettere il diritto - sancitoe tutelato giuridicamente - in capo a tutti i legami familiari "ascendenti e parentidi ciascun ramo genitoriale" di mantenere significative relazioni affettive con ilminore. Tuttavia, in concreto, si comprende - e la prassi applicativa ne dà conferma- come al concetto di affido condiviso non consegua o comunque non necessariamenteconsegua un'equa o paritaria distribuzione dei tempi di permanenza del minore conciascuno dei genitori che, nell'impatto dirompente della legge, ha ingenerato - trai non addetti ai lavori - confusione tra affido condiviso, congiunto e alternato. Lemaggiori preoccupazioni dei genitori "affidatari esclusivi", in esitoall'introduzione della riforma, convergevano sul timore che il figlio potesse esseresottoposto alla mercè di un continuo ping pong tra un genitore e l'altro, perdendopunti di riferimento logistico, fonte di sicurezza e stabilità in un momento giàparticolarmente delicato quale quello conseguente alla disgregazione edestrutturazione del proprio modello familiare: il timore di un aggravamento deglioneri organizzativi, il terrore di far vivere al figlio la sindrome del "vagabondo",con una valigia sempre pronta per trascorrere periodi di permanenza più o menolunghi dall'uno o dall'altro dei genitori (a giorni alterni o per settimane o mesi),con gravi comprensibili problematiche. I genitori affidatari hanno messo in luce -mi sento di affermare ottimisticamente - il reale interesse dei minori e con ciòmitigandosi la communis opinio che ha, non sempre a torto, raffigurato il genitore"monoaffidatario" come colui che illegittimamente, si ergeva ad unico arbitro dellesorti del figlio, sovente utilizzandolo come munus, o strumento ritorsivo del qualeavvalersi per "vendicare"personali rancori nei confronti dell'altro genitore. Neilavori parlamentari, tuttavia, il dubbio viene dipanato, laddove il relatore Panizprecisa "Il testo in esame non tende ad una ripartizione dei tempi analitica deitempi di permanenza del minore con i genitori: nel testo unificato, affidamento adentrambi i genitori non significa 50% del tempo del figlio con ciascun genitore, né50% delle competenze, né ping pong tra due case, ma conservazione di una effettivaresponsabilità genitoriale per entrambi i genitori, con modalità di esercizio dellapotestà da stabilire caso per caso." 3. Concreto contenuto dell'affidamentocondiviso: alcune questioni processuali La ratio della legge - pur nell'ampiezzadella formulazione che, purtroppo, come sopra paventato, si presta a reali dubbiinterpretativi - ha messo in evidenza come, in realtà, il reale contenutodell'affidamento condiviso si concretizzi, di fatto, unicamente nell'eserciziocongiunto della potestà genitoriale, ossia nella necessità che entrambi i genitori,seppur non più coabitanti, e pur nel cessare del rapporto di coniugio, continuino a"gestire" il ruolo genitoriale, seguendo la vita della prole a tutti i livelli(ordinari e straordinari) di scelte e decisioni e ciò a prescindere dall'entità deitempi di permanenza di ciascuno di essi con la prole. Di ciò ne costituisconoconferma i primi provvedimenti resi dai nostri Tribunali (ed in particolare, dalla1° Sezione Civile del Tribunale di Catania) laddove - a meno che le parti (ed i casisono davvero rari ed isolati) non siano in grado di predisporre un elaboratoprogetto di affido condiviso che, nel contemperamento delle r eciproche esigenzeprofessionali e dei concreti fabbisogni della prole, riesca a prevedere calendari diincontri equilibrati e paritari - nel perdurare del contrasto, il Decidente, il piùdelle volte, nelle ipotesi di giudizi di modifica delle condizioni di separazione odivorzio, conferma la regolamentazione del provvedimento sottoposto a censura,ovvero, dispone uno schema generalizzato che non si discosta in misura significativadalle statuizioni antecedenti alla riforma se non per una maggiore elasticità dellostile (es. due pomeriggi infrasettimanali, in luogo di uno solo, e fine settimanaalternati con pernottamento). Ciò premesso e posto per certo che, nel tessutonormativo, l'affidamento generalizzato è quello condiviso, relegandosi l'affidamentoesclusivo alla residuale ipotesi di contrarietà all'interesse del minore, si trattadi verificare come possa concretamente realizzarsi l'ardito programma della leggeladdove la maggior parte delle separazioni sono caratterizzate da una profonda edinestricabile conflittualità (che non costituisce ragione ostativa), ossia comepossano concretamente coniugi, intrisi da reciproche ostilità, essere in grado di"gestire civilmente il disaccordo e affrontare in modo culturalmente diversorispetto a quanto avviene in attualità la loro ragione di conflittualità" ? Larisposta è arrivata con i riflessi delle prime concrete sperimentazioni che hanno -più di tutte - confermato il quasi assoluto immobilismo rispetto alla situazioneregistrata in epoca antecedente alla riforma. E ciò poiché, dinanzi alla maggiorparte delle ipotesi nelle quali i coniugi non siano in grado di predisporre oprospettare un accordo programmatico, né un progetto articolato di affido condivisodei minori, i provvedimenti giudiziali prevedono esplicitamente che la potestàordinaria venga esercitata disgiuntamente in ragione dei tempi di permanenza delminore con ciascuno, con ciò evitando o quanto meno limitando i rischi concretidinanzi al persistere della conflittualità coniugale. Invero, sin dalle primeapplicazioni della novella si è voluto scongiurare l'intuitivo rischio di unvorticoso insorgere di contenzioso per qualsivoglia iniziativa ( anche pertinentel'ordinaria amministrazione ) che un coniuge volesse assumere, senza riuscire adottenere il consenso dell'altro. , Di tal chè, similmente a come accadeva nelpassato ed in ossequio a quanto espressamente previsto dal 3° c., art.155 c.c.,ciascuno dei genitori continua ad esercitare liberamente il proprio ruologenitoriale ogni qualvolta tiene presso di sé il minore, così come in ordine a tuttele decisioni di maggior interesse afferenti scelte di carattere educativo,scolastico, medico-sanitario, che oltrepassino l'ordinaria amministrazione, vige ilprincipio - improntato all'equilibrato buonsenso prima ancora che imposto da dictatnormativi - secondo il quale le stesse continuano a dover essere prese, di comuneaccordo, tra i genitori nel precipuo ed ineludibile rispetto degli interessi dellaprole. Resta salva in forza dell'art.155 c.c., 3° co., la facoltà di rimettere algiudice le controversie in merito alle decisioni di maggior interesse per i figlirelative all'istruzione, l'educazione ed alla salute che i genitori non siano ingrado di assumere di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell'inclinazionenaturale e delle aspirazioni dei figli. Tale disposto consente di operare un breverichiamo alla particolare procedura di cui all'art..709 ter c.p.c. a tenore delquale "Per le controversie insorte tra i genitori in ordine all'esercizio dellapotestà genitoriale o delle modalità di affidamento è competente il giudice delprocedimento in corso. Per i procedimenti di cui all'art.710 c.p.c. è competente iltribunale del luogo di residenza del minore. A seguito del ricorso il giudiceconvoca le parti e adotta i provvedimenti opportuni." Senza entrare nel meritodell'analisi delle singole tipologie di intervento annoverate nel successivo commadell'articolo appena richiamato, la laconicità del contenuto di quest'ultimo, induceuna riflessione a se stante sotto un profilo squisitamente tecnico giuridico per ladifficoltà di inquadrare la tipologia del procedimento introdotto e, per l'effetto,la natura del suo provvedimento conclusivo, la cui impugnabilità viene rimessa - aisensi dell'ult.co. del medesimo art.709 ter c. p.c.- ai "modi ordinari". Or,limitandosi all'ipotesi di procedimento (di separazione o divorzio) pendente,nell'indicarsi quale competente "il giudice del procedimento in corso" sembrerebberiferirsi al giudice istruttore. In tal modo, sembrerebbe introdursi lalegittimazione del g.i., nell'ambito di un procedimento di competenza del collegio (art.50 bis c.p.c. ) ad emettere veri e propri provvedimenti di condannatendenzialmente definitivi. Pertanto, se a siffatti provvedimenti volesse ricondursivalore di "sentenze" parziali, il mezzo di impugnazione ordinaria al quale ricorreresarebbe l'appello immediato o la riserva di appello. Tuttavia, non apparecondivisibile conferire al g.i. il titolo ad emettere sentenze in una causacollegiale. Siffatta ipotesi, peraltro, renderebbe del tutto incongruentel'interpretazione sistematica delle disposizioni sopra richiamate che,singolarmente, attribuirebbero al giudice monocratico il titolo ad emettere sentenzese la domanda è proposta pendente iudicio ed, invece, al tribunale collegiale infunzione camerale ex art.710 c.p.c., negli altri casi. Se, come appare preferibile,a siffatti provvedimenti va ricondotta natura di ordinanza del giudice istruttore,similmente a quella di natura provvisoria resa, ad esempio, in corso di causa, inesito alle richieste - sovente anche numerose - di modifica dell'ordinanzapresidenziale ex art.708 c.p.c. si pone l'annoso dilemma della reclamabilità o menodegli stessi. In proposito, da un lato, l'entrata in vigore della L.80/05 ( riformadel codice di procedura civile ) ed il suo silenzio in merito, aveva fattoconcludere per la perdurante inammissibilità di siffatto mezzo di gravame,dall'altro, si è viceversa ritenuto che la nuova disciplina in materia diprocedimenti cautelari e l'attenuazione del principio di strumentalità di siffattogiudizio rispetto a quello di merito ( ragione ostativa all'applicazione analogicadella norma nei provvedimenti de quibus ) porterebbe ad un'implicita affermazionedella loro reclamabilità. Tuttavia, condividendo in tal senso, le argomentazioni diparte della giurisprudenza di merito , "affannosi" e frutto di forzatureermeneutiche si palesano gli sforzi dottrinali diretti ad un'interpretazioneestensiva delle disposizioni vigenti al fine di sostenere la reclamabilità deiprovvedimenti emessi dal g.i., sia ai sensi dell'art.708, 2° co., c.p.c., sia aisensi dell'art.669 terdecies c.p.c. Sotto il primo profilo, non vi è dubbio chel'art.708 c.p.c. delinei indefettibilmente un mezzo di impugnazione tipico edeccezionale che, peraltro, si innesta perfettamente nel nuovo assetto bifasico ( conuna netta demarcazione tra fase presidenziale e fase contenziosa ) del procedimentodi separazione, così come delineato dalle recenti riforme . Esso, nella sostanza enella forma, integra un vero e proprio reclamo camerale ex art.739 c.p.c. rispettoal quale, tuttavia, per la sua specificità e peculiarità non può ipotizzarsi néun'interpretazione estensiva dei provvedimenti che ne possano costituire l'oggetto,né un'applicazione analogica delle norme sul reclamo cautelare. Peraltro, asuffragio di tale tesi, appare coerente e lineare l'inquadramento di taliprovvedimenti - tanto emessi in sede presidenziale che in sede contenziosa - nonquali provvedimenti di natura cautelare, bensì di carattere interinale e sommaria,non sempre anticipatori della statuizione definitiva. Gli stessi, infatti, hannoquale precipua finalità quella di ovviare ed, in qualche modo, dirimere le necessitàdel momento - plausibilmente sovvertibile in esito alla compiuta istruttoria delgiudizio o al verificarsi di fatti che ne giustifichino un'eventuale modifica oriassestamento - e la cui urgenza è sovente in re ipsa. Ed invero, trattasi di"urgenza" insita all'estrema delicatezza ed alla stessa natura delle questioni dadirimere che possono essere quelle in tema di affidamento, piuttosto che ladecisione dell'iscrizione di un minore in un istituto scolastico piuttosto che in unaltro, o ancora la decisione di condurlo in una gita all'estero o la scelta di unavisita medico specialistica o un intervento chirurgico,etc.. Pertanto, dovendosiescludere la reclamabilità di siffatti provvedimenti tanto ai sensi dell'art.669terdecies c.p.c., tanto ai sensi dell'art.739 c.p.c. trattandosi di provvedimentiemessi in sede contenziosa e non camerale, non è nemmeno prefigurabile il rimediodel reclamo al collegio ai sensi dell'art.178 c.p.c. essendo tale mezzo previstoesclusivamente avverso le ordinanze che dichiarano l'estinzione del processo.Resterebbe, pertanto, la facoltà - che, alla luce della disamina della norma, apparel'unica via correttamente percorribile - della parte "soccombente" di richiedereallo stesso g,i. la modifica del provvedimento nel caso in cui fosse necessario unriesame della documentazione e della fattispecie sottoposta al vaglio, ovvero ove vifossero circostanze nuove o sopravvenute o che ne rendessero evidentel'inadeguatezza e la necessità di una revoca e/o modifica, ovvero, infine,sottoporre al collegio il sede di decisione ogni questione già decisa dal GiudiceIstru ttore. Tuttavia, dinanzi alla coerenza sistematica di simili conclusioni,sotto un profilo squisitamente tecnico processuale, è d'uopo mettere in rilievo comeproprio la stessa natura e delicatezza degli interessi sottoposti al vaglio del"giudice del procedimento" chiamato a decidere su "controversie in ordineall'esercizio della potestà genitoriale o delle modalità di affidamento", mal siconcilia con le necessarie esigenze di garanzia e tutela di applicazione deglistessi che verrebbero ex se fortemente vanificati, dinanzi alla mancata previsionedi un concreto ed immediato gravame idoneo a consentirne un celere riesame. In talsenso, volendo in qualche modo forzare la lettura del testo normativo, nullalascerebbe escludere che con l'indicazione "giudice del procedimento" si sia intesoriferirsi al Tribunale in funzione collegiale, al quale è demandata la decisionefinale dei procedimenti di separazione e divorzio (art.50 bis c.p.c.). A similiprovvedimenti, pertanto, potrebbe attribuirsi funzione decisoria, sia pur con naturameramente interinale, e, per l'effetto, potrebbe considerarsi ammissibile, per lanecessaria natura urgente, assimilabile a quella precipuamente dei provvedimenti dicarattere cautelare - pur con le peculiarità sopra esposta - prevedere avverso glistessi il rimedio del reclamo ai sensi dell'art.669 terdecies c.p.c.. Diversamente,potrebbe assimilarsi - anche qui non senza rischiare forzature interpretative - ilprocedimento introdotto ai sensi dell'art.709 ter c.p.c pendente iudicio (diseparazione o divorzio) ad una peculiare procedura da introdursi con ricorso al competente Tribunale in funzione collegiale che verrebbe a definirsi con ordinanzacamerale reclamabile ai sensi e per gli effetti dell'art.739 c.p.c. Tuttavia, nondeve trascurarsi il rischio che la legittimazione di siffatta possibilitàcomporterebbe un'eccessiva parcellizzazione del giudizio con la conseguenza dellosvuotamento dei poteri e delle facoltà del g.i. che, viceversa, lo spirito dellariforma sembrerebbe proprio tendere a valorizzare. E' di tutta evidenza, pertanto,che il legislatore, avvalendosi di riferimenti vaghi ed essenziali (il giudice delprocedimento, mezzi di impugnazione ordinari) abbia perso l'opportunità di delinearei confini di una peculiare procedura che, viceversa, avrebbe dovuto e potuto,annoverare con dovizia di particolari. In particolare, ha omesso di specificare glistrumenti (ad esempio chiarendo che per giudice del procedimento si intende ilgiudice istruttore e specificare il relativo mezzo di impugnazione magari prevedendouna peculiare forma di reclamo al collegio) ai quali ricorrere in controversie dital fatta, lasciando alle incertezze applicative ed alla prassi giurisprudenziale,l'arduo compito di fornire adeguati orientamenti che, a parere della scrivente,tardano a farsi avanti con quella necessaria stabilità che, viceversa, la tematicade qua declama a gran voce. 4. Affidamento condiviso e risvolti economici: 4° co.,art.155 c.p.c. Altro aspetto meritevole di ulteriori riflessioni è quello afferentela definizione degli aspetti economici e del mantenimento dei figli in conseguenzadell'introduzione del regime di affido condiviso. Richiamando il sopra richiamatoart.155 c.p.c. al suo 4° co. è dato leggersi "Salvo accordi diversi liberamentesottoscritti dalle parti ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli inmisura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, lacorresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio diproporzionalità,.". Come è noto, la prassi unitaria che si era radicata sullaprescrizione dell'art.155 c.c. introdotto dalla riforma del diritto di famiglia del1975 - a tenore del quale "il giudice stabilisce la misura ed il modo con cuil'altro genitore deve contribuire al mantenimento, alla cura, dell'istruzione edall'educazione dei figli." - si concretava nell'attribuzione del genitoreaffidatario di un assegno mensile che veniva posto a carico dell'altro genitore atitolo di contributo per il mantenimento della prole. La continuità che sembraleggersi nel secondo comma dell'art.155 nuova formulazione, sembra poi essere inqualche modo interrotta dal suo quarto comma, dalla cui lettura è dato prima facieevincersi l'introduzione preferenziale e generalizzata di una forma diretta dicontribuzione ai fabbisogni della prole, senza prescindere dall'ineludibileprincipio di proporzionalità ancorato alle reciproche situazioni economicopatrimoniali, privilegiando l'accordo delle parti all'indi viduazione dei relativicapitoli di spesa, in linea alla ratio della riforma che mira ad attuare un pieno edequilibrato esercizio delle "funzioni potestative" in uno ad una maggiore se non deltutto paritetica presenza nella dei figli di entrambe le immagini affettivegenitoriali di riferimento Unico dato incontrovertibile pare esserel'insindacabilità degli accordi interni liberamente convenuti tra le parti in ordinealla distribuzione dell'obbligazione solidale del mantenimento dei figli, senza checiò possa tuttavia in alcun modo condizionare l'esistenza del credito e la relativadeterminazione secondo gli ordinari criteri di proporzionalità in ossequio aiprincipi sanciti dal combinato disposto degli articoli 155 c.c., art.30 Cost.,artt.147 e 148 c.c. Questione, viceversa, maggiormente dibattuta è stata, ed è,quella che consegue alla disposizione che così recita "il giudice, ove necessario,stabilisce la corresponsione di un assegno periodico". Il tenore della norma hafatto, nelle prime applicazioni, emergere il dubbio del ribaltamento dell'onerecontributivo indiretto quale misura eccezionale e residuale. La regola, viceversa,appariva essere, in linea alla ratio dell'affido condiviso e del modello dell'equaspartizione di tutte le responsabilità connesse, la contribuzione diretta: ossiaciascun genitore, anche in ragione dei tempi di permanenza e nel contemperamento deiparametri indicati dalla norma, si assume direttamente parte degli oneri relativi almantenimento della prole, mediante l'attribuzione o il pagamento diretto di un beneo di un servizio. Ebbene, anche in tal caso, la poca chiarezza della norma, -nell'incertezza della concreta realizzazione di siffatta tipologia di contribuzione- ha lasciato pericolosamente aperta la via all'interpretazione dottrinale egiurisprudenziale, con evidenti ricadute di ordine pratico che non hanno tardato afarsi strada. Ed invero, dinanzi alla dilagante incapacità dei coniugi dipredisporre un progetto articolato e dettagliato, nelle prime ipotesi applicative (con particolare riferimento alla giurisprudenza di merito della 1° sezione Civiledel Tribunale di Catania ) fissata una quota ideale mensile per il mantenimentodella prole commisurata alle esigenze della stessa, e tenuto conto delle capacitàeconomiche dei coniugi onerati e del tenore di vita goduto in costanza dimatrimonio, si è proceduto ad una ripartizione, anche in ragione dei tempi dipermanenza del coniuge non collocatario, della misura di contribuzione diretta (individuata da una frazione della complessiva quota mensile ), indicandosi,prevalentemente, quali voci o capitoli di spesa quelle genericamente riferite a beni"essenziali" (cibo, vestiario) occorrendi ai minori. E' di palmare evidenza che lanecessità di stabilire in termini di equivalente economico la contribuzione diretta,incardinandola in un'obbligazione determinata o quanto meno determinabile,unitamente all'opportunità di individuare i relativi comparti di spesa, èstrettamente connessa alle esigenze di tutela nell'ipotesi di inadempimento che,tuttavia, non resta indenne dai persistenti contrasti nell'ascrivibilità o meno diquella spesa all'alveo della contribuzione diretta, nonché alla prova dell'effettivarealizzazione della stessa. In tal senso, è intuitivo prefigurare una insulsa guerradi scontrini, ad es. afferenti spese alimentari assai difficilmente imputabili, conragionevole grado di certezza, all'assolvimento delle esigenze del minore, piuttostoche a quelle personali o del nuovo nucleo familiare del genitore onerato . Ilcontenzioso immediatamente insorto dinanzi a tali prime prassi ha fatto emergere, daun lato, oltre che l'incertezza dell'iniziativa giudiziaria più adeguata o correttada intraprendere (un giudizio ordinario, denunzia penale, decreto ingiuntivo,sequestro ex art.156, 6°co, c.c.) l'ineffettività di qualsivoglia strada diretta adottenere il pagamento di tale forma di contribuzione, dall'altro, l'inesorabileconstatazione del fallimento della nobile ratio sottesa alla riforma. Su talefronte, i primi interventi della giurisprudenza, sopperendo alle lacune letteralidella norma, non hanno tardato a rinvenire validi correttivi. Da un lato, conqualche pronuncia dei giudici di merito è stato applicato l'art.709 ter c.p.c. allefattispecie di violazione degli obblighi di natura patrimoniale, compiendo unaforzatura interpretativa del suo secondo comma che, nel definire le soluzioni dellacontroversie insorte tra i genitori per le quali è competente il giudice delprocedimento in corso, aggiunge a quelle afferenti l'esercizio della potestàgenitoriale o delle modalità di affidamento, il compimento di gravi inadempienze odi atti che comunque arrechino pregiudizio al minore. Tuttavia, il più invalidantelimite di tale provvedimento si rinviene proprio nel suo dispositivo e nelleconseguenze attribuite a siffatto comportamento: nell'ammonire il genitoreinadempiente, gli si infligge una sanzione amministrativa da versare alla Cassadelle ammende, riservando all'esito della prova della persistenza inottemperanza edei conseguenti eventuali danni, l'eventuale condanna al risarcimento patrimoniale.E' di t utta evidenza come simile decisione non possa seriamente ritenersigarantista delle esigenze di effettività dei diritti del minore che una multa daversare alla Cassa delle Ammende non tutela in alcun modo, né, d'altronde, è datorinvenirsi dalla lettera della norma il presupposto per accertare l'inadempimentodella contribuzione diretta del coniuge onerato (il passaggio in giudicato di unasentenza di condanna, imponendo l'instaurazione di un giudizio ordinario, o unapronuncia penale, .) e la condizione per qualificare come grave l'inadempienza delconiuge: è sufficiente la mancata corresponsione di una sola mensilità di"contribuzione diretta", o deve raggiungersi un certo ammontare, ammesso che siaagevole provarne l'omissione.? In tal senso, appare utile sottolineare come il testodel disegno di legge risultante dagli emendamenti approvati dalla CommissioneGiustizia l'8/02/05, prevedeva all'articolo 155 quater c.c. che, in caso diinadempienza - e non già grave inadempienza - rispetto agli obblighi di mantenimentodiretto, il Giudice disponesse, relativamente al genitore inadempiente, la lorosostituzione tramite corrispondente assegno da versare all'altro genitore.Purtroppo, tale disposizione, nel testo definitivo, non viene riproposta, perdendosil'opportunità di una previsione certa che, tuttavia, potrebbe, in qualche modo,ricondursi a quanto sancito dall'art.155 ter c.c., ove, avvalendosi del poterediscrezionale conferito in tal senso al Giudice, si prevede espressamente in capo adentrambi i genitori "il diritto di chiedere, in ogni tempo, la revisione delledisposizioni concernenti.la misura e le modalità del contributo". Dall'altro lato, asoccorso dell'incerto incedere su tali tematiche, è intervenuta una recentepronuncia della Suprema Corte di Cassazione (n.18187/06) che, per la completezzadell'iter logico argomentativo di cui si avvale, nonché mercè la capillaredivulgazione sulle reti di comunicazione ragionevolmente ascrivibile alla notorietàdelle parti in lite (coniugi Carrisi - Power) ha avuto il merito di dirimere itermini della questione, pur prendendo le mosse dalla diversa fattispeciedell'affido congiunto alla quale ha affiancato con un parallelismo precursore(essendo la legge pubblicata in epoca successiva all'impugnata decisione) quelladell'affido condiviso. In un passaggio significativo, è dato leggersi "In proposito,è da rilevare, come anche la recente legge 54/06, .introduca il principio dellabigenitorialità, con ciò ovviamente privilegiando l'interesse esistenziale delminore e, prescindendo, in particolare, sia dal rapporto patrimoniale tra i due exconiugi, sia dagli aspetti economici riguardanti la vita del minore, autonomamentedisciplinati dal quarto comma, di detto art.155 c.c., in cui è previsto che ciascunodei genitori, provvede direttamente al mantenimento dei figli, in misuraproporzionale al proprio reddito e che "il giudice stabilisce, ove necessario, lacorresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio diproporzionalità" sulla base di parametri tra cui "le risorse economiche di entrambii genitori". La linea ermeneutica seguita dalla Suprema Corte, pertanto, haeliminato i dubbi sopra paventati dal tenore letterale dei principi sopraanalizzati. Invero, diversamente da come emergeva prima facie, la L.54/06 - parepotersi pacificamente affermare - non ha affatto introdotto come privilegiata eprevalente modalità di contribuzione il mantenimento diretto, bensì ha previsto emantenuto inalterato l'obbligo della corresponsione di un assegno indiretto che ilgenitore non convivente - tenuto conto dei parametri di riferimento ed in ossequioal principio di proporzionalità - deve continuare a corrispondere al genitorecoaffidatario e collocatario della prole. Fortunatamente, le conclusioni di talepronuncia - assai verosimilmente dietro le spinte del rovinoso ricorso ed insuccessodelle più svariate iniziative giudiziarie a tutela degli interessi anchepatrimoniali dei minori - sono state recepite dalle successive statuizioni deigiudici di merito che hanno finito per allinearsi a tale nuovo orientamento,assestando l'iniziale rotta verso un revirement alla situazione ante riforma,individuando come prevalente ed ineludibile forma di contribuzione alle esigenzedella prole quella indiretta, lasciando anche su tale fronte pressocchè inalteratala disciplina giuridica preesistente. La disamina sopra effettuata, pertanto, -senza alcuna pretesa di esaustività - si ritiene confermi le riflessioni tutt'oraaperte e ferventi, riproponendo i dubbi espressi in premessa circa l'effettivacarica innovativa di una riforma che, a distanza di quasi due anni dalla suaapplicazione, accanto all'apertura al varco di numerose incertezze interpretative,anche e - oserei affermare - pericolosamente sul fronte tecnico giuridico, fa piùche mai reiterare l'interrogativo "letterario" che suona un po' come un'anatema oforse l'amara consapevolezza della realtà di tutti i tempi: è proprio vero che"Tutto cambia per restare come prima"?!
Marina Florio Avvocato del Foro di Catania
marina.florio@fastwebnet.it Data: 16/11/2007
Autore: Marina Florio