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Divorzio: assegno alla ex che non trova lavoro

Per la Cassazione va riconosciuto l'assegno divorzile per la ex moglie che cerca lavoro e non lo trova ed elevato il mantenimento per la figlia che sta crescendo


Assegno divorzile e mantenimento più alto per la figlia in crescita

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Alla moglie che cerca lavoro, ma non lo trova, va riconosciuto l'assegno di divorzio e alla figlia che sta crescendo va aumentato l'importo mensile per il mantenimento. Queste le conclusioni della Cassazione che, con l'ordinanza n. 21141/2020 (sotto allegata, ha confermato la decisione della Corte d'Appello.

Il Tribunale in primo grado aveva infatti tenuto una linea dura e dopo aver dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio, aveva rigettato la domanda di assegno divorzile per la ex moglie e aveva disposto in favore della figlia un assegno mensile di 350,00.

La Corte d'Appello invece modificava la sentenza di primo grado, ponendo a carico del marito la somma mensile di 150 euro in favore della moglie e innalzando a 400 euro l'assegno mensile in favore della figlia. L'uomo era titolare di un reddito annuo di 22.055,00 euro, mentre la ex moglie, nonostante l'impegno nel cercare un lavoro, era disoccupata dal 2009 e la figlia in crescita aveva ovviamente maggiori esigenze.

Ai fini dell'assegno divorzile rileva anche la situazione patrimoniale delle parti

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Assegno divorzile per la ex moglie: non è colpa sua se non trova lavoro

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La Corte di Cassazione però con l'ordinanza n. 21141/2020 rigettava il ricorso del soggetto obbligato per le seguenti ragioni.

Per gli Ermellini il ricorrente si è lamentato erroneamente dell'omessa considerazione da parte del giudice di seconde cure della situazione patrimoniale delle parti ai fini del riconoscimento dell'assegno divorzile. La Corte ha infatti ampiamente motivato le ragioni per le quali ha deciso di porre a carico dell'uomo l'assegno di mantenimento in favore della ex moglie. Per il giudice nessuna colpa è attribuibile alla ex moglie in relazione alla sua situazione lavorativa, essendosi attivata in tal senso. Dagli atti inoltre non è emerso che siano state affrontare discussioni sugli altri punti sollevati dal ricorrente in Cassazione in riferimento alla durata del matrimonio e ai conti correnti della donna. Dette questioni sono state poste a fondamento del solo ricorso in Cassazione, per cui il primo motivo è anche in parte inammissibile.

Infondato anche il secondo motivo in quanto la Corte ha accolto l'appello in parte per quanto riguarda l'importo da corrispondere al mantenimento della figlia, per intero invece l'istanza presentata dalla ex moglie relativa all'assegno divorzile.

Per la Cassazione la regolazione delle spese processuali può avvenire in base ai criteri della soccombenza integrale e della soccombenza parziale reciproca, che può condurre alla compensazione totale o parziale delle spese. La soccombenza reciproca si configura in presenza di più domande contrapposte, quando è accolta in parte l'unica domanda, la stessa è stata articolata in più capi e solo alcuni vengono accolti, la domanda è articolata in un solo capo e la parzialità riguarda la quantificazione della domanda. Nel caso di specie il giudice ha deciso di porre a carico del marito parzialmente soccombente le spese del secondo grado di giudizio in base ad una valutazione complessiva dei fatti, anche perché la compensazione parziale è una facoltà e non un obbligo per il giudice.

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Data: 26/10/2020 21:00:00
Autore: Annamaria Villafrate