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“Modifica o revoca dell'assegno di mantenimento divorzile in caso di sopravvenuti oneri familiari”



di Carla Romano - carlaromano.cr@libero.it


Sempre più spesso, oggi, si assiste al fallimento della vita matrimoniale, con la conseguenza che il coniuge economicamente più forte dovrà provvedere alle esigenze dell'altro.

Ma cosa succede quando il soggetto economicamente più facoltoso vede fallire anche il suo secondo matrimonio? Può chiedere la revoca dell'assegno di mantenimento disposto in favore della prima coniuge?

Per comprendere appieno la tematica, appare opportuno fare riferimento ad un caso concreto, di seguito riportato.

A seguito disentenza resa dal Tribunale di Palermo, Prima Sezione Civile, si dichiarava lacessazione degli effetti civili del matrimonio celebrato tra V.F. e C.G. (dalquale erano nati quattro figli), si disponeva altresì a carico di V.F. lacontinuazione del versamento di un assegno mensile a titolo di mantenimentodella moglie e dei figli di Lire 550.000 (Euro 284,05), il quale, in virtù degliaumenti ISTAT medio tempore intervenuti,veniva rivalutato in Euro 340,66.

Tizio presentavaavanti all'adita Autorità, istanza di modifica delle condizioni di ricorso didivorzio congiunto, invocando il peggioramento delle proprie condizionieconomiche, attesa la corresponsione di un assegno mensile complessivo di600,00 Euro, in seguito alla pronuncia di separazione personale dalla seconda moglie.

Tizio fondava, inoltre,il proprio ricorso sia sulla ormai raggiunta autosufficienza economica deifigli, sia sul presunto miglioramento delle condizioni economiche di C.G., laquale, in seguito alla sentenza di divorzio, a causa di uno stato d'invaliditàcivile regolarmente accertato, percepiva da parte dell'Inps un assegno mensilecorrispondente ad Euro 360,12.

Con comparsa di costituzione e risposta, C.G.si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto delricorso, con conferma delle vigenti statuizioni patrimoniali.

Per ciò checoncerne le richieste di modifica o revoca dell'assegno di mantenimentodivorzile, l'art. 9, comma 1, L. n. 898/1970 (c.d. legge sul divorzio) prevedeche “qualora sopravvengono giustificati motivi”, il Tribunale può disporre larevisione delle condizioni relative alla prole e/o alla misura ed alle modalitàdei contributi.

Sul tema si èpronunciata ripetutamente anche la giurisprudenza di legittimità, la quale, harilevato che “in tema di assegnodivorzile, allorquando il coniuge divorziato si sia formato una nuova famiglia,nei cui confronti è pur sempre legato da impegni riconosciuti dalla legge,occorre temperare la misura dell'assegno di divorzio a favore dei membri dellaprima famiglia nei limiti in cui, questo temperamento, non si risolva in unasituazione deteriore rispetto a quella goduta dai componenti della secondafamiglia” (Cass., 12 ottobre 2006 n.219119).

Analizzando edinterpretando tale pronuncia a contrario,è possibile affermare che apparirebbe illogica la fattispecie secondo cui l'assegnodi mantenimento, dovuto in favore della seconda coniuge e dei rispettivi figli,vada ad intaccare l'assegno di divorzio dovuto in favore della ex coniuge,nella misura in cui ciò porti a un disequilibriotra il secondo ed il primo nucleo familiare.

La Suprema Corteha comunque precisato che “ove a sostegnodella richiesta di revisione nel senso della dimensione o soppressionedell'assegno di divorzio, siano allegati sopravvenutioneri familiari, il Giudice deve verificare se detta sopravvenienzadetermini un effettivo depauperamento delle sue sostanze, facendo caricoall'istante, in vista di una rinnovata valutazione comparativa della situazionedelle parti, di offrire un esaurientequadro in ordine alle proprie condizioni economico-patrimoniali” (Cass., 23 agosto 2006, n. 18367).

La domanda dimodifica dell'assegno divorzile implica dunque una reiterata valutazionecomparativa della situazione economica delle parti, da appurare alla streguadel criterio assistenziale, tantoche “nella particolare ipotesi in cui ilmotivo di revisione si palesi di consistenza tale da condurre alla revocadell'assegno divorzile, è indispensabileprocedere, poi, al rigoroso accertamento dell'effettività dei predettimutamenti e verificare l'esistenza di un nesso di causalità tra essi e la nuovasituazione patrimoniale conseguentemente instauratasi, onde dedurne, conmotivato convincimento che l'ex coniuge titolare dell'emolumento abbiaacquisito la disponibilità di mezzi idonei a conservargli un tenore di vitaanalogo a quello condotto in costanza di matrimonio o che le condizionieconomiche del coniuge obbligato sisiano a tal punto deteriorate da rendere insostenibile l'onere posto a suocarico.

In sede di revisione, il giudice non può mai procedere a una nuovaed autonoma valutazione dei presupposti o dell'entità dell'assegno, sullabase di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti, ma,nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento dell'attribuzionedell'emolumento, deve limitarsi averificare se e in che misura le circostanze sopravvenute abbiano alteratol'equilibrio così raggiunto” (Cass.,Sez. I, 3 gennaio 2008, n. 6).

In caso didivorzio, “solo eventuali nozze dell'exconiuge creditore dell'assegno di divorzio fanno cessare automaticamentel'obbligo, a carico dell'altro, di corrispondergli l'assegno stesso. Neppure lasemplice instaurazione di una convivenza «more uxorio» sarebbe sufficiente a determinare unmutamento nella corresponsione del relativo assegno” (Cass. Civ., Sez. I, 30 ottobre 1996, n. 9505).

Per ciò che attieneagli assegni assistenziali corrisposti da enti pensionistici, occorrepuntualizzare che questi rispondono a mere esigenze di ristoro all'inabilitàparziale a svolgere attività lavorativa, tanto che la stessa Cassazione hachiarito che “l'incremento dei redditi diuna parte non comporta una automatica revisione dell'assegno, dovendo l'aumentoeconomico, accompagnarsi ad una modifica dell'assetto patrimoniale contenutanella sentenza in virtù di una valutazione comparativa delle condizioni degliex coniugi” (Cass., ord. 15 gennaio2010, n. 553).

A giustificarela richiesta dell'adeguamento dell'assegno non è sufficiente quindi ilmutamento delle condizioni economiche dell'obbligato, “maè necessario che il mutamento sia di entità tale da modificare sostanzialmentele condizioni valutate dal giudice all'atto della pronuncia del divorzio” (Cass., 16 dicembre 2004 n. 23359).

Oltretutto, intema di revisione dell'assegno di divorzio, “allorché a fondamento dell'istanza dell'ex coniuge obbligato, rivoltaad ottenere la totale soppressione del diritto al contributo economico, siadedotto il miglioramento delle condizioni economiche dell'ex coniugebeneficiario, il Giudice, ai fini dell'accoglimento della domanda, non può limitarsi a considerareisolatamente detto miglioramento, attribuendo ad esso una valenzaautomaticamente estintiva della solidarietà post-coniugale, ma – assumendo aparametro l'assetto di interessi che faceva da sfondo, e da risultato, alprecedente provvedimento dell'assegno divorziledeve verificare se l'ex coniuge, titolare del diritto all'assegno,abbia acquistato, per effetto di quel miglioramento, la disponibilità di «mezziadeguati», ossia idonei a renderlo autonomamente capace, senza necessità diintegrazioni ad opera dell'obbligato, di raggiungere un tenore di vita analogoa quello avuto in costanza di matrimonio(Cass., 23 agosto 2006, n. 18367).

L'Autoritàadita, entrando nel merito della situazione, accoglieva solo parzialmente ledomande attoree, ritenendo inaccoglibile la domanda volta alla caducazione dell'assegno.

In particolare,l'Autorità riscontrava che, nonostante la sentenza divorzile avesse disposto la“continuazione” dell'obbligo contributivo di Lire 550.000 mensili a carico di V.F., la sentenza di separazione aveva disposto, in favore della moglie, soloLire 200.000, destinando la restante parte al mantenimento dei figli nati dalmatrimonio.

La circostanzadella sopraggiunta autosufficienza economica dei figli, ormai adulti, noncontestata da nessuna delle parti, imponeva dunque la revoca del contributoeconomico per il loro mantenimento.

Considerato cheC.G. aveva contribuito al patrimonio familiare in termini di lavoro casalingo,occupandosi della crescita dei quattro figli, V.F. risultava l'unicopercettore di trattamento previdenziale in virtù della contribuzione versata inragione del proprio lavoro, atteso che la sopravvenuta pensione di C.G. veniva versataesclusivamente a fini clinici.

Nonostante V.F. avesse subito un deterioramento patrimoniale dal naufragio del suo secondomatrimonio, non poteva essere legittimato a chiedere la revoca dell'assegnodivorzile, tanto più che la sentenza di separazione tra V.F. e C.G. avevapronunciato l'addebito a carico del marito, ritenendolo responsabile per ilfallimento della relazione coniugale.

Per taliragioni, l'Autorità adita, a parziale modifica delle statuizioni della sentenzadi divorzio, revocava il disposto contributo economico per il mantenimento deifigli, lasciando a carico di V.F. la corresponsione della somma di Euro 135,94a titolo di assegno perequativo divorzile ex art. 5, comma 6, della l. 898/1970(c.d. legge sul divorzio) in favore dell'ex coniuge.

Il caso sopra riportato impone una riflessione: non si deve mai dimenticare la finalità assistenziale dell'assegno divorzile, ovvero quella di assicurare al coniuge più debole un tenore di vita tendenzialmente analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, circostanza che non può essere trascurata solo perché il soggetto obbligato si ritrovi onerato di ulteriori oneri familiari.

Ciò significa che, in sede di revisione, il giudice dovrà esclusivamente limitarsi a verificare se e in che misura le eventuali circostanze sopravvenute abbiano modificato l'equilibrio delle situazioni economiche tra ex coniugi, solo un'eventuale sperequazione porterà alla modifica o alla revoca dell'assegno di cui all'art. 5, comma 6, della legge sul divorzio.

Carla Romano - Studio Legale Giuseppe Amato - Via Bergamo n. 5 - Carini (PA)

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Data: 27/04/2014 10:30:00
Autore: Carla Romano