La seconda sezione penale della Corte di Cassazione torna sul tema dei cartellini marcatempo con la sentenza n. 38 del 4 gennaio 2011. Il caso vede un'impiegata ASL accusata di truffa per aver timbrato il cartellino in luogo diverso da quello di lavoro senza autorizzazione. Il Giudice per l'udienza preliminare dichiarava non doversi procedere perché il fatto non sussiste, ritenendo non provato che l'imputata non fosse stata autorizzata a recarsi fuori sede per ragioni di lavoro. Avverso tale sentenza
la ASL ricorre in Cassazione non condividendo l'assunto del G.U.P. - secondo cui mancherebbero artifici o raggiri - e precisando la sussistenza di un ingiusto profitto, a danno dell'Azienda, in quanto le registrazioni fuori sede avrebbero consentito all'impiegata di beneficiare di compenso straordinario. La Suprema Corte, ritenendo fondato il ricorso, ribadisce il principio di diritto secondo cui "la falsa attestazione del pubblico dipendente, circa la presenza in ufficio riportata sui cartellini marcatempo o nei fogli di presenza, è condotta fraudolenta, idonea oggettivamente ad indurre in errore l'amministrazione di appartenenza circa la presenza sul luogo di lavoro, e integra il reato di truffa aggravata, ove il pubblico dipendente si allontani senza far risultare, mediante timbratura del cartellino o della scheda magnetica, i periodi di assenza, sempre che siano da considerare economicamente apprezzabili". Nello specifico i giudici di legittimità, affermando che "la timbratura in altro luogo implica l'attestazione della continuità della prestazione, rispetto alla quale non vi era alcuna possibilità di controllo, essendo l'imputata uscita", annullano la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale per un nuovo esame.

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