Con la sentenza n. 32333 la Corte di Cassazione ha stabilito che il genitore con gravi disturbi psichici che privi i propri figli dei mezzi di sussistenza non può essere condannato. La sentenza è l'esito del ricorso dell'uomo che in seguito alla condanna di merito, proponeva ricorso per la cassazione. La Corte, dopo aver spiegato che "la diminuente del vizio parziale di mente è compatibile con la sussistenza del dolo, non essendovi contrasto logico tra l'ammettere la seminfermità mentale e il ritenere provati la coscienza e volontà del fatto, ancorché diminuite" ha però stabilito che "è vero che questo (reato) è punito a titolo di dolo generico, essendo sufficienti la mera coscienza e volontà di sottrarsi agli obblighi di assistenza inerenti la propria qualità senza giusta causa, ma è anche vero che non può darsi ingresso a presunzioni o a formule ispirate assertivamente al canone del dolus in re ipsa, che non hanno fondamento nell'ordinamento positivo. La coscienza e volontà attengono comunque all'azione, considerata nel momento della sua attuazione, ed esprimono il "coefficiente di umanità", che consente di considerare la condotta, in tutte le sue componenti (oggettiva e soggettiva) come propria del soggetto. Il grave perturbamento psichico di cui era portatore l'imputato
all'epoca dei fatti si è inevitabilmente riverberato, per quello che emerge dalla stessa sentenza impugnata, sulla normalità del processo rappresentativo e volitivo del medesimo imputato".

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