In allegato il testo della Sentenza - Cassazione Civile, ordinanza 9 marzo 2015 n. 4656

Sono nulle le clausole contrattuali che prevedono un aggiornamento del canone di locazione nella misura del 100% dell'indice Istat. Lo afferma la Corte di Cassazione con l'ordinanza n.  4656 del 9 marzo 2005.

La controversia era sorta in relazione a un contratto di locazione di un immobile ad uso commerciale.

Il proprietario dell'immobile aveva chiesto giudizialmente che la società conduttrice fosse condannata a corrispondere un aggiornamento del canone nella misura del 100% secondo i dati Istat.

La richiesta trovava fondamento in una specifica previsione contrattuale. La società conduttrice, costituendosi in giudizio, chiedeva non solo il rigetto della domanda ma proponeva anche domanda riconvenzionale per chiedere la restituzione di quanto indebitamente versato in precedenza, avendo corrisposto un aggiornamento del canone nella misura del 100% dell'indice ISTAT che riteneva invece non dovuto.

Già in primo grado il tribunale aveva dichiarato nulle le disposizioni contrattuali che avevano previsto la rivalutazione al 100% condannando anche il proprietario alla restituzione di quanto percepito in eccedenza. La pronuncia veniva confermata in sede d'appello e il caso finiva in Cassazione.


Anche i giudici di legittimità hanno dato ragione al conduttore rilevando la correttezza dell'impianto motivazionale della corte territoriale. I giudici di merito infatti hanno preso in considerazione un orientamento costante della Cassazione specificando che "l'art. 32 della legge n. 392 del 1978 ha carattere imperativo e, come tale, non derogabile in senso sfavorevole al conduttore, sia in ordine alla misura dell'aggiornamento del canone (non superiore al 75 per cento) sia in ordine all'onere della preventiva richiesta da parte del locatore". 

Difendendosi Cassazione il proprietario aveva fatto riferimento ad altre pronunce della stessa Corte ed aveva sostenuto che l'articolo 32 non avrebbe potuto impedire alle parti  di determinare l'incremento del corrispettivo della locazione "in relazione ad eventi diversi dalla svalutazione monetaria".


Ma la cassazione fa notare come proprio una delle sentenze citate dalla parte ricorrente (la n. 11608 del 2010) evidenzia che "in materia di contratto di locazione di immobili destinati ad uso non abitativo, in relazione alla libera determinabilità convenzionale del canone locativo, la clausola che prevede la determinazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell'arco del rapporto, ovvero prevede variazioni in aumento in relazione ad eventi oggettivi predeterminati (del tutto diversi e indipendenti rispetto alle variazioni annue del potere d'acquisto della moneta), deve ritenersi legittima ex artt. 32 e 79 della legge sull'equo canone, salvo che non costituisca un espediente diretto a neutralizzare gli effetti della svalutazione monetaria"

Cassazione Civile testo ordinanza 9 marzo 2015, n. 4656

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