di Licia Albertazzi - Corte di Cassazione civile, sezione seconda, sentenza n. 19423 del 15 Settembre 2014. 

Anche il convivente more uxorio è legittimato ad esperire un'azione possessoria, al fine di contrastare lo spoglio.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione Con una sentenza di cui avevamo già dato notizia sulle pagine di questo portale (Cassazione: la compagna del nonno rimasta 'vedova' può restare nella casa di famiglia anche se non è proprietaria).

La ex convivente dopo la morte del suo compagno aveva subito uno spoglio da parte dell'erede legittimo che era ospite occasionale del de cuius quando era in vita. 

La domanda veniva accolta in primo grado ma respinta in appello. Il cso finiva quindi in Cassazione.

L'erede proprietario dell'immobile presso cui vi era stata la convivenza ha sostenuto in giudizio che la donna non poteva considerarsi legittimata ad esperire azione di reintegro, men che meno avverso il legittimo proprietario del bene. 

Nel risolvere la controversia la Cassazione richiama propria precedente pronuncia (sentenza 7214/2013) nella quale spiegava come "la convivenza more uxorio, quale formazione sociale che dà vita a un consorzio familiare, determina, sulla casa di abitazione ove si svolge e si attua il programma di vita comune, un potere di fatto basato su di un interesse proprio del convivente diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità e tale da assumere i connotati tipici di una detenzione qualificata, che ha titolo in un negozio giuridico di tipo familiare. Pertanto l'estromissione violenta o clandestina dell'unità abitativa, compiuta dal convivente proprietario in danno del convivente non proprietario, legittima quest'ultimo alla tutela possessoria, consentendogli di esperire l'azione di spoglio".

La qualità della convivenza era tale da poter fondare un vero e proprio rapporto di fatto tra la convivente e l'immobile, rapporto caratterizzato da stabilità, certezza e reciprocità di diritti e doveri tipico di un rapporto coniugale ("per durata, stabilità, esclusività e contribuzione") di certo non degradabile a mera ospitalità. Tanto basta, secondo la Suprema corte, per fondare la legittimazione ad agire della resistente. Secondo buona fede e correttezza sarebbe dunque ingiusto che il nuovo proprietario, nel reclamare il proprio bene, spettante di diritto, spogli il convivente dal possesso della casa di convivenza, quanto meno senza avvisare e concedere al possessore un congruo termine per trovare sistemazione alternativa. La reintegrazione nel possesso, infine, deve avvenire alle medesime condizioni in cui il bene si trovava al momento dello spoglio, intervenuto dopo la morte dell'ex proprietario. "Mancando il precedente possesso corpore (da parte dell'erede legittimo) la materiale apprensione apprensione con esclusione del detentore qualificato è stata legittimamente sanzionata con l'ordine di reintegrazione". Non ha dunque errato il giudice del merito nella propria decisione di ordinare il reintegro nel possesso della ex convivente. Il ricorso è rigettato.

Qui di seguito il testo integrale della sentenza.

Vedi anche: Le azioni possessorie: reintegrazione e manutezione nel possesso
Vai al testo della sentenza 19423/2014

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