Ragazzi scalmanati con l'intelligenza bloccata continuano a picchiare e a ferire tranquillamente, mentre il giornalista televisivo di turno riporta la notizia dell'ennesimo crimine ripugnante dicendo che gli autori del pestaggio sono dei giovani normali. Ma quando mai!: .. risponde lo psicologo!, se andiamo a vedere che cosa hanno fatto dall'adolescenza fino ad oggi, troviamo di tutto e possiamo scrivere un romanzo di genere horror. Chi studia la psicologia dello sviluppo, sa da tempo che non si deve chiamare normale una persona giudicandola dal corpo, anche se a prima vista ha un aspetto fisico libero da segni particolari. E ricordiamoci che tali giovani criminali, in genere, sono freddi e cinici e quindi non sono soggetti alle rughe di espressione che deturpano la fronte delle persone più sane ed intelligenti. Anzi vi dico che con la psicologia e la psichiatria oggi si è in grado di risalire in molti casi, anche soltanto dall'aspetto del corpo, allo stato mentale del criminale, osservando i comportamenti psicomotori; e appunto sulle espressioni psicomotorie impercettibili si stanno specializzando molti criminologi. Intanto, ipotizzando la sussistenza della menomazione psico-fisica, per questa tipologia di crimini, tali esseri con l'intelligenza bloccata continueranno ad uccidere tranquillamente, appena possibile, ma non perché non siano stati puniti abbastanza dalla legge e neppure perché nell'infanzia sono stati traumatizzati da un ambiente sociale scadente. Essi hanno un corpo forte dalle sembianze normali ma una mente burlesca, preadolescenziale, e quindi continueranno per gioco a scaricare i loro istinti incontrollati nei confronti delle creature più deboli. Verosimilmente, a causa dalla tossicità o di ragioni morbose endogene - genetiche o biologiche prenatali, la loro intelligenza si è gravemente bloccata, prima della pubertà e non hanno potuto assimilare le norme civili, leggi sociali e nemmeno una briciola di spiritualità religiosa.
Pertanto ora questi assassini possono facilmente paragonarsi alle iene selvatiche che vivono di predazione in mezzo alla giungla.
Il paragone con i predatori non è fuori luogo anzi è molto utile per far capire, a chi non ha studiato la psicologia dello sviluppo, che essi non sono in grado di vivere nelle restrizioni imposte dalle leggi della società civile, che avrebbero potuto assimilare se il loro sviluppo fosse continuato fino ai 25 anni. Il nostro mondo civile ora rappresenta per loro solo una fastidiosa gabbia da cui desiderano smaniosamente di uscire per poter prendere con la forza tutto quello che piace loro e liberarsi di tutte le leggi e dei tutori che impediscono la predazione nella vita selvaggia. Anche quando vengono arrestati, durante la detenzione, progettano vendette ancora più forti e cruenti. Ogni regola è per essi soltanto un ostacolo da abbattere con tutti i mezzi. La gente normale, ed anche molti laureati, inesperti di psicologia dello sviluppo, purtroppo hanno molte difficoltà a farsene un'idea chiara perché non immaginano che questi criminali predatori non hanno beneficiato di uno sviluppo intellettivo progressivo per 25 anni che gli permettesse di raggiungere una mentalità matura, come avviene nelle persone sane oltre l'adolescenza.
Non mi domandate di quantizzare il numero di questi esseri con l'intelligenza bloccata e dediti alla predazione, perché vi sorprenderei per l'enormità paventata. Ma fate conto che non basterebbero le carceri a contenerli! Giacché per il futuro sarà molto difficile cambiare la mentalità aggressiva di questi feroci criminali psicologicamente bloccati, dall'aspetto dolce ed accattivante, bisognerà rassegnarsi a convivere con essi, cercando di proteggersi con la difesa passiva ed agendo molto sul piano pedagogico, cominciando a studiare il fenomeno e a discuterne pubblicamente, magari con corsi di aggiornamento anche multimediali. L'ultima novità di giovani "sballati" con occhi imbevuti di alcool esprimono significativi deficit intellettivi. Ma poi altro che ragazzi down o bambini autistici qui si tratta di migliaia di futuri genitori sballati, che perpetueranno nei figli nuove menomazioni mentali. Verosimilmente i loro figli non avranno mai un'intelligenza completa; in essi, verso gli otto - dodici anni, l'intelligenza smetterà definitivamente di crescere e ne risulterà la ben nota personalità borderline. Mi ricordo di aver incontrato, appena ventenne, il fondatore svizzero dell'epistemologia genetica Jean Piaget di Neuchâtel, durante una ricerca psicopedagogica in Italia sui metodi educativi sperimentali. In quella occasione lo scienziato Jean Piaget, ormai avanzato negli anni, ma molto pronto ed attivo nella discussione, rivolgendosi ad un gruppo misto di docenti universitari e ricercatori, si incupì tutto ad un tratto, girando la testa su ambo i lati quasi per controllare se tutti lo seguissero e ci disse, in lingua francese, che tutto il nostro impegno e la nostra strumentazione scientifica volta ad educare ed istruire i giovani sarebbero stati inutili ogni volta che ci fossimo trovati di fronte ad un ragazzo con l'intelligenza bloccata per qualche ragione di tipo genetico. La mia sorpresa fu grande soprattutto perchè metteva in crisi tutta la fiducia nei mezzi e nelle modalità operative che andavano affermandosi negli anni settanta sulla scia degli studi Montessoriani a cui partecipavo, presso l'Istituto di scienze relazioni dell'Università di Napoli. L'intervento del Piaget mi convinse ancora di più che sotto le apparenze normali ogni ragazzo racchiude i suoi segreti genetici e le direttrici del suo futuro sviluppo psicologico. Pertanto noto, a distanza di tempo, che quelle parole assumono via via un significato sempre più realistico e mi ricordano lo stretto legame tra lo sviluppo mentale e la dotazione genetica che talvolta è compromessa da cause prenatali contingenti. Non a caso voglio richiamare le notizie di cronaca che fotografano adolescenti e giovani che continuano a giustificare i delitti bambinescamente e mostrano tanti comportamenti infantili, insensati e pericolosi. I genitori, la scuola e le autorità non sono più in grado di mitigare le intemperanze dovute alle assenze di ragionamento adulto.

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