Un'ordinanza davvero interessante e ricca di spunti sia per quel che concerne il diritto interno sia per quel che concerne il diritto sovranazionale quella emessa dal Tribunale di Bari in data 26 luglio 2007. Per comprenderne i punti fondamentali occorre ripercorrere brevemente i fatti che ne stanno alla base.
Con la legge regionale 39/2006 la Regione Puglia, al fine di contenere la spesa farmaceutica, ha limitato la rimborsabilità di alcuni farmaci, stabilendo che tra i farmaci inibitori della pompa protonica possono essere prescritti a totale carico del Servizio sanitario nazionale solo quelli con un prezzo al pubblico pari o inferiore ad Euro 0,90 per dose giornaliera, rendendo in pratica prescrivibile a carico del SSN i soli farmaci, della citata categoria di inibitori, a base di lansoprazolo, farmaco ormai privo di tutela brevettuale. Con ricorso ex articolo 700 c.p.c., un'azienda che commercializza, tra gli altri, due farmaci della categoria degli inibitori della pompa protonica con prezzo al pubblico superiore a quello identificato dalla normativa regionale in questione, chiedeva la disapplicazione della legge regionale per violazione diretta della normativa comunitaria in quanto la legge non indicava - tra l'altro - i criteri obiettivi e verificabili fondanti l'esclusione dalla rimborsabilità delle proprie specialità medicinali previsti dalla Direttiva 89/105 CE. A seguito di rigetto in prime cure, la ricorrente proponeva reclamo al Collegio. L'Avvocatura di Stato si opponeva alla richiesta reiterata in sede di reclamo ed eccepiva il difetto di giurisdizione del Giudice Ordinario in favore del Giudice Amministrativo.
In diritto venivano affrontati diversi problemi che si vanno si seguito a riassumere con particolare riferimento alle statuizione del Tribunale di Bari in composizione collegiale.
Sulla questione di giurisdizione. L'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall'Avvocatura è decisamente rigettata dal tribunale. Infatti, correttamente argomentando, il Tribunale osserva che la giurisdizione va individuata non solo e non tanto in funzione della situazione dedotta in giudizio ma soprattutto in funzione della causa petendi
, ossia della natura della pretesa dedotta in giudizio. E nel caso di specie si trattava della richiesta di sospensione dell'efficacia di un atto normativo, richiesta prodromica all'instaurazione di un giudizio per il risarcimento del danno. La mera partecipazione della PA al giudizio, infatti, non è sufficiente affinché sia dichiarata la giurisdizione del Giudice Amministrativo, né lo è il generico coinvolgimento di un pubblico interesse nella controversia. In tal senso si è espressa la Corte Costituzionale che, con la Sentenza
6 luglio 2004 n. 204, ha ritenuto che, seppur il Giudice amministrativo debba disporre di adeguati poteri per assicurare una tutela piena delle situazioni soggettive, compreso il potere di condannare la Pubblica Amministrazione al risarcimento del danno, ha anche precisato che "il potere riconosciuto al giudice amministrativo di disporre …. Il risarcimento del danno ingiusto non costituisce sotto alcun profilo una nuova "materia" attribuita alla sua giurisdizione, bensì uno strumento di tutela ulteriore, rispetto a quello classico demolitorio (e/o conformativo), da utilizzare per rendere giustizia al cittadino nei confronti della pubblica amministrazione". Da ciò si ricava che la tutela risarcitoria è conferita alla competenza giurisdizionale del Giudice Amministrativo "nell'ambito delle giurisdizione di legittimità" id est la competenza giurisdizionale del Giudice Amministrativo deve rimanere ancorata al sindacato di legittimità dell'esercizio di un potere amministrativo. Nel solco della Sentenza 204/2004, si inserisce anche la Sentenza della Corte Costituzionale dell'11 maggio 2006 n. 191, che fa approdare la giurisprudenza costituzionale, in merito al riparto di competenze tra Giudice Ordinario e Giudice Amministrativo, al criterio in base al quale è la situazione giuridica dedotta in giudizio a fare da "sparti acque" tra competenza del Giudice Ordinario e competenza del Giudice Amministrativo. Anche recenti pronunce della Corte di Cassazione prendono atto del recente approdo della giurisprudenza costituzionale circa il riparto di giurisdizione tra Giudice Ordinario e Giudice Amministrativo in tema di risarcimento del danno. Infatti proprio la Corte di Cassazione ha riaffermato "il criterio tradizionale del riparto fondato non sulla distinzione tra le tecniche di tutela, bensì sulla natura sostanziale delle situazioni soggettive" (Cass. SS. UU. 15.06.2006 n. 13911; cfr., nello stesso senso 13.06.2006 n. 13659, n. 13660, 7.02.2007 n. 2688). Ancora, a tali conclusioni, giunge anche una recente sentenza del Consiglio di Stato, la quale, nell'argomentare sui criteri di individuazione delle materie assoggettabili alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo, ha affermato che il "necessario collegamento delle "materie" assoggettabili alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo con la natura delle situazioni soggettive, è espresso dall'art. 103….". Aggiunge altresì il Consiglio di Stato che si "deve considerare la natura delle situazioni soggettive coinvolte e non fondarsi esclusivamente sul dato, oggettivo, delle materie." (Consiglio di Stato, Sez. V, 19 settembre 2006, n. 5473). Pertanto, (e si attende ancora una coraggiosa pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione che una volta per tutte chiarisca il nodo controverso) necessariamente se ne deduce che è solo il Giudice Ordinario competente a decidere quando il petitum di causa è il solo risarcimento del danno e questo è svincolato dall'accertamento della legittimità o meno dell'esercizio del potere amministrativo. In forza della recente giurisprudenza, di cui si è dato sommariamente conto sopra e facendo corretto uso dei precetti dettati dalla Corte Costituzionale con la sentenza 204/2004, Tribunale ha statuito che la causa in esame non poteva essere devoluta alla giurisdizione del GA in quanto non verteva in alcuna fattispecie nella quale la PA avesse esercitato nemmeno mediatamente - un potere pubblico. Non di un atto amministrativo si faceva discussione, piuttosto, si era di fronte ad un espressione del potere politico integrante un mero comportamento - a detta della ricorrente - illegittimo. Non si può che convenire con questa impostazione. Non solo. La violazione diretta di norma comunitaria che, per giurisprudenza costante, espone lo Stato Membro al risarcimento del danno (cfr. Corte di Giustizia sentenza Francovich 19 novembre 1991 in avanti) configura un diritto soggettivo azionabile davanti alla giustizia ordinaria. E nella fattispecie, infatti, si faceva valere la lesione di un diritto soggettivo non connesso all'esercizio del potere della PA quanto la violazione da parte della PA della normativa comunitaria. Tale presa di posizione, per quanto concerne la richiesta volta a disapplicare in via d'urgenza una normativa di legge, è sicuramente innovativa e fa seguito, per quanto ci è dato sapere, ad un solo precedente rappresentato dall'ordinanza del tribunale di Roma, seconda sezione civile, del 29 maggio 2006, con la quale il Giudice capitolino ha addirittura ammesso la tutela cautelare d'urgenza davanti al GO anche in presenza di esercizio del potere della PA mediante atto amministrativo allorquando la la domanda si concretizzi nella richiesta di disapplicazione di atto discendente da normativa primaria disapplicabile in quanto in contrasto con il diritto comunitario.. Sulla prevalenza del diritto comunitario su quello interno.
Quanto alla gerarchia tra le fonti del diritto, l'ordinanza in esame conviene con i più pacifici orientamenti giurisprudenziali secondo i quali il diritto comunitario prevale su quello interno: in caso di contrasto il secondo cede e deve essere disapplicato ad opera del giudice nazionale. Tra i tanti precedenti citati dal tribunale di Bari, merita il riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale n, 170/1984 la quale ha riconosciuto il potere dovere del giudice nazionale di applicare il diritto comunitario immediatamente ed a preferenza delle norme interne con esso contrastanti. Se per quanto concerne i regolamenti comunitari questo è vero, pur tuttavia per quel concerne l'immediatezza applicativa delle direttive, il Tribunale correttamente - in assenza di una norma precisa di recepimento interno - afferma la loro diretta applicazione solo nel caso in cui queste siano, da un punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise. Il tribunale ritiene che questi requisiti siano soddisfatti solo allorquando una direttiva sancisca un obbligo non soggetto ad alcuna condizione e non sia subordinata, per quanto riguarda i suoi effetti, all'emanazione di alcun atto da parte della Comunità o degli stati membri. Sull'applicabilità della direttiva 89/105 CE al caso in esame Correttamente interpretando, il Tribunale ritiene applicabile al caso di specie l'articolo 6 punti 5 e 6 della Direttiva 89/105 che disciplinano una esclusione di un prodotto dall'elenco di quelli già ammessi alla rimborsabilità da parte di uno Stato membro. Tali norme prevedono che la decisione di eliminare un prodotto dalla rimborsabilità debba contenere "un esposto dei motivi basato su criteri obiettivi e verificabili". Poi l'ordinanza in questione in modo piuttosto sbrigativo passa a verificare se tale normativa comunitaria abbia i requisiti di sufficienza e di immediatezza per rendere la direttiva di i9mmedita applicazione, dandone risposta negativa. Si assume che gli aggettivi obiettivi e verificabili non possano essere considerati di immediata applicazione precettiva in assenza di una individuazione legislativa, comunitaria o nazionale, che ne identifichi i contenuti. In altre parole, se la Comunità Europea ovvero il legislatore nazionale non indicano i criteri di obiettività e verificabilità dando al precetto un contenuto compiuto sarebbe lasciata troppa discrezionalità al giudice nella soluzione delle relative controversie. Tale assunto però si scontra inevitabilmente con la giurisprudenza comunitaria. In particolare occorre segnalare che con recente sentenza del 26 ottobre 2006 la Corte di Giustizia - Quinta Sezione nel procedimento C317/05 ha avuto modo di precisare che "riguardo alla questione se l'articolo 6, della direttiva 89/105 possa avere efficacia diretta ed essere invocato nell'ambito della causa principale, la ricorrente e la Commissione delle Comunità europee ritengono che la disposizione in parola sia chiara e univoca, vale a dire sufficientemente precisa, incondizionata e completa, e che la sua applicazione non richieda un ulteriore atto giuridico da parte dello Stato membro. Pertanto esso dovrebbe poter essere invocato direttamente. (in tal senso, sentenze 27 novembre 2001, causa C424/99, Commissione/Austria, Racc. pag. I 9285, punto 30, e Commissione/Finlandia, cit., punto 37)". Ancora: "Con riferimento alla questione dell'applicazione diretta dell'articolo 6 della direttiva 89/105, da una giurisprudenza costante della Corte risulta che, in tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiono, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, i singoli possono farle valere dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato sia che questo non abbia recepito tempestivamente la direttiva sia che l'abbia recepita in modo non corretto" (v., in particolare, sentenza 5 ottobre 2004, cause da C 397/01 a C 403/01, Pfeiffer e a., Racc. pag. I 8835, punto 103).

Concludendo, se da un lato il Tribunale di Bari ha coraggiosamente e - sotto certi punti di vista anche in modo innovativo - stabilito la propri giurisdizione quando si assuma che la PA abbia violato direttamente la normativa comunitaria ed ha anche fatto corretto riferimento ai principi in materia di diretta applicabilità delle direttive comunitarie, dall'altro sembra aver avuto timore a dare applicazione ad un dettato normativo che dalla stessa Corte di Giustizia era chiamato, quale giudice interno, ad applicare avendo la stessa Corte lussemburghese chiarito l'immediata applicabilità nazionale delle norme in questione.

(Dott. Agostino GORI)

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Tribunale di Bari, Sentenza 26.7.2007 - Agostino Gori

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