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I segni distintivi dell'impresa

Avv. Valeria Zeppilli - L'imprenditore svolge la propria attività in un mercato in cui operano altri imprenditori in concorrenza, sempre più numerosi. Proprio il sistema concorrenziale rende di fondamentale importanza permettere che i beni prodotti o i servizi offerti da ogni impresa siano immediatamente riconducibili alla sua attività e riconoscibili da parte del consumatore

A tale funzione rispondono i cosiddetti segni distintivi dell'impresa, che, pur identificandosi principalmente nella ditta, nell'insegna e nel marchio, non possono tuttavia considerarsi un numero chiuso. Basti pensare che rientrano in tale categoria, pur se in via atipica, gli slogan pubblicitari, i jingle, le divise indossate dal personale dell'impresa, etc. 

Funzione e interessi coinvolti

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La ditta, l'insegna e il marchio, così come i segni distintivi atipici, sono comunemente qualificati "collettori di clientela" in quanto rispondono all'esigenza fondamentale di permettere ai consumatori di agire e districarsi nel mercato in maniera consapevole. A tal fine un ruolo preponderante è svolto dal marchio, ma anche la ditta, l'insegna e gli altri segni svolgono una funzione fondamentale nel differenziare gli imprenditori agli occhi dei clienti dei loro beni e dei fruitori dei loro servizi.

Da quanto detto emerge chiaramente che attorno ai segni distintivi ruota una pluralità di interessi, indentificabili non solo in quello dei consumatori a non essere tratti in inganno sulla provenienza dei beni o dei servizi ai quali accedono, ma anche in quello degli imprenditori a distinguersi dai concorrenti, attrarre clientela e aumentare i profitti grazie al valore economico assunto dai segni distintivi.

In buona sostanza, attraverso la regolamentazione dei segni distintivi dell'impresa e il contemperamento dei citati interessi si cerca di realizzare una concorrenza di mercato ordinata e leale.

Principi comuni

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Pur essendo ciascuno di essi oggetto di una regolamentazione specifica, ditta, insegna e marchio sono accomunati da taluni principi comuni che derivano dall'omogeneità della funzione alla quale gli stessi sono rivolti.

Il primo principio che rileva è quello della libertà dell'imprenditore nella scelta del proprio segno distintivo, pur sempre nel rispetto dei requisiti di verità, novità e capacità distintiva.

Vi è poi il principio della trasferibilità dei segni distintivi da parte dell'imprenditore, il quale, tuttavia, vede limitata la propria libertà in tal senso dalla necessità che la circolazione non tragga in inganno il pubblico.

Infine ogni imprenditore ha diritto all'utilizzo esclusivo del proprio segno distintivo per differenziarsi dagli imprenditori in concorrenza. Tale diritto non può essere avanzato quando non sussista un concreto pericolo di confusione del consumatore, ben potendo un altro imprenditore utilizzare il medesimo segno distintivo qualora eserciti una diversa attività di impresa o operi in mercati differenti.

La tutela penale

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La particolare rilevanza delle finalità perseguite dalla normativa sui segni distintivi rende interessante una breve analisi della disciplina penale posta a loro tutela.

Nel dettaglio, il Codice Penale sanziona, all'art. 473, la contraffazione e l'alterazione di marchi o altri segni distintivi o il loro uso dopo che siano stati contraffatti o alterati. 

Lo stesso Codice punisce, poi, all'art. 474, l'introduzione nello Stato e il commercio di prodotti con segni distintivi falsi

L'art. 517 c.p., infine, sanziona la vendita o la messa in circolazione in altro modo di prodotti industriali con segni distintivi che possono indurre in inganno sulla loro origine, sulla loro provenienza o sulla loro qualità. 

Per approfondimenti vedi anche: I segni distintivi dell'impresa e la loro tutela

Articoli del codice penale citati in questa pagina:

Art. 473. Contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell'ingegno o di prodotti industriali.

Chiunque, potendo conoscere dell'esistenza del titolo di proprietà industriale, contraffà o altera marchi o segni distintivi, nazionali o esteri di prodotti industriali, ovvero chiunque, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi o segni contraffati o alterati, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 2.500 a euro 25.000.
Soggiace alla pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 3.500 a euro 35.000 chiunque contraffà o altera brevetti, disegni o modelli industriali nazionali o esteri, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali brevetti, disegni o modelli contraffati o alterati.
I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili a condizione che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale.

Art. 474. Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi.

Fuori dei casi di concorso nei reati previsti dall'art. 473, chiunque introduce nel territorio dello Stato, al fine di trarne profitto, prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi, nazionali o esteri, contraffatti o alterati è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 3.500 a euro 35.000.
Fuori dei cassi di concorso nella contraffazione, alterazione, introduzione nel territorio dello Stato, chiunque detiene per la vendita, pone in vendita o mette altrimenti in circolazione, al fine di trarne profitto, i prodotti di cui al primo comma è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fin a euro 20.000.
I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili a condizione che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale.

Art. 517. Vendita di prodotti industriali con segni mendaci.

Chiunque pone in vendita o mette altrimenti in circolazione opere dell'ingegno o prodotti industriali, con nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri, atti a indurre in inganno il compratore sull'origine, provenienza o qualità dell'opera o del prodotto, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a ventimila euro.