Fallimento

Il fallimento, procedura concorsuale disciplinata dal regio decreto n. 267/1942, quando viene dichiarato con sentenza dal Tribunale competente, con la liquidazione dei beni dell'imprenditore insolvente soddisfa, anche solo in parte, i diritti dei creditori

Fallimento: che cos'è

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Il fallimento è un istituto regolato dal r.d. n. 267 del 16/03/1942 (Legge Fallimentare). La disciplina negli anni ha subito profonde modifiche al fine di adeguarla al diritto nazionale e comunitario in un'ottica tesa a garantire la conservazione dell'impresa. 

Il 10 gennaio 2019 è stato approvato il nuovo "Codice della crisi e dell'insolvenza". Esso ha ridisegnato in maniera sostanziale l'istituto. Tra le novità la sostituzione del termine "fallimento" con "liquidazione giudiziale". 

La maggior parte delle sue disposizioni, entra in vigore il 15 luglio 2022. Vediamo quindi le regole ancora in vigore che regolamentano i fallimenti. 

Presupposti del fallimento

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Per poter dichiarare il fallimento la legge richiede il concorso di due presupposti: uno soggettivo e l'altro oggettivo. 

Qualifica di imprenditore commerciale

Quanto al presupposto soggettivo, la L.F. individua tra gli assoggettabili al fallimento gli imprenditori che esercitano un'attività commerciale. Sono esclusi pertanto enti pubblici, imprenditori agricoli e piccoli imprenditori. 

Con la riforma del 2006 è stato rimodellato il concetto di piccolo imprenditore, per restringere il numero dei soggetti assoggettabili alle procedure concorsuali, escludendo dalla categoria gli esercenti un'attività commerciale, in forma individuale o collettiva, coloro che, anche alternativamente:

  • hanno avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività, se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila;
  • hanno realizzato nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila;
  • hanno un ammontare di debiti, anche non scaduti, non  superiore ad euro cinquecentomila.

Limiti aggiornabili ogni tre anni, con decreto del Ministro della Giustizia, in base alle variazioni degli indici ISTAT.

Un caso particolare di fallimento è quello che riguarda l'imprenditore defunto. In questo caso l'istanza può essere presentata anche dall'erede a condizione che vi sia stata già la confusione del cespite ereditario con il suo patrimonio. In caso invece di decesso dell'imprenditore dopo la dichiarazione di fallimento, la procedura prosegue nei confronti degli eredi, anche con beneficio d'inventario.

Possono essere dichiarati falliti anche gli imprenditori che hanno già cessato l'attività, entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l'insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l'anno successivo. In caso di impresa individuale o di cancellazione di ufficio degli imprenditori collettivi, inoltre è prevista la facoltà per il creditore o il pubblico ministero di dimostrare il momento dell'effettiva cessazione dell'attività da cui decorre il termine di cui al comma 1 art. 10 L.F. 

Stato di insolvenza

Per quanto riguarda invece il presupposto oggettivo, l'imprenditore, per essere dichiarato fallito, deve trovarsi in stato d'insolvenza tale da non poter più soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. 

Secondo la giurisprudenza di legittimità, "lo stato d'insolvenza dell'imprenditore commerciale, quale presupposto per la dichiarazione di fallimento, si realizza in presenza di una situazione d'impotenza strutturale e non soltanto transitoria a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni a seguito dei venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie alla relativa attività" (Cass. n. 4789/2005). 

In seguito la Cassazione, con l'ordinanza n. 12652/2013 ha ulteriormente precisato che lo stato d'insolvenza "consiste nell'oggettiva impossibilità in cui si trova l'imprenditore, con riferimento al momento della dichiarazione medesima, di far fronte, per il venir meno delle normali condizioni di liquidità e di credito, tempestivamente e con mezzi ordinari alle proprie obbligazioni. Pertanto, le circostanze inerenti alla concreta sussistenza o meno di una o più obbligazioni rimaste inadempiute, al loro ammontare, al rapporto fra passivo ed attivo dell'impresa, alla possibilità o meno di estinguere i debiti dopo la dichiarazione di fallimento, senza far ricorso a liquidazione di attività, se non possono considerarsi decisive, singolarmente esaminate, al fine dell'affermazione o negazione dello stato d'insolvenza, costituiscono, d'altra parte, elementi presuntivi idonei ad evidenziare, ove valutati nel loro insieme, la ricorrenza o meno dell'indicata obiettiva incapacità dell'imprenditore a fronteggiare i propri impegni. 

Organi della procedura fallimentare

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La procedura fallimentare prevede il coinvolgimento di diversi organi. Vediamo quali. 

Tribunale fallimentare

Il fallimento è dichiarato dal tribunale del luogo in cui l'imprenditore ha la sede principale dell'impresa. Il tribunale fallimentare è investito dell'intera procedura e provvede alla nomina, revoca o sostituzione degli organi del fallimento, che sono il giudice delegato, il curatore e il comitato dei creditori. 

Giudice delegato

Esercita funzioni di vigilanza e controllo sulla regolarità della procedura, mantenendo il potere di approvare il programma di liquidazione e di pronunciarsi sulle domande di ammissione al passivo dei creditori. 

Curatore fallimentare

Il curatore amministra il patrimonio fallimentare, compiendo tutte le operazioni necessarie per la gestione della procedura. Appone i sigilli sui beni del debitore, forma il progetto di stato passivo, redige l'inventario, compila e l'elenco dei creditori (con l'indicazione dei rispettivi crediti, dei diritti di prelazione e degli eventuali altri diritti) e redige il bilancio dell'ultimo esercizio. 

Egli è chiamato, altresì, unitamente al comitato dei creditori, ad un ruolo più autonomo, finalizzato a compiere le scelte più opportune per una migliore gestione della procedura, sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori. 

Comitato dei creditori

Composto da tre o cinque membri scelti tra i creditori, viene nominato dal giudice delegato per garantire una rappresentanza equilibrata. Ha compiti di vigilanza sull'operato del curatore, di autorizzazione degli atti dello stesso e di rilascio pareri, nei casi previsti dalla legge o su richiesta del tribunale o del giudice delegato. 

Procedura fallimentare: sintesi

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La procedura fallimentare finalizzata alla dichiarazione del fallimento viene avviata su iniziativa del debitore o di uno o più creditori. 

L'unico caso in cui è ammessa l'iniziativa d'ufficio del pubblico ministero si ha quando l'insolvenza risulta nel corso di un procedimento penale, o dalla fuga, irreperibilità o latitanza dell'imprenditore, dalla chiusura dei locali dell'impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell'attivo o perché segnalata dal giudice che l'abbia rilevata nel corso di un procedimento civile. 

Presentato il ricorso per la dichiarazione di fallimento il procedimento fallimentare si svolge innanzi al tribunale in composizione collegiale e in camera di consiglio. Per garantire il contraddittorio il tribunale convoca, con decreto apposto in calce al ricorso, il debitore ed i creditori istanti per il fallimento. Nel procedimento interviene anche il pubblico ministero che ha assunto l'iniziativa per la dichiarazione di fallimento. 

Per accelerare i tempi il decreto di convocazione e il ricorso vengono notificati dalla cancelleria all'indirizzo di posta elettronica certificata del debitore risultante dal registro delle imprese o dall'indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti. 

Il procedimento è volto all'accertamento dei presupposti per la dichiarazione di fallimento e fino a 7 giorni prima dell'udienza le parti possono presentare memorie, depositare documenti e relazioni tecniche.

Obblighi dell'imprenditore che chiede il fallimento

L'imprenditore che chiede il proprio fallimento deve depositare, presso la cancelleria del tribunale:

  • le scritture contabili e fiscali obbligatorie concernenti i tre esercizi precedenti (se l'impresa ha avuto minore durata, dell'intera esistenza della stessa);
  • uno stato particolareggiato ed estimativo delle attività;
  • l'elenco nominativo dei creditori (e dei rispettivi crediti);
  • l'indicazione dei ricavi lordi per ciascuno degli ultimi tre esercizi;
  • l'indicazione e di coloro che vantano diritti reali e personali sui beni in suo possesso (e i relativi titoli da cui sorgono i rispettivi diritti).

Esiti della procedura di fallimento

La procedura fallimentare, una volta avviata, può concludersi in diversi modi

  • Emissione della sentenza dichiarativa di fallimento che provvede alla nomina del giudice delegato e del curatore e che ordina al fallito il deposito dei bilanci, delle scritture contabili e fiscali obbligatorie e l'elenco dei creditori entro 3 giorni. La sentenza fissa anche il luogo, il giorno e l'ora dell'adunanza in cui procedere all'esame dello stato passivo (entro il termine perentorio di 120 giorni) e assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali o personali sui beni del fallito, il termine (entro 30 giorni prima dell'adunanza dei creditori) per proporre domanda di insinuazione al passivo in cancelleria. La sentenza dichiarativa di fallimento produce i suoi effetti dalla data della pubblicazione, ma nei confronti dei terzi gli effetti si producono dalla data di iscrizione della sentenza nel registro delle imprese. Contro la sentenza si può proporre reclamo entro 30 giorni.
  • Archiviazione del procedimento con decreto, quando il creditore ad esempio ritira il ricorso perché nel frattempo il debitore ha provveduto al pagamento del dovuto.
  • Dichiarazione di incompetenza con conseguente investitura del Tribunale fallimentare competente e trasmissione dei relativi atti.

Accertamento del passivo

Precede il riparto dell'attivo l'accertamento del passivo. Il curatore, esaminate le scritture contabili e gli altri atti, comunica "senza indugio" ai creditori del fallito (e ai titolari di diritti reali, personali, mobiliari o immobiliari sui beni del fallito), a mezzo posta ordinaria, elettronica o telefax:

  • che è possibile partecipare al concorso trasmettendo "domanda di ammissione al passivo";
  • la data fissata per l'esame dello stato passivo e quella entro cui vanno presentate le domande;
  • ogni utile informazione per agevolare la presentazione della domanda;
  • il suo indirizzo di posta elettronica certificata.

Esaminate le domande, il curatore predispone elenchi separati dei creditori e dei titolari degli altri diritti sui beni del fallito rassegnando motivate conclusioni e depositando il progetto di stato passivo in cancelleria almeno 15 giorni prima dell'udienza fissata per l'esame, trasmettendolo al contempo ai creditori.

In relazione al numero dei creditori e all'entità del passivo, il giudice delegato può stabilire che l'udienza sia svolta in via telematica con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione dei creditori, anche utilizzando le strutture informatiche messe a disposizione della procedura da soggetti terzi.

All'udienza, il giudice delegato decide su ciascuna domanda nei limiti delle conclusioni formulate e avuto riguardo alle eccezioni del curatore, oltre a quelle rilevabili d'ufficio e a quelle formulate agli altri interessati, potendo anche sentire il fallito, su sua richiesta.

Dopo la dichiarazione di esecutività dello stato passivo, con decreto motivato del giudice delegato, il curatore è tenuto a comunicare ad ogni creditore l'esito della domanda, il deposito in cancelleria dello stato passivo (al fine di renderlo disponibile per la disamina da parte di coloro che hanno presentato domanda), informando altresì del diritto di proporre opposizione in caso di mancato accoglimento. 

Liquidazione e ripartizione dell'attivo

Entro 60 giorni dalla redazione dell'inventario e in ogni caso non oltre 180 giorni dalla sentenza dichiarativa di fallimento, il curatore predispone un programma di liquidazione da sottoporre all'approvazione del comitato dei creditori. La violazione del termine di 180 giorni è giusta causa per la revoca del curatore. Il programma è un atto di pianificazione e deve avere un contenuto specifico. 

Il curatore può anche essere autorizzato dal giudice delegato ad affidare ad altri professionisti o società specializzate alcune incombenze relative alla liquidazione dell'attivo. Su richiesta del comitato dei creditori il programma può essere modificato, mentre il curatore può presentare, un supplemento del piano di liquidazione. 

Prima della approvazione del programma, il curatore può liquidare beni, su autorizzazione del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori se già nominato, solo se dal ritardo può derivare pregiudizio all'interesse dei creditori. 

Il curatore, inoltre, su autorizzazione del comitato dei creditori, può non acquisire all'attivo o rinunciare a liquidare uno o più beni, se la liquidazione non risulta conveniente. In questo caso, il curatore lo comunica ai creditori che, in deroga all'art. 51, possono intraprendere azioni esecutive o cautelari sui beni rimessi nella disponibilità del debitore. 

Il programma, una volta approvato è comunicato al giudice delegato, che autorizza l'esecuzione degli atti conformi allo stesso. La violazione senza giustificato motivo dei termini previsti dal programma di liquidazione è giusta causa di revoca del curatore, come in presenza di somme disponibili per la ripartizione, il mancato rispetto dell'obbligo previsto dall'articolo 110 primo comma. 

Le vendite e gli atti di liquidazione possono prevedere che il versamento del prezzo abbia luogo ratealmente. In ogni caso, al fine di assicurare la massima informazione e partecipazione degli interessati, il curatore effettua la pubblicità prevista dall'articolo 490, comma 1 c.p.c, almeno trenta giorni prima dell'inizio della procedura competitiva. 

Eseguite le vendite il giudice delegato provvede alla distribuzione della somma ricavata, secondo le disposizioni del capo VII relativo alla ripartizione dell'attivo (art. 109). 

Procedimento di ripartizione

Il curatore deve predisporre periodicamente un prospetto delle somme disponibili e un progetto di riparto delle stesse, avverso il quale è possibile proporre reclamo, entro il termine perentorio di 15 giorni dalla comunicazione dell'avvenuto deposito. 

In presenza di giudizi di cui all'articolo 98 in corso, il curatore indica nel progetto di ripartizione, per ogni creditore, le somme immediatamente e/o quelle ripartibili solo previo rilascio, in favore della procedura, di una fideiussione autonoma e irrevocabile, in grado di garantire la restituzione delle somme ripartite in eccesso, anche in forza di provvedimenti provvisoriamente esecutivi resi nei giudizi di cui all'articolo 98, oltre agli interessi.

Esecutività del progetto di riparto

Decorso il termine per il reclamo, il giudice delegato, su richiesta del curatore, dichiara esecutivo il progetto di ripartizione, per cui si procede alla liquidazione delle somme ricavate nel seguente ordine:

  • crediti prededucibili,
  • crediti ammessi con prelazione,
  • crediti chirografari.

Compiuta la liquidazione dell'attivo e presentato il rendiconto del curatore , il giudice delegato ordina il riparto finale con il quale vengono distribuiti anche gli accantonamenti precedenti. 

Chiusura del fallimento

La procedura di fallimento si chiude nei seguenti casi:

  • se nel termine stabilito nella sentenza dichiarativa di fallimento non sono state proposte domande di ammissione al passivo;
  • quando, anche prima che sia compiuta la ripartizione finale dell'attivo, le ripartizioni ai creditori raggiungono l'intero ammontare dei crediti ammessi, o questi sono in altro modo estinti e sono pagati tutti i debiti e le spese da soddisfare in prededuzione;
  • quando è compiuta la ripartizione finale dell'attivo;
  • quando nel corso della procedura si accerta che la sua prosecuzione non consente di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, né i crediti prededucibili e le spese di procedura. 

In caso di fallimento di società, il curatore ne chiede la cancellazione dal registro delle imprese e la chiusura del fallimento determina anche la chiusura della procedura estesa ai soci, salvo che nei confronti di qualcuno degli stessi non sia stata aperta una procedura di fallimento come imprenditore individuale. 

La  disciplina della chiusura del fallimento, quando è compiuta la ripartizione finale dell'attivo, non può essere ostacolata dalla pendenza di controversie in cui il fallimento in questione, nella persona del curatore, è coinvolto. 

Con il decreto di chiusura del fallimento cessano gli effetti dello stesso sul patrimonio del fallito e le conseguenti incapacità personali e decadono gli organi preposti alla procedura. 

Dichiarazione di fallimento: effetti

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La sentenza dichiarativa di fallimento produce tutta una serie di effetti su soggetti, atti e rapporti. 

Nei confronti del fallito

La sentenza che dichiara il fallimento:

  • priva il fallito dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento;
  • lo priva della legittimazione processuale nelle controversie relative ai rapporti di diritto patrimoniale, per le quali potrà stare in giudizio il curatore
  • rende inefficace ogni atto compiuto dal fallito o pagamento dallo stesso ricevuto;
  • se il fallito è una persona fisica fa sorgere l'obbligo di consegnare la propria corrispondenza al curatore, inclusa quella elettronica, se invece il fallito è persona giuridica, sorge in capo a questa l'obbligo d'indirizzare la corrispondenza al curatore. 

Nei riguardi dei creditori

Per quanto riguarda gli effetti del fallimento nei riguardi dei creditori, dal giorno della dichiarazione del fallimento nessuna azione (individuale, esecutiva o cautelare), anche riguardante crediti maturati durante il fallimento, può essere iniziata o proseguita sui beni nello stesso compresi. 

Gli atti a titolo gratuito e i pagamenti (con scadenza posteriore alla dichiarazione di fallimento) compiuti dal fallito nei due anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento sono privi di effetto rispetto ai creditori. 

Gli atti a titolo oneroso, i pagamenti e le garanzie, salvo che l'altra parte provi che non conosceva lo stato di insolvenza del debitore, vengono revocati, così come sono revocati quelli compiuti tra coniugi, nel tempo in cui il fallito esercitava un'impresa commerciale, salvo che il coniuge non provi che ignorava lo stato d'insolvenza del coniuge. 

Sui rapporti giuridici

Nei contratti ancora ineseguiti o non completamente eseguiti da entrambe le parti, in caso di fallimento di una delle due parti, l'esecuzione del contratto rimane sospesa fino a quando il curatore dichiara di subentrare nello stesso in luogo del fallito, assumendo tutti gli obblighi relativi, ovvero di sciogliersi dal medesimo. 

Esercizio provvisorio dell'impresa

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Con la sentenza dichiarativa del fallimento, il tribunale può disporre l'esercizio provvisorio dell'impresa se l'interruzione delle attività possa arrecare gravi pregiudizi ai creditori.

La continuazione temporanea dell'impresa è autorizzata dal giudice delegato, su proposta del curatore e previo parere favorevole del comitato dei creditori, con decreto motivato che ne determinata anche la durata. 

Se il comitato dei creditori, convocato trimestralmente dal curatore per essere informato sull'andamento della gestione, non ravvisa però l'opportunità di continuare l'esercizio provvisorio, il giudice delegato ne ordina la cessazione. Rimane ferma comunque la possibilità per il tribunale di ordinare la cessazione dell'esercizio provvisorio in qualsiasi momento, laddove se ne ravvisi l'esigenza, con decreto motivato. 

Il giudice delegato può inoltre disporre l'affitto dell'intera azienda o di rami della stessa a terzi, quando appare utile e proficuo per la procedura e per una durata compatibile con le esigenze della stessa. La scelta dell'affittuario è effettuata dal curatore, tenendo conto dell'ammontare del canone offerto, delle garanzie prestate, dell'attendibilità del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali e della conservazione dei livelli occupazionali. 

Custodia e amministrazione del fallimento

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Dichiarato il fallimento, si entra nella fase della custodia e dell'amministrazione delle attività fallimentari. 

Il curatore procede ad apporre i sigilli sui beni situati presso la sede principale dell'impresa e su tutti gli altri beni del debitore. Se necessario può chiedere l'assistenza della forza pubblica. Laddove tali beni si trovino, invece, in diversi luoghi, per completare le operazioni, l'apposizione dei sigilli può essere delegata ad uno o a più coadiutori designati dal giudice delegato. 

Al curatore devono consegnati, al fine del deposito in un luogo idoneo, anche presso terzi: le somme di denaro contante; i titoli (compresi quelli scaduti), le scritture contabili, e ogni altra documentazione dallo stesso richiesta o acquisita, se non ancora depositata in cancelleria (art. 86). Rimossi i sigilli, il curatore deve redigere l'inventario nel più breve termine possibile, avvisando il fallito e il comitato dei creditori, se non presenti, redigendo processo verbale delle attività compiute e prendendo in consegna i beni del fallito. 

Prima di chiudere l'inventario, il curatore invita il fallito (o gli amministratori se si tratta di società), a fornire notizie su eventuali altre attività da includere nell'inventario e, in seguito, lo deposita nella cancelleria del tribunale. 

Esaminate le scritture contabili, gli atti e le notizie della procedura, il curatore deve stilare l'elenco dei creditori e dei titolari di diritti reali e personali, mobiliari e immobiliari e redigere il bilancio dell'ultimo esercizio, se non è stato presentato dal fallito che chiede il proprio fallimento. 

La formazione del fascicolo (anche informatico) della procedura fallimentare è a cura del cancelliere dopo la pubblicazione della sentenza di fallimento, con diritto da parte dei soggetti indicati dalla legge di prenderne visione ed estrarne copia.

Data aggiornamento: 30 aprile 2022