Dati così solo durante la prima grande guerra e i flussi migratori compensano a malapena il calo demografico

di Marina Crisafi - L'Italia è un Paese che non cresce e non solo economicamente parlando. Secondo i dati annuali Istat infatti il bilancio tra le nascite e le morti del Belpaese nel 2014 ha fatto registrare un saldo negativo di quasi 100mila unità, un picco raggiunto soltanto nel biennio 1917-1918, quando era in corso la prima Guerra mondiale. Ma non solo. Dalle indagini svolte dall'istituto di statistica viene fuori la fotografia di un Paese anziano, con un'età media che supera i 44 anni, e da cui i giovani continuano a scappare.

Il problema più rilevante, in ogni caso, restano le culle vuote, con 12mila nuovi nati in meno rispetto al 2013. E se negli ultimi anni a compensare il problema ci pensavano gli immigrati, ora i flussi stranieri, spiega l'Istat, "riescono a malapena a compensare il calo demografico dovuto alla dinamica naturale", con un rapporto positivo di 12.944 unità nel 2014. Hanno smesso di fare figli, dunque, anche i cittadini stranieri residenti in Italia, che comunque si attestano oggi quasi al 15%, con una popolazione totale pari all'8% (circa 5 milioni in valore assoluto su 60.795.612 persone) di quella italiana (dati al 31 dicembre 2014).

Il campanello d'allarme sulla natività (-2,3%) non rappresenta comunque una novità perché perdura sin dal 2009 (-75mila in totale) e il calo, segnalano da via Balbo, si registra in tutte le aree della penisola, anche se principalmente nel Nord-Est (-3%), in concomitanza con la crisi economica (e non sarà certo un caso) e con la diminuzione dei matrimoni.

E non è finita neppure la fuga verso l'estero che, anche se negli ultimi anni è rallentata, si attesta su 136mila persone di cui quasi 90mila italiani. Per contro, invece, gli iscritti nelle anagrafi italiane dall'estero sono stati circa 280mila di cui il 90% stranieri. 


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