La conferenza di servizi
La conferenza di servizi, come riformata dal decreto legislativo 127 del 2016 costituisce una forma di cooperazione tra le pubbliche amministrazioni che ha lo scopo di realizzare attraverso l'esame contestuale di svariati contesti e i vari interessi pubblici coinvolti la semplificazione di alcuni procedimenti amministrativi che sembrano prima facie particolarmente complessi. Esistono in dottrina varie tipologie di conferenze di servizi: la conferenza istruttoria, la conferenza decisoria e la conferenza preliminare.
In particolare possiamo notare come la conferenza di servizi istruttoria possa essere indetta quando è necessario effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo ovvero in più procedimenti amministrativi connessi riguardanti medesime attività o risultati.
Diversamente la conferenza di servizi decisoria viene convocata quando bisogna assumere decisioni concordate tra varie amministrazioni in sostituzione dei previsti atti di concerto, nulla osta intese o atti di assenso comunque denominati. Infatti la conferenza di servizi decisoria è sempre indetta dall'amministrazione procedente quando la conclusione positiva del procedimento è subordinata all'acquisizione di più pareri, intese concerti o nulla osta o altri atti di assenso comunque denominati rese da diversi amministrazioni inclusi i gestori di beni o servizi pubblici.
Da ultimo l'articolo 14 del decreto legislativo 127 del 2016 prevede altresì la figura della conferenza di servizi preliminare per progetti di particolare complessità e gli insediamenti produttivi di beni e servizi.
L'amministrazione procedente su motivata richiesta dell'interessato può invero indire una conferenza preliminare finalizzata a indicare al richiedente prima della presentazione di un'istanza un progetto definitivo.
Il decreto legislativo 127 del 2016 riordina come detto la disciplina in materia di conferenza di servizi delineata nella legge 241 del 90. Tale normativa tende attraverso una decisiva riduzione dei lunghi tempi procedimentali a semplificare l'azione amministrativa ricorrendo altresì a procedure e strumenti telematici.
In particolare si prevede che la conferenza di servizi decisoria si svolga in forma semplificata in modalità asincrona cioè senza che siano convocate riunioni fisiche e una mediante l'invio di documenti per via telematica. Soltanto nel caso in cui sia particolarmente necessario,l'amministrazione procedente può indire una conferenza in forma simultanea.
In ogni caso la conferenza si conclude con l'adozione di una determinazione motivata di conclusione della stessa che sarà positiva o negativa comportando come effetto l'accoglimento o il rigetto della domanda, verso la determinazione motivata di conclusione della conferenza. La determinazione conclusiva sostituisce ogni atto di assenso di competenza dell'amministrazione.
Gli accordi tra amministrazioni pubbliche sono finalizzati a disciplinare lo svolgimento di attività di pubblico interesse in collaborazione: un esempio di tale accordi sono gli accordi di programma.
La figura del silenzio devolutivo comporta la possibilità di richiedere ad altri organi valutazioni tecniche di necessaria acquisizione ai fini dell'adozione di un provvedimento finale e nel caso in cui quelli precedentemente aditi non abbiano offerto un contributo in questo senso, il responsabile del procedimento deve chiedere ad altri organi dell' amministrazione pubblica o ad altri enti pubblici che sono dotati di qualificazione e capacità tecniche equipollenti oppure istituti universitari le suddette valutazioni tecniche. Questo principio non si applica nel caso in cui le valutazioni debbano essere prodotte da amministrazioni preposte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio e della salute dei cittadini.
Il sistema delle autocertificazioni invece consente al privato di potere approvare nei suoi rapporti con la pubblica amministrazione determinati fatti, stati e qualità a prescindere dalla esibizione dei relativi certificati semplicemente presentando una dichiarazione cosiddetta sostitutiva disciplinata dal dpr 445 del 2000 adesso unico materiale di documentazione amministrativa: la Scia.
La segnalazione certificata inizio attività
La segnalazione certificata di inizio attività conosciuta anche come Scia è un importante strumento di semplificazione del contesto dei rapporti pubblica amministrazione-cittadino.
Infatti l'articolo 19 della legge 241 del 90 dispone che tutti gli atti di autorizzazione, licenza e concessione possono essere sostituiti da una segnalazione dell' interessato. L'unica eccezione all' applicazione dell' istituto in esame riguarda i casi in cui vi sono vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e gli atti lasciati dalle amministrazioni preposti alla difesa nazionale alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia,all'amministrazione delle finanze. Tra i primi sono ricompresi gli atti riguardanti le reti di acquisizione del gettito anche derivante dal gioco nonché quelli previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche e quelli imposti dalla normativa dell'Unione Europea.
La scia o segnalazione certificata di inizio attività deve essere accompagnata da una specifica documentazione, autocertificazione di stadi personali e ove espressamente previsto dalla normativa vigente idonea a documentazione tecnica necessaria per consentire alla pubblica amministrazione di effettuare le opportune verifiche in ordine alla sussistenza o meno dei requisiti per iniziare l'attività di impresa. Nei casi in cui la normativa vigente prevede l'acquisizione di atti o pareri di organi o enti appositi o l'esecuzione di verifica e preventivi essi sono comunque sostituiti da autocertificazione, attestazioni e asseverazioni o certificazioni. Salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti,l'attività oggetto della segnalazione può essere iniziata dalla data di presentazione della segnalazione all'amministrazione competente.
Ai sensi del decreto legislativo 126 del 2016 viene ridisegnata la disciplina generale applicabile ai procedimenti relativi alle attività private non soggette all'autorizzazione espressa ma sottoposte a segnalazione certificata di inizio attività incluse le modalità di presentazione delle segnalazioni o istanze alle pubbliche amministrazioni. In relazione alla scia è stabilito che il provvedimento motivato di sospensione dell'attività intrapresa può essere adottato solo nei casi di attestazioni non veritiere o di pericolo per la tutela di interessi sensibili quali ambiente, paesaggio e salute; la certificazione si presenta presso un unico sportello di regola telematico anche in caso di procedimenti connessi di competenza di altre amministrazioni o di diverse articolazioni interne della precedente; si presenta una scia unica qualora lo svolgimento di attività soggetta sia unica. Con il decreto legislativo 221 del 2016 sono state individuate le attività oggetto di procedimento anche telematico di comunicazione sia di silenzio assenso nonché quelle per le quali è necessario il titolo espresso.
Questo decreto introduce numerose innovazioni in materia edilizia novellando il DPR 380 del 2001 testo unico edilizia e introduce una disciplina unitaria in tema di regimi amministrativi delle attività private. Per quanto concerne invece la concentrazione dei regimi amministrativi si prevede ai sensi dell'articolo 19 bis della legge 241 del 90 che sul sito istituzionale di ciascuna amministrazione debba essere indicato lo sportello unico di regola telematico a cui presentare la segnalazione certificata di inizio attività cosiddetta "scia" anche in caso di procedimenti connessi di competenza di altre amministrazioni oppure di diverse articolazioni interne dell'amministrazione ricevente. Lo Sportello di cui al comma 1 prevede che l' amministrazione che riceve la segnalazione deve trasmetterla immediatamente alle altre amministrazioni interessate al fine di consentire per quanto di loro competenza il controllo sulla sussistenza dei requisiti e dei presupposti per lo svolgimento dell'attività e la presentazione di eventuali proposte motivate per l' adozione dei provvedimenti previsti. Nel caso in cui l'attività oggetto di scia sia condizionata all'acquisizione di atti di assenso comunque denominati o pareri di altri uffici e amministrazioni ovvero alla esecuzione di preventiva verifica l'interessato presenta allo sportello unico la relativa istanza a seguito della quale rilascia ricevuta ai sensi dell'articolo 18 bis della legge 241 del 90.
Il silenzio assenso invece è disciplinato dall'articolo 20 della legge 241 del 90 secondo cui nei procedimenti ad istanza di parte il silenzio dell'amministrazione equivale a provvedimento di accoglimento di detta domanda senza necessità di ulteriori istanze e se la P.A.non ha comunicato nel previsto termine di conclusione del procedimento, il provvedimento di rigetto, ovvero non indice una conferenza di servizi tale termine decorre dalla data di ricevimento della domanda del privato. L'art. 20 comma 4 prevede che il meccanismo del silenzio assenso non si applica per i reati e nei procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente e la difesa nazionale, la pubblica sicurezza e l'immigrazione, l'asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità; né si applica agli atti imposti dalla normativa comunitaria o ai casi in cui la legge qualifica il silenzio come rigetto dell'istanza e nemmeno agli atti e ai procedimenti che le stesse amministrazioni possono successivamente individuare.
Ogni controversia relativa all'applicazione della disposizione in commento è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. L'articolo 17 bis della legge 241 del 90 disciplina nuove forme del silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche. In caso di concerto di competenze dell' amministrazione preposta e la tutela ambientale paesaggistico territoriale dei beni culturali e della salute dei cittadini per l'adozione dei provvedimenti normativi, amministrativi e di competenza di amministrazioni statali o di altre amministrazioni pubbliche in questi casi, a meno che la normativa non preveda termini diversi, i pareri dovranno arrivare entro 90 giorni. Dopodiché anche nel caso specifico si determinerà il silenzio assenso. In relazione all'attività consensuale della pubblica amministrazione si fa riferimento a quei moduli convenzionali di esercizio dell'attività amministrativa con i quali la PA ricerca il consenso del privato destinatario del provvedimento finale. Nell' ambito dell'amministrazione nell'ampio genus dell'attività amministrativa consensuale possono includersi sia modelli contrattualistici sia gli accordi i quali possono essere conclusi sia con un privato che con altre amministrazioni.
L' art 11 della legge 241 del 90 prevede due forme di accordi: gli accordi integrativi e gli accordi sostitutivi.
I primi consistono in accordi conclusi dalla amministrazione procedente con gli interessati al fine di determinare il contenuto del provvedimento. La previsione di tale accordi conferma l'accoglimento legislativo della concezione che considera il procedimento alla stregua di un confronto dialettico tra privati e Pa e il provvedimento come risultante proprio da questo confronto degli accordi sostitutivi mentre gli accordi integrativi precedono il provvedimento.
Gli accordi sostitutivi dei provvedimenti sono soggetti ai medesimi controlli previsti per questi ultimi per sopravvenuti motivi di pubblico interesse. L'amministrazione può recedere da ogni lato all'accordo. In questo caso sarà obbligata a provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatisi in danno del privato. Inoltre ai sensi dell' articolo 133 del codice del processo amministrativo le controversie in materia di formazione e conclusione di esecuzione di accordi integrativi e sostitutivi sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
In relazione agli accordi tra le pubbliche amministrazioni vengono in rilievo gli accordi di programma che sono disciplinati all'articolo 15 della legge 241 del 90 la quale legifera che essi possono essere conclusi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune.
Con gli accordi di programma infatti le pubbliche amministrazioni concordano le modalità di programmazione ed esecuzione di interventi pubblici coordinando le rispettive azioni. A questo strumento si fa ricorso quando la realizzazione di opere di interventi coinvolga più livelli di governo statale regionale provinciale o comunale tale da rendere necessaria una sinergia di azioni e quelli di programma sono disciplinati dall'articolo 34 del decreto legislativo 267 del 2000 oltre che dall'articolo 15 succitato.
L'articolo 34 prevede la possibilità di stabilire procedimenti di arbitrato tra le pubbliche amministrazioni partecipanti all'accordo per la composizione di controversie sorte in sede di esecuzione dello stesso nonché di introdurre forme di interventi surrogatori per eventuali inadempienze di alcuni dei soggetti partecipanti all'accordo e per il presidente della regione, della provincia o per il sindaco contempla la possibilità di convocare una conferenza istruttoria fra i rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate ed inoltre sempre ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 267 del 2000 viene disciplinata la forma, gli effetti e le modalità di pubblicazione dell'accordo, la possibilità di comportare variazioni agli strumenti urbanistici e le istituzioni di un collegio di vigilanza sull'esecuzione dell'accordo di programma. Infine la possibilità di utilizzare l'accordo di programma per l'approvazione di progetti di opere pubbliche comprese nei programmi dell'amministrazione per le quali sono immediatamente utilizzabili i relativi finanziamenti. In questo caso l'approvazione dell'accordo di programma comporta la dichiarazione di pubblica utilità in caso di indifferibilità ed urgenza delle medesime opere e gli accordi di programma vengono promossi dai presidenti delle regioni delle province o dei sindaci che abbiano competenza primaria sull'operato da eseguire nonché ad individuare i soggetti necessari i quali hanno il potere di iniziativa e possono evitare i rappresentanti di altri enti locali ovvero di altre amministrazioni interessate. Ai sensi dell'articolo 1 comma 1 della legge 241 del 90 viene invece introdotto il principio della trasparenza della pubblica amministrazione che è da intendersi come una immediata e facile controllabilità di tutti i momenti e di tutti i passaggi in cui si esplica l'operato della pubblica amministrazione per garantire e favorire lo svolgimento imparziale della stessa. Non a caso sia in dottrina che in giurisprudenza si è parlato di P.A come casa di vetro cioè come attività espletata in una maniera tale che sia conoscibile agli occhi dei cittadini.Prima della legge 241 del 90 mancava un principio generale di trasparenza dell'azione amministrativa. Essa veniva desunta da una serie di altre caratteristiche che facevano dedurre l'esistenza del concetto di trasparenza ancorato alla pubblica amministrazione come la pubblicità del procedimento di formazione degli atti amministrativi e la pubblicazione degli atti terminali del procedimento stesso, l'onere di informazioni e cioè l'onere di fornire dati, notizie chiarimenti a chiunque ne fosse interessato il diritto di ogni interessato ad ottenere copia degli atti amministrativi,il diritto di divisione degli atti ,dei documenti relativi al procedimento. Tra gli strumenti attualmente più importanti per realizzare la pretesa che il cittadino vanta nei confronti della pubblica amministrazione affinché la situazione sia trasparente va senza dubbio evidenziato il diritto di accesso agli atti tra i documenti della P.A. Il concetto di trasparenza si è poi progressivamente evoluto arricchendosi in nuove implicazioni e ponendosi tra i pilastri della riforma che negli ultimi anni hanno inciso sulla fisionomia dell'apparato pubblico. La trasparenza risulta essere il filo conduttore di questo importante intervento normativo con cui il legislatore ha inteso rendere ancora più conoscibile l'organizzazione e l'attività della P.A. Si tratta del decreto legislativo 33 del 2013 testo unico per la trasparenza delle pubbliche amministrazioni che ha raccolto i molteplici obblighi di informazione pubblicizzata e trasparenza gravanti in capo alle amministrazioni.
L'istituto giuridico dell'accesso agli atti
Una delle più notevoli innovazioni del testo unico e' l'introduzione di un nuovo istituto il cosiddetto "accesso civico".
Questo provvedimento a sua volta è stato profondamente inciso dal decreto legislativo 97 del 2016 emanato in attuazione della legge delega 124 del 2015 di riforma della pubblica amministrazione. Si tratta di una norma intesa a razionalizzare e semplificare le disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza.
L'accesso civico a sua volta è stato notevolmente rafforzato tanto che molti in proposito hanno utilizzato l'espressione Freedom of Information Act, nuova forma di accesso civico a dati e documenti pubblici equivalenti a quella dei sistemi anglosassoni. Il diritto di accesso agli atti ai documenti amministrativi è disciplinato nel capo V della legge sul procedimento amministrativo in particolare nell'articolo 22 della legge 241 del 90 che stabilisce che l'accesso ai documenti amministrativi costituisce un principio generale dell'attività amministrativa per favorire la partecipazione e per assicurare l'imparzialità e la trasparenza della pubblica amministrazione. Esso consiste nel diritto di accedere ai documenti amministrativi per quei soggetti privati cittadini che vi abbiano uno specifico interesse.
Quest' ultimo deve essere concreto e personale e capace di tutelare una situazione giuridicamente rilevante ossia i portatori di una situazione qualificata differenziata e tutelare un diritto soggettivo e interesse legittimo di interesse diffuso con conseguente esclusione dei titolari dei meriti ed interessi di fatto. In relazione all'esercizio del diritto di accesso viene in rilievo la posizione dei controinteressati cioè di tutti quei soggetti individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso i loro diritti alla riservatezza. La presenza o meno di controinteressati in relazione ad una richiesta di accesso incide poi sulle modalità di esercizio del diritto. Quanto all'oggetto del diritto di accesso non esiste un'elencazione tipologica e tassativa dei documenti accessibili ma nella legge è fornito una definizione generale.
E' considerato documento amministrativo ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie di contenuto di atti anche interni o non, relativi ad uno specifico procedimento detenuti da una pubblica amministrazione riguardante attività di pubblico interesse indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale. L' articolo 22 comma 1 lettera d della legge 241 del 90 circa le modalità del diritto di accesso espressamente dispone che cosa si intende per documento oggetto del diritto di accesso. Innanzitutto il diritto di accesso si esercita attraverso l'esame e l'estrazione di copia dei documenti amministrativi. La richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata ed essere rivolta all'amministrazione che ha formato il documento e che lo detiene stabilmente. La pubblica amministrazione a cui è indirizzata la richiesta di accesso qualora individui i soggetti controinteressati invita l'interessato a presentare richiesta formale di accesso ed è tenuta a dare comunicazione agli stessi inviando copia mediante raccomandata con avviso di ricevimento oppure per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione. Se dalla natura del documento richiesto non risulta l'esistenza dei controinteressati il diritto di accesso può essere esercitato in via informale mediante richiesta anche verbale all'ufficio dell'amministrazione competente a formare l'atto conclusivo del procedimento e a detenerlo stabilmente. La richiesta è accolta mediante indicazione della pubblicazione contenente le notizie e le esibizioni del documento. Il diritto d'accesso puo' essere espletato anche in via telematica.
Se decorrono inutilmente 30 giorni della richiesta del diritto di accesso la richiesta si intende respinta tuttavia è fatta sempre salva la facoltà per la pubblica amministrazione di differire l' accesso indicando la durata qualora l'accesso stesso possa impedire o gravemente ostacolare lo svolgimento dell'azione amministrativa oppure esporre al rischio gli interessati circa il fatto che le disposizioni riguardanti gli atti sottoposti a segreto mirano a salvaguardare. Gli enti preposti a disporre l'accesso sono le pubbliche amministrazioni intendendo per tali tutti gli apparati organizzativi centrali e periferici dello stato, le regioni, le province, i comuni,le comunità montane le città metropolitane gli enti pubblici in genere.
Nel novero di questi enti pubblici vanno ricompresi anche gli enti pubblici economici relativamente allo svolgimento dell'attività di diritto pubblico nonché il gestore di pubblici servizi. Originariamente l' articolo 23 della legge 241 del 90 parlava di concessionari di pubblici servizi ossia di quei soggetti privati legittimati in virtù di un provvedimento concessorio allo svolgimento di attività pubbliche ma anche le aziende autonome e le aziende speciali. Le prime sono organismi atipici normalmente privi di personalità giuridica dotati di una propria organizzazione amministrativa, le seconde invece sono enti di gestione di pubblici servizi locali dotati di personalità giuridica e di autonomia imprenditoriale e statutaria. Viene riconosciuto il diritto di accesso all'amministrazione dell'Unione Europea . Ai sensi infatti dell'articolo 15 del TFUE cioè del testo unico dell'Unione Europea è previsto che al fine di promuovere il buon governo e di garantire la partecipazione della società civile,le istituzioni,gli organi e gli organismi dell'Unione operano nel modo più trasparente possibile. Qualsiasi cittadino dell'Unione Europea ovvero qualsiasi persona fisica o giuridica abbia la sede sociale in uno stato membro ha il diritto di accedere ai documenti delle istituzioni; le imprese di assicurazione infine sono anch'esse preposte a concedere l'accesso ai documenti amministrativi. Ai sensi infatti della legge 146 attuativa del decreto legislativo 209 del 2005 conosciuto come codice delle assicurazioni private le imprese di assicurazione esercenti l' assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti sono tenuti a consentire ai contraenti e danneggiati il diritto di accesso agli atti a conclusione del procedimento di valutazione alla luce della constatazione e liquidazione dei danni che li riguardano. A questo punto è necessario fare riferimento ai limiti tassativi e ai limiti facoltativi che sono sottesi al diritto di accesso. Per limiti tassativi si intendono quelli indicati tipicamente dal legislatore senza che residui alcun margine di discrezionalità in ordine alla possibilità di accogliere o meno la richiesta da parte della pubblica amministrazione. Se infatti ricorre uno di questi limiti tassativi indicati dal legislatore preposti alla salvaguardia di interessi pubblici fondamentali e prioritari rispetto all'interesse alla conoscenza di atti amministrativi la P.A è obbligata a dare risposta negativa alla richiesta di accesso. Quali sono in definitiva i limiti tassativi che possono essere quindi riscontrati in una procedura o in un'istanza di accesso agli atti amministrativi " Sono i documenti coperti dal segreto di stato i procedimenti previsti dal decreto legge 891 recante norme in materia di sequestro di persona e di protezione dei testimoni di giustizia, i cosiddetti collaboratori di giustizia, i documenti coperti dal segreto di divulgazione e documenti esclusi dal diritto d'accesso per mezzo di appositi regolamenti governativi volti a salvaguardare la sicurezza,la difesa nazionale e le relazioni internazionali,la politica monetaria, valutare l'ordine pubblico e la prevenzione e repressione dei reati, la riservatezza dei terzi,le persone e i gruppi di imprese. Il comma 6 dell'articolo 24 attribuisce poi al governo il potere di limitare ulteriormente il diritto di accesso. In relazione invece ai limiti facoltativi espressamente dispone che essi sono individuati direttamente discrezionalmente dalle singole pubbliche amministrazioni con riferimento ai documenti che devono essere formati o comunque rientranti nella loro disponibilità. In relazione alla previsione dei limiti all'esercizio del diritto di accesso e' necessario distinguere con riferimento al margine di apprezzamento riconosciuto alla pubblica amministrazione. E' necessario distinguere tra rigetto dell'istanza di accesso da quelle di mero differimento. In relazione alla tutela del diritto di accesso il riferimento d'obbligo è agli articoli 25 della legge 241 del 90 e 116 del codice del processo amministrativo. Il relativo giudizio avente ad oggetto una questione riguardante l'accesso ai documenti amministrativi si svolge dinanzi al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva. Il processo si articola in questo modo decorsi inutilmente 30 giorni dalla richiesta di accesso questa si intende respinta e se in caso di diniego o differimento dell'accesso,il richiedente presenta ricorso al TAR si instaura appunto un procedimento amministrativo che inizia tramite ricorso proposto entro 30 giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio mediante notificazione all'amministrazione e ad almeno un controinteressato.
Entro 30 giorni le amministrazioni dovranno rilasciare gratuitamente i dati e documenti richiesti. L' accesso civico generalizzato conosce tuttavia alcune ipotesi di esclusione o limitazione. In particolare esso è rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti a sicurezza pubblica e ordine pubblico sicurezza nazionale difesa, questioni militari, relazioni internazionali, politiche e stabilità finanziaria ed economica dello stato, conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento, regolare svolgimento di attività ispettive. Esso è altresì rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati: protezione dei dati personali, libertà e segretezza della corrispondenza, interessi economici e commerciale di una persona fisica o giuridica ivi compresa la proprietà intellettuale il diritto di autore e i segreti commerciali. L'esclusione dello stesso invece si ha nei casi di segreto di stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge. L'esercizio dell'accesso civico in entrambe le versioni non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente.
Questo profilo è una delle più rilevanti differenze tra tale istituto e l'accesso di cui alla legge sul procedimento amministrativo. L'istanza di accesso civico a sua volta deve identificare i dati, le informazioni i documenti richiesti e non richiede motivazione. Può essere trasmessa anche per via telematica e va presentata alternativamente a uno dei seguenti uffici: all'ufficio che detiene i dati, le informazioni e i documenti e all'ufficio relazioni con il pubblico o ad un altro ufficio indicato dall'amministrazione nella sezione amministrazione trasparente del sito istituzionale, al responsabile della prevenzione della corruzione della trasparenza come l'istanza avente per oggetto dati,informazioni o documenti e oggetto di pubblicazione obbligatoria. Contro il rifiuto al rilascio di dati e documenti il privato cittadino potrà ricorrere al responsabile trasparenza e al difensore civico e o al Tar. La sostanziale differenza tra l'accesso civico e il diritto di accesso ai documenti ex articolo 22 della legge 241 del 90 va ravvisata dell'ampliamento dal punto di vista soggettivo del diritto stesso: la richiesta di accesso infatti non è sottoposta ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente. Contrariamente a quanto affermato nella legge sul procedimento infatti dove il diritto di accesso è riconosciuto ai portatori di un interesse giuridico diretto concreto ed attuale il decreto in esame riconosce a tutti e senza motivazione il diritto di accesso civico in perfetta adesione dunque alla conclamata finalità di estendere il potere di controllo dei cittadini sull'operato della pubblica amministrazione. Mentre la disciplina della legge sul procedimento esclude perentoriamente l'utilizzo del diritto di accesso al fine di sottoporre l'amministrazione ad un controllo generalizzato, il diritto di accesso generalizzato oltre che quello semplice è riconosciuto proprio allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico. Una questione particolarmente controversa riguarda la problematica dei rapporti tra accesso e riservatezza: si tratta di importanti diritti definiti "separati in casa" in quanto aventi il medesimo ambito di applicazione pur essendo allo stesso tempo l'uno il limite dell'altra. Quando infatti ai sensi degli articoli 22 e seguenti della legge sul procedimento amministrativo si chiede di accedere a documenti amministrativi che investono posizioni di soggetti terzi si pone il problema di conciliare il diritto di questi ultimi alla riservatezza dei propri dati personali con il diritto di accesso dell'istante. Il diritto alla riservatezza può in generale definirsi come il diritto di tenere riservate determinate informazioni personali. Si hanno notizie, dati o informazioni la cui diffusione non risponde ad alcun interesse pubblico rilevante.
Queste informazioni possono riguardare sia le persone fisiche come il diritto al rispetto della sfera intima , della personalità sia le persone giuridiche come enti e associazioni e in questo caso si è al cospetto della cosiddetta riservatezza industriale o commerciale. Il legislatore ha risolto codificando una serie di principi guida contenuti sia nella legge sul procedimento che nel codice sulla privacy (decreto legislativo 196 del 2003)modificato dal decreto legislativo 101 del 2018 che ha per lo più armonizzato la disciplina del nostro codice con quella europea nell' intento di trovare nei casi concreti un punto di equilibrio tra accesso e riservatezza.
Si tratta di un sistema di bilanciamento degli opposti interessi che può portare ad una graduazione del diritto di accesso in relazione alla tipologia dei dati personali che nello specifico viene in rilievo. Nella legge 241 del 90 la disposizione di riferimento e' data dall'art 24 che al comma 7 afferma la prevalenza del diritto di accesso in tutte le ipotesi in cui questo è preordinato all'esercizio del diritto di difesa di un interesse giuridicamente rilevante. Deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici.
Tuttavia in caso di documenti contenenti dati sensibili giudiziari l'accesso è consentito nei limiti in cui si è strettamente indispensabile mentre in presenza di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale definiti questi come dati supersensibili o sensibilissimi l'accesso è consentito in base all'articolo 60 del decreto legislativo 196 del 2003 come sostituito dal decreto legislativo 101 del 2018 che si riferisce al trattamento riguardanti dati genetici relativi alla salute la vita sessuale o all'orientamento sessuale delle persone. Il rimando all'articolo 60 del codice della privacy contenuto nell'articolo 24 della legge 241/90 comporta che il trattamento dei dati appena menzionati è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi sia di rango almeno pari ai diritti dell'interessato ovvero consista in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale. Anche l'articolo 59 del codice della privacy conferma questa impostazione prevedendo che i presupposti, le modalità, i limiti per l'esercizio del diritto d'accesso ai documenti amministrativi contenenti dati personali e la relativa tutela giurisdizionale restano disciplinati dalla legge 241 del 90 anche per quello che riguarda i tipi di dati di cui agli articoli 9 e 10 del regolamento e le operazioni di trattamento eseguibili in esecuzione della richiesta di accesso. Mentre i presupposti e le modalità relativi ai limiti per l'esercizio del diritto di accesso civico restano disciplinati dal decreto legislativo 33 del 2013. Come già accennato la riservatezza come limite alla trasparenza si configura sia come riservatezza delle persone fisiche ossia come diritto del singolo di vedere rispettata la propria sfera personale da ingerenze esterne sia come riservatezza di gruppi persone giuridiche enti ed associazioni come ad esempio quelle conoscenze in ambito commerciale che vanno sotto il nome di segreto industriale o di impresa. La riservatezza può essere ricondotta all'articolo 2 della costituzione ed in particolare ai diritti di cosiddetta quarta generazione. Partendo infatti dalla considerazione dell'articolo 2 della costituzione come fattispecie aperta suscettibile cioè di dare tutela anche ai nuovi diritti che progressivamente emergono nel contesto sociale e politico in relazione ai cambiamenti è possibile affermare che essa riguarda una delle più acute richieste di tutela della società contemporanea basti pensare che ai nostri tempi la riservatezza appare sempre più compromessa dalle nuove tecnologie soprattutto quelle informatiche e da mezzi di comunicazione sempre più sofisticati soprattutto per quanto riguarda i dati sensibili degli individui. Ed è proprio l'evoluzione tecnologica che ha portato il legislatore europeo ad innovare la normativa in tema di protezione dei dati personali rivedendo il concetto stesso di sfera privata alla luce della inarrestabile rivoluzione digitale dell'ormai imprescindibile invasione nel mondo virtuale su quello reale. La riservatezza pertanto indica la soglia a partire dalla quale la vita di ogni persona è libera dall'ingerenza altrui consentendo di separare la vita privata della vita pubblica. Questo diritto è riconosciuto nella carta dei diritti fondamentali secondo cui ogni individuo ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, al proprio domicilio e alle proprie comunicazioni. In sostanza ogni persona ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che lo riguardano. La tutela dei dati personali è uno dei principali risvolti della riservatezza.
Ecco perché il termine riservatezza nella odierna era digitale non può essere inteso come la più comune e semplice traduzione dall'inglese privacy sebbene si tende in generale ad usare indifferentemente i due termini.
Si tratta di una problematica molto complessa dagli innumerevoli risvolti in questa sede basta sottolineare che tra le due nozioni riservatezza e privacy sussiste in realtà una differenza ben precisa.
La riservatezza è il diritto alla intimità della propria sfera privata e dei propri dati personali che devono essere salvaguardati dalla curiosità altrui. Essa ha un'accezione prevalentemente negativa intesa come ius excludendi alias ossia il diritto di escludere gli altri della propria vita privata.
La privacy invece diventa un'estensione di questo diritto suscettibile di individuare tutti gli elementi che definiscono l'identità dell'individuo, la sua storia, le sue abitudini e ogni suo status. Nome e cognome, codice fiscale, dati sanitari, dati fiscali, dati giudiziari, busta paga , preferenze religiose o sessuali sono solo alcune delle tipologie di dati considerati dalla legge meritevole di particolare attenzione. Per questo motivo anche il diritto alla privacy può essere considerato un diritto fondamentale della persona meritevole cioè di particolare tutela tanto che una violazione dei dati personali può provocare letteralmente danni fisici materiali o immateriali per esempio un furto di identità ovvero la divulgazione di dati intimi e personali nel caso di persona fisica oppure di dati strettamente riservati di una persona giuridica pensiamo ad esempio al know how di un'azienda sono eventi capaci di produrre dei veri e propri danni ai soggetti che ne sono vittime. Non a caso il nostro codice civile all'articolo 2050 comprende tra l'attività pericolosa anche il trattamento dei dati personali . In questa prospettiva è intuitivo quindi il delicato compito che spetta a chi gestisce e tratta i dati personali : la privacy in questa ottica è sì un diritto fondamentale ma ad esso tuttavia corrisponde in maniera speculare l'obbligo a carico di chi tratta i dati stessi di tutelare e salvaguardare l'inviolabilità di tutti quei dati che compongono l'identità dell'individuo impedendone un uso illecito. Il diritto alla privacy ove legato alla protezione dati personali e al controllo sulla loro circolazione estende la tutela dell'individuo al di là della sfera della vita privata e la trasferisce nella dimensione sociale attribuendo al soggetto che ne è titolare anche il diritto di impedire che vengono divulgate informazioni sulla sua persona nonché di controllare la raccolta e il trattamento delle informazioni stesse fornendogli nel contempo gli strumenti per la tutela di tali informazioni. Pertanto la privacy rappresenta una forma di versione dinamica della riservatezza come strumento a disposizione del singolo per controllare la raccolta, la classificazione e l'uso di quelle informazioni da parte di chi gestisce le banche dati nelle quali i dati stessi sono inseriti e conservati. Questa distinzione è fondamentale per capire l'evoluzione normativa in materia che è culminata nel Gdpr (General data protection regulation) ossia il regolamento Europeo per la protezione dei dati personali operativo in tutta l'Unione Europea dal 25 maggio 2018 in cui il legislatore europeo ha preso atto dei cambiamenti dell'attuale contesto sociale.
A differenza del passato infatti la nuova disciplina Europea si basa su un binomio rappresentato da responsabilizzazione e consapevolezza :responsabilizzazione a carico di chi gestisce i dati personali e li tratta, quindi sia la pubblica amministrazione che enti privati da un lato e dall'altro lato maggiore consapevolezza da parte dei possessori dei dati medesimi ossia i cittadini che vengono messi al centro della nuova cultura digitale. Il regolamento pertanto ha adeguato la disciplina sul trattamento dei dati personali alle moderne tecnologie che ormai sono divenute strumenti di controllo della vita di ciascuno. Questo obiettivo è stato realizzato approntando una normativa più incisiva rispetto a quella del passato a garanzia della libertà degli individui di far conoscere di sé solamente ciò che si vuole fare conoscere. . L'interessato è la persona fisica identificata e identificabile titolare dei dati che è il più importante soggetto che esprime il suo consenso al trattamento dei dati. Per consenso si intende quella manifestazione di volontà libera, specifica, informata e inequivocabile con cui l'interessato manifesta il proprio assenso mediante dichiarazione espressa o azioni positive ed inequivocabili a che i propri dati personali siano trattati secondo disposizioni di legge. L'articolo 7 del regolamento dispone che il titolare del trattamento deve essere in grado di dimostrare che l'interessato ha prestato il proprio consenso al trattamento dei propri dati personali. Tuttavia il diritto di revocare il consenso prestato può essere esercitato in qualsiasi momento ma la revoca non pregiudica la liceità del trattamento offerto sul precedente consenso. Al fine di potere prestare il consenso in modo consapevole l' interessato deve essere prevalentemente notiziato di una serie di informazioni relative al trattamento stesso. A questo scopo e' chiamato a sottoscrivere un' informativa rafforzata che il titolare del trattamento ha l'obbligo di fornire all'interessato affinché questo manifesti il suo consenso.
Tra le numerose informazioni da fornire ai sensi dell'articolo 13 del gdpr rivelano l'identità e i dati di contatto del titolare del trattamento ; i dati di contatto del responsabile della protezione dei dati e le finalità del trattamento a cui sono destinati i dati personali nonché la base giuridica del trattamento. Gli eventuali destinatari o le eventuali categorie di destinatari dei dati personali, il periodo di conservazione dei dati personali ovvero il criterio per determinarlo, l'esistenza del diritto dell'interessato di chiedere al titolare del trattamento l'accesso ai dati personali e la rettifica o la cancellazione degli stessi.
Se i dati personali non sono raccolti direttamente presso l'interessato nell'informativa devono essere obbligatoriamente indicate le categorie di dati personali in questione. L'interessato a sua disposizione gode di una serie di diritti: il diritto di accesso che si identifica col diritto di chiedere al titolare la conferma che sia o meno in corso un trattamento di dati personali che lo riguardano in questo caso ha diritto di ottenere l'accesso ai dati personali e alle informazioni indicate come le finalità del trattamento le categorie di dati personali in questione i destinatari o le categorie di destinatari a cui i dati personali sono stati o saranno comunicati; qualora i dati non sono raccolti presso l'interessato tutte le informazioni disponibili sulla loro origine e l'esistenza di un processo decisionale automatizzato. Il titolare del trattamento fornisce una copia dei dati personali oggetto di trattamento ma in ogni caso il diritto di ottenere una copia incontra il limite di non dovere ledere i diritti e le libertà altrui.
L'interessato ha anche il diritto alla cancellazione ovvero cosiddetto diritto all'oblio che si aggiunge al diritto dell'interessato ad ottenere dal titolare la rettifica dei dati personali inesatti che lo riguardano senza ingiustificato ritardo nonché l'integrazione dei dati personali incompleti. Il diritto all'oblio specificamente consiste nel diritto dell'interessato di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza giustificato ritardo e dell'obbligo del titolare del trattamento di cancellare senza giustificato ritardo i dati personali in presenza di uno dei seguenti motivi giustificativi: i dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti e non sussiste alcun motivo legittimo prevalente per procedere al trattamento di dati personali . È titolare del diritto alla portabilità dei dati inteso come diritto per l' interessato di ricevere i dati personali forniti ad un titolare in un formato strutturato di uso comune e leggibile da dispositivo elettronico con la possibilità di trasmetterlo a un altro titolare del trattamento senza impedimenti. Il diritto di opposizione invece consiste nel diritto dell' interessato di opporsi in qualsiasi momento per motivi connessi alla sua situazione particolare al trattamento dei dati personali che lo riguardano.
Questa previsione però non si applica nel caso in cui la decisione sia necessaria per la conclusione o l'esecuzione di un contratto tra l' interessato e un titolare del trattamento La nuova disciplina prevede una serie di figure coinvolte a vario titolo e con differenti attribuzioni nella complessa materia di gestione del trattamento dei dati: il titolare, il responsabile e incaricati.
Il titolare del trattamento è colui che determina le finalità e i mezzi del trattamento di dati personali specificamente si può trattare di una persona fisica anche di una persona giuridica di un'autorità pubblica o di un servizio. Un altro organismo che opera singolarmente insieme ad altri soggetti è il responsabile. Questa figura corrisponde pertanto ad un soggetto che ha la piena responsabilità di controllare che i dati vengano trattati in modo appropriato e sicuro e nel rispetto della legge.
Possono essere nominati poi incaricati del trattamento solo sotto la diretta autorità del responsabile del trattamento i quali hanno accesso ai dati secondo le istituzioni impartite in seguito ad una designazione che va sempre fatta per iscritto. Il regolamento analizza specificamente due aspetti essenziali propri della figura del titolare: la responsabilizzazione e la valutazione del rischio. La responsabilizzazione consiste nell'obbligo del titolare di mettere in atto misure tecniche organizzative adeguate per garantire ed essere in grado di dimostrare che il trattamento sia effettuato conformemente alla normativa europea.
La valutazione del rischio che invece si basa sulla misura della responsabilità del titolare secondo cui il rischio legato al trattamento consiste nell'impatto negativo che il trattamento potrebbe avere sulla libertà dei diritti degli interessati. In particolare i considerando degli articoli 75 e 76 del regolamento ci aiutano a comprendere cosa si intende per rischio: i rischi per i diritti e libertà delle persone fisiche possono derivare da trattamenti dei dati personali suscettibili di cagionare un danno fisico materiale o immateriale per esempio quando dal trattamento derivano discriminazioni ovvero un furto o un'usurpazione di identità ovvero una perdita finanziaria ovvero pregiudizio alla reputazione, ovvero perdita di riservatezza dei dati personali protetti da segreto professionale eccetera.
La valutazione del rischio deve essere fatta per ogni singolo trattamento e in presenza di possibili rischi elevati il titolare dovrà individuare le misure specifiche richieste per attenuare o eliminare il rischio.
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