Il custode è un ausiliario del giudice nominato quando si debba provvedere alla conservazione e amministrazione di beni pignorati o sequestrati

Chi è il custode ausiliario del giudice

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Il custode è uno degli ausiliari del giudice e la sua figura è prevista dal codice di procedura civile per i casi in cui sia necessario nominare un soggetto cui demandare, principalmente, i compiti di conservazione e amministrazione dei beni sequestrati o pignorati nel corso di un procedimento giudiziario.

La disciplina generale dei compiti, dei poteri e delle responsabilità del custode è individuata dagli artt. 65, 66 e 67 c.p.c., mentre altre norme di dettaglio, ad esempio nella parte del codice dedicata al processo esecutivo, specificano ulteriormente obblighi e divieti afferenti a tale incarico.

La nomina del custode e il suo compenso ex art. 65 c.p.c.

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La nomina di un custode si rivela necessaria ogni qual volta, nel corso della procedura, vi siano dei beni sottoposti a pignoramento o sequestro. Va ricordato, innanzitutto, che il custode può anche non essere un soggetto estraneo al procedimento: si pensi a quanto disposto dall'art. 559 c.p.c., che, nell'ambito della disciplina dell'espropriazione immobiliare prevede che, all'atto del pignoramento, il debitore è costituito custode dei beni pignorati (salvo successiva nomina a custode del professionista delegato alla vendita, se ciò risulti necessario per la gestione e conservazione del bene).

La nomina del custode può essere fatta dal giudice istruttore, dall'ufficiale giudiziario o discendere direttamente da una previsione normativa, come nel caso appena citato.

Lo stesso giudice che provvede alla nomina, o il giudice dell'esecuzione nel caso di nomina disposta dall'ufficiale giudiziario, provvede con decreto anche a determinare il compenso relativo a tale incarico (cfr. art. 65 c.p.c., secondo comma).

I poteri del custode quale ausiliario del giudice

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Mentre per la conservazione del bene pignorato o sequestrato sono sufficienti poteri che la dottrina definisce "minimi" (pagamento delle spese, incasso dei canoni di locazione), è da ritenersi che per gli atti di amministrazione sia necessaria l'autorizzazione del giudice, come si evince, ad esempio, dall'art. 560 c.p.c., che, nella nuova formulazione prevista dalla Riforma Cartabia, al quinto comma dispone che il custode giudiziario provvede alla gestione dell'immobile pignorato "previa autorizzazione del giudice dell'esecuzione".

Ciò detto, va rilevato che tale autorizzazione può essere conferita in generale nel provvedimento di incarico (ad es. il potere di concedere in locazione il bene) o essere concessa di volta in volta, su richiesta del custode, per specifiche esigenze di straordinaria amministrazione.

Tra i poteri del custode vi è anche quello di esercitare, ove autorizzato, le azioni giudiziarie a tutela della conservazione del bene.

La sostituzione del giudice ex art. 66 c.p.c.

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L'art. 66 c.p.c. disciplina la sostituzione del custode, che può essere disposta dal giudice in ogni momento con ordinanza non impugnabile, di sua autonoma iniziativa o su istanza di parte.

Sebbene si tratti di una decisione discrezionale appannaggio del giudice, la giurisprudenza prevalente ritiene comunque che alla base di tale provvedimento debba esserci un fondato motivo, quale ad esempio l'inadempimento da parte del custode ad uno degli obblighi cui è tenuto per legge.

Il potere di sostituzione del custode rientra nel più generale potere di direzione e controllo da parte del giudice sui suoi ausiliari.

La responsabilità del custode, in ambito civile e penale, ex art. 67 c.p.c.

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L'art. 67 c.p.c., invece, disciplina la responsabilità del custode, che può avere profili sia civili che penali.

In particolare, il custode che non esegue il suo incarico può essere condannato dal giudice ad una pena pecuniaria che consiste nel pagamento di una somma da 250 fino a 500 euro.

Il custode, inoltre, è tenuto al risarcimento dei danni cagionati alle parti o a terzi, qualora risulti che non abbia esercitato la custodia con la diligenza del buon padre di famiglia (si pensi, ad esempio, al mancato adempimento ai doveri di cui all'art. 560 c.p.c., riguardo ai quali vi rimandiamo al nostro apposito approfondimento).

Perché si concreti tale circostanza, occorre che la parte danneggiata o il terzo provino il danno e la sua imputabilità al custode (da ricondursi, secondo dottrina prevalente, nell'ambito della responsabilità extracontrattuale), mentre sul custode ricade la dimostrazione di aver agito con la dovuta diligenza.

Per quanto concerne, infine, la responsabilità penale del custode, va innanzitutto ricordato che, ai sensi dell'art. 357 c.p., quest'ultimo è da considerarsi pubblico ufficiale. Sotto tale profilo, il custode può essere considerato penalmente responsabile per la violazione colposa dei doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a pignoramento o a sequestro (v. artt. 388 e 388-bis c.p.).


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