Cassazione: per integrare il reato di cui all'art. 600 quater I comma c.p. non è necessario il download

Cloud Storage e materiale pedopornografico

L'art. 600 quater I comma del codice penale prevede che chiunque, al di fuori delle ipotesi più gravi previste dall'art 600 ter (Pornografia minorile), consapevolmente si procura o detiene materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa non inferiore ad euro 1549 (la pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale detenuto sia di ingente quantità).

La Cassazione ha ribadito che integra la detenzione penalmente rilevante ai sensi della predetta disposizione, la disponibilità di files di contenuto pedopornografico archiviati sul cloud storage di una chat di gruppo ed accessibili per il tramite delle proprie credenziali da parte di ogni componente che abbia ad essa consapevolmente preso parte (Cassazione penale Sez. II n. 36572/2023).

Non può, infatti, prescindersi dal rilievo che, una volta che il file vengano immessi su una chat gruppo da qualunque partecipante e conseguentemente salvati sul cloud della chat stessa, diventano automaticamente fruibili da qualunque altro partecipante che, accedendo liberamente alla cartella dei media ivi archiviati, può sia limitarsi a visionarli sia, invece, disporne condividendoli con altri soggetti.

Pertanto, una volta ricondotta la detenzione penalmente rilevante nell'alveo della libera fruibilità dei file nei termini illustrati in premessa, e dunque al di là della relazione materiale tangibile tra la persona fisica e il bene, non vi è alcuna differenza tra un'operazione di download dei file fatta sul proprio cellulare o su altro dispositivo informatico nella propria disponibilità materiale, e l'accesso incondizionato ad un archivio condiviso tra i partecipanti ad una chat collettiva, ottenuto per il fatto stesso della propria partecipazione consapevole al gruppo telematico.

In entrambi i casi, infatti, l'agente ha la piena ed incondizionata possibilità di fruire del materiale archiviato, indipendentemente dal fatto che sia stato lui stesso od altri ad aver effettuato l'operazione di salvataggio, venendo conseguentemente a realizzarsi nel caso di materiale pedopornografico, il rapporto diretto tra l'imputato e l'oggetto illecito.

Dunque, nell'ipotesi in cui il materiale pedopornografico non sia contenuto nella memoria del cellulare, bensì all'interno del cloud abbinato alla chat, quindi in uno spazio virtuale costituito dalla cartella dei media condivisi dal gruppo alla quale può accedere chiunque sia in possesso delle credenziali di accesso, si è di fronte al reato punito dall'articolo 600 quater primo comma e non dal reato meno grave di cui al terzo comma il quale prevede che chiunque, mediante l'utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione, accede intenzionalmente senza giustificato motivo ha materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa non inferiore ad euro 1000.

Come chiaramente e giustamente previsto dal legislatore, è necessaria la presenza della consapevolezza di procurarsi o detenere il materiale pedopornografico.

La dimostrazione di tale consapevolezza, che rileva sul piano dell'elemento psicologico del delitto ex articolo 600 quater I comma c.p., grava conseguentemente sull'organo dell'accusa e di essa deve dare puntualmente conto il giudice nel pronunciare l'eventuale sentenza di condanna.

Avv. EMANUELE CROZZA

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