Investigando il requisito di determinatezza del trattamento sanitario della c.d. legge "green pass" si mostra che tale requisito è assente e si conclude sulla sua incostituzionalità

Green pass e incostituzionalità

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Questo lavoro investiga il requisito di determinatezza del trattamento sanitario della c.d. legge "green pass"; mostra che tale requisito è assente e conclude sulla sua incostituzionalità.

L'art 32 della Costituzione prevede che il trattamento sanitario oggetto di un obbligo di legge debba essere "determinato". "Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per legge." E quindi, "qualcuno può essere obbligato per legge ad un trattamento sanitario determinato."

Ne segue che l'obbligo vaccinale è compatibile con l'art 32, ma non certo che lo sia anche il "green pass", come alcuni qualificati studiosi di giurisprudenza ritengono di poter dedurre.

Lo scrivente sostiene che questa legge fallisce nel determinare l'oggetto dell'obbligo perché lascia al singolo la determinazione del trattamento. Per questa ragione è in violazione dell'art 32 della Costituzione.

Chiamiamo questa violazione "indeterminatezza disgiuntiva" perché causata dalla disgiunzione (opzione) tra due trattamenti sanitari ciascuno dei quali è determinato.

Ricordiamo in sintesi l'impianto logico della legge: "l'accesso a importanti relazioni civili e sociali è condizionato alla somministrazione di un trattamento sanitario a scelta tra vaccino Covid-19 e tampone entro le 48h".

Secondo i giuristi favorevoli al green-pass "siccome ciascuno dei due trattamenti sanitari è coercibile singolarmente, non può non essere coercibile la scelta tra i due" (nda, il virgolettato è dell'autore).

A volte questo teorema si presenta in una forma leggermente modificata: "siccome il trattamento più incisivo (vaccino) è coercibile, l'opzione con un trattamento meno incisivo (tampone) non può non esserlo, anzi lo è a maggior ragione."

Merita riferire che almeno un professore, molto autorevole, ha avuto il garbo di indicare allo scrivente un fondamento per questo giudizio assai sintetico, e precisamente "chi può di più può anche di meno," che secondo il suo intendimento avrebbe dovuto chiarire tutto ciò che fosse ancora necessario.

Si cercherà di mostrare l'invalidità di questo teorema.

Il versante ascendente che va dal teorema ai suoi fondamenti sembra impraticabile; nessuno pare attratto dalla necessità di giustificare questo teorema che deve apparire fornito di assoluta evidenza. Ci adeguiamo.

Dal teorema alle conseguenze necessarie

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Proviamo allora a discendere dal teorema verso le sue conseguenze necessarie.

Concediamo dunque il teorema, che tanto sembra imporsi da sé, e applichiamolo ad una versione immaginaria della legge sul green-pass in cui viene aggiunto al vaccino ed al tampone, un trattamento sanitario dopo l'altro - per esempio, l'aspirina dopo i pasti, il vaccino antinfluenzale, ecc. - ciascuno indipendente ed in alternativa ai precedenti, in un progresso infinito che decidiamo di interrompere solo quando ci sia accordo che la totalità delle opzioni avrà raggiunto un numero tale di trattamenti da far dileguare ogni evidenza sulla chiarezza del trattamento a cui sottoporsi, rendendo la legge in contrasto con l'art 32. Non dovrebbe essere difficile convincersi della raggiungibilità di tale punto.

In virtù del teorema sotto indagine, ogni opzione aggiunta non lederebbe la costituzionalità della legge, anzi la rafforzerebbe; ma giunti al punto menzionato la costituzionalità che viene dedotta dal teorema si trasformerebbe improvvisamente in incostituzionalità; questo significa che assumere il teorema porta ad una contraddizione, che suggerisce l'esistenza di una fallacia.

Dove si troverebbe questa fallacia?

E' ben nascosta dietro la "magnanimità" con cui si presenta la legge, che pur trovandosi nella possibilità di imporre un obbligo vaccinale schietto, senza valicare i limiti costituzionali, è così benevola e rispettosa della libertà dei cittadini, da offrire la possibilità di scelta; in questo modo l'ideatore della legge sembra non accorgersi che il sentiero indicato dal contrassegno di una maggiore libertà di scelta non porta affatto verso una maggiore costituzionalità, perché tale sentiero è contrassegnato anche da una maggiore indeterminatezza del trattamento sanitario, che porta nella direzione esattamente opposta.

Sarebbe tutto più evidente se la legge del green-pass fosse così formulata: "Condizione per ottenere il certificato verde è la somministrazione di un trattamento sanitario estratto a sorte tra vaccino Covid-19 e tampone entro le 48h." In questo caso, balzerebbe subito agli occhi la violazione del requisito di determinatezza dell'obbligo sanitario, quasi che il lancio di un dado manifestasse minore capacità di determinare un risultato di quanto farebbe invece la libera facoltà di un individuo. Trattasi di un'illusione perché tale distinzione è irrilevante ai fini dell'art. 32 giacché in entrambi i casi il trattamento sanitario non è determinato dalla legge.

Pensare all'indeterminatezza solo come povertà di contenuti e non anche come pluralità di contenuti disgiunti è ingiustificato visto che in entrambi i casi non si determina nulla.

Per rendere la cosa ancora più evidente spingiamo sul ragionamento e mettiamo a confronto due leggi ipotetiche; una che prescrive l'obbligo ad un trattamento sanitario qualsiasi a scelta; e l'altra che lo estrae a sorte.

Entrambe violerebbero con la massima evidenza il requisito di determinatezza, ma mentre la prima sarebbe massimamente innocua, la seconda… una roulette russa.

Il punto debole della legge green pass

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Questo accade perché la determinatezza di un obbligo sanitario nulla ha a che vedere con la sua incisività. Avere confuso le due cose e pensato di poter "barattare" la determinatezza con la libertà di scelta è il punto debole della legge del green pass.

Una volta che il soggetto dell'obbligo sanitario è stato individuato, e sperabilmente nel rispetto dei criteri di non discriminazione - ma questo è un altro tema - solo la legge può determinarne l'oggetto. Non può farlo un dado; non può farlo un datore di lavoro; e non può farlo il soggetto stesso!

Consentire al soggetto dell'obbligo il privilegio di derogare a questa regola in virtù di un principio di libertà, alquanto ironico nel caso del "green pass", richiederebbe il presupposto che si consideri migliorativo muoversi all'interno di uno spazio di due opzioni sanitarie, nel cui perimetro si è stati confinati per coercizione, invece di essere costretti a mantenerne una "determinata". Ma ammettiamo pure questo presupposto; senza concederlo però, giacché sono numerosissimi i casi in cui è tutt'altro che evidente. Resta il fatto che una valutazione completa richiederebbe che si considerino tutti i fattori in gioco; il privilegio di muoversi in uno spazio meno ristretto deve fare i conti con il suo costo occulto. Lo si capisce bene quando si passa a parlare di responsabilità.

Il trattamento sanitario determinato vede nella responsabilità determinata dello Stato il suo naturale correlato. Venendo meno il primo, viene meno il secondo. Il soggetto non può non scegliere, ma nel momento in cui lo fa diventa corresponsabile degli esiti, che nel caso del "green pass" si traduce in minore forza giuridica per pretendere un rimborso spese o un risarcimento per danni sanitari. Ecco il costo occulto, che i sostenitori del "chi può di più può anche di meno" trascurano completamente.

Avere acceso un faro su questo aspetto era quanto si desiderava premettere per procedere con la seconda parte dell'argomento, più costruttiva, che si propone di stabilire un confine chiaro tra il determinato e l'indeterminato.

Il green pass prescrive un obbligo indeterminato per cui è incostituzionale

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Se congiungere un contenuto ad un altro porta ad un aumento di determinazione, disgiungerlo porta ad una diminuzione. Ma in entrambi i casi, senza un criterio che stabilisca cosa si intenda per trattamento determinato, cento specificazioni potrebbero non bastare a definirlo in maniera sufficiente, così come due opzioni alternative potrebbero risultare già "troppe".

La determinatezza di un trattamento sanitario, così come quella di un qualsiasi altro concetto empirico, ha un limite trascendentale, come la divisibilità della materia; non si raggiunge mai una fine. Lo stesso vaccino Covid-19, per quanto sia determinato, resta pur sempre indeterminato nel marchio del siero, ecc.; ciononostante, nessuno negherebbe al protocollo sanitario di vaccinazione il possesso di una sufficiente determinazione; stessa cosa dicasi per il tampone.

Sembra quindi che ci sia un punto oltre il quale un'ulteriore specificazione appare oggettivamente inutile. Ma quale può essere questo punto se non quello in cui due istanze della stessa determinazione vengono ritenute equivalenti, così che procedere a distinguerle ulteriormente non produce effetti sostanziali?

Ma, possono, il vaccino Covid-19 ed il tampone ogni 48/72h, essere ritenuti equivalenti? Queste due opzioni si possono considerare equivalenti come fossero due vaccinazioni, una con il siero Pfizer e l'altra con Moderna?

Evidentemente no. E quindi il c.d. "green pass" prescrive un obbligo indeterminato, e pertanto è incostituzionale. Questo completa la dimostrazione.

Conclusioni

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In conclusione di questo lavoro, riassumiamo quanto è stato fatto.

Prima abbiamo dimostrato l'infondatezza di poter negoziare la determinatezza di un trattamento sanitario in cambio della libertà ad optare sulla parte indeterminata; in questo modo abbiamo sgomberato il campo dai falsi princìpi che ci ingannavano facendoci credere di poter sostenere la legittimità della legge.

Ciò però, non era sufficiente a giudicare indeterminato il "green pass". Per farlo abbiamo dovuto abbandonare la logica dei princìpi e mettere a confronto nella fattispecie le due opzioni previste dalla legge, il vaccino ed il tampone.

Dal loro accostamento è apparsa immediatamente chiara la loro incompatibilità ai fini di essere considerate due istanze equivalenti di una stessa determinazione, evidenza che ha concluso la dimostrazione.

Questo era quanto si voleva dimostrare e si spera di avere fatto.

"[…] Altrove ho paragonato questo ragionamento ad un ammalato, a cui il medico abbia consigliato di mangiar frutta e che abbia davanti a sé ciliegie o prugne o uva, ma che per pedanteria intellettualistica rifiuti di prenderle, perché esse non sono "frutta", ma ciliegie, prugne o uva".

Hegel, Introduzione alla storia della filosofia.


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