Voto unico per il Sindaco del Comune Capoluogo e della città metropolitana: la Corte Costituzionale passa la palla al legislatore

Elezione sindaco città metropolitane

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Il Sindaco della città metropolitana in Sicilia coincide con quello del Sindaco del Comune Capoluogo, lo è in virtù di un meccanismo che priva gli elettori del diritto di scelta e di voto, in violazione di principi fondamentali come quello democratico e di eguaglianza. Il Sindaco della città metropolitana infatti coincide con quello del Comune Capoluogo e lo diventa in automatico, dopo l' elezione di quest'ultimo. Una normativa che, pur in contrasto con la Costituzione, non spetta però alla Consulta modificare la legge con un intervento manipolativo, ma solo al legislatore nell'esercizio della sua discrezionalità. Queste le conclusioni contenute nella sentenza n. 240/2021 della Corte Costituzionale (sotto allegata).

Voto unico per il sindaco del capoluogo e della città metropolitana

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La Corte d'appello di Catania solleva questioni di legittimità costituzionale degli artt. 13, comma 1, e 14 della legge della Regione Siciliana 4 agosto 2015, n. 15 (Disposizioni in materia di liberi Consorzi comunali e Città metropolitane) sostituiti dall'art. 4, commi 1 e 2, della legge della Regione Siciliana 29 novembre 2018, n. 23 (Norme in materia di enti di area vasta), e dell'art. 1, comma 19, della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), per violazione degli articoli 1, 2, 3 e 48, 5, 97 e 114 della Costituzione.

Il giudizio di cognizione sommaria che è alla base di tale ricorso è stato instaurato da un elettore per il quale il combinato disposto delle due norme censurate è illegittimo perché "stabilendo un meccanismo di identificazione ratione officii tra il sindaco del Comune capoluogo e il sindaco della Città metropolitana" nel caso di specie il Comune di Acicastello e la Città metropolitana di Catania, si pone in contrasto con il principio democratico che riguarda anche le autonomie locali perché è previsto un trattamento diversificato per i cittadini del Comune capoluogo delle città metropolitane che eleggono l'organo rappresentativo del Comune e quello dell'ente intermedio (rispetto ai cittadini di un Comune non capoluogo), con conseguente violazione del loro diritto di voto, in contrasto con gli articoli 3 e 48 della Costituzione.

Al legislatore risolvere la questione

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La Consulta nella motivazione della sentenza con cui dichiara l'inammissibilità del ricorso, evidenzia che il ricorso muove da un presupposto che non è privo di fondamento in quanto le disposizioni oggetto di censura, che stabiliscono che il sindaco metropolitano è di diritto anche il sindaco del Comune capoluogo, non sono regole elettorali perché non individuano il presupposto o i termini di svolgimento di un procedimento elettivo, né una determinata formula elettorale.

Le cesure sollevate tuttavia per la Corte Costituzionale, sono inammissibili per le ragioni che si vanno a illustrare.

L'immedesimazione tra sindaco del Comune capoluogo e sindaco metropolitano non è contenuta solo dalle disposizioni oggetto di censura ma anche da quelle in cui si prevede che "qualora il sindaco metropolitano cessi dalla carica per cessazione dalla titolarità dell'incarico di sindaco del proprio comune, il vicesindaco rimane in carica fino all'insediamento del nuovo sindaco metropolitano."

Occorre quindi rilevare che "la designazione del sindaco metropolitano consegue, come effetto disposto direttamente e automaticamente dalla legge, al compiersi di un diverso procedimento elettorale, quello per l'elezione del sindaco del Comune capoluogo, in sé conchiuso e che è l'unico rispetto al quale si assiste alla espressione del voto della collettività locale."

L'ordinanza di remissione però muove da un presupposto erroneo, perché in pratica chiede alla Corte di estendere ai cittadini che risiedono in Comuni non capoluogo una disciplina in grado di consentire l'elezione diretta del sindaco metropolitano.

Intervento manipolativo che è precluso alla Consulta, perché finalizzato a introdurre una nuova disciplina elettorale, la cui competenza spetta solo "al legislatore nella sua discrezionale valutazione con specifico riferimento agli aspetti anche di natura politica che connotano la materia elettorale."

Anche la censura con cui la Corte di Appello deduce l'illegittimità costituzionale delle disposizioni regionali per violazione della parità di trattamento in materia di diritto di voto dei cittadini di comuni capoluogo compresi in un'area metropolitana rispetto ai cittadini di comuni non capoluogo compresi in un'area provinciale vasta, tende a ottenere un esito manipolativo, pretendendo soluzioni che in realtà possono essere attuate solo dal legislatore in base alla sua discrezionalità.

Nel dichiarare l'inammissibilità delle questioni sollevate precisa la Consulta precisa quindi che è evidente come "il sistema attualmente previsto per la designazione del sindaco metropolitano non sia in sintonia con le coordinate ricavabili dal testo costituzionale, con riguardo tanto al contenuto essenziale dell'eguaglianza del voto, che riflette l'eguale dignità di tutti i cittadini e (…) concorre inoltre a connotare come compiutamente corrispondente alla sovranità popolare l'investitura di chi è direttamente chiamato dal corpo elettorale a rivestire cariche pubbliche rappresentative (...), quanto all'assenza di strumenti idonei a garantire meccanismi di responsabilità politica e il relativo potere di controllo degli elettori locali."

Scarica pdf Corte Costituzionale n. 240/2021

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