La Corte di Cassazione fa chiarezza sulla distinzione tra notifica nulla e notifica inesistente del decreto ingiuntivo e sulle conseguenze circa l'efficacia dell'atto

I rimedi per la notifica inesistente o nulla del decreto ingiuntivo

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Con la sentenza n. 28573/2021, pubblicata il 18 ottobre 2021 (sotto allegata), la Corte di Cassazione ha fatto luce sulla differenza tra notifica nulla e notifica inesistente del decreto ingiuntivo, evidenziando le conseguenze procedurali che derivano da tale distinzione.

La vicenda trae origine da un caso di decreto ingiuntivo da notificare oltre i confini nazionali nei confronti di uno Stato estero, al fine di ottenere il pagamento di una commessa di lavori pubblici svolti da un'azienda italiana.

La notifica dell'atto in questione veniva effettuata via posta, tramite corriere internazionale. La consegna, però, veniva effettuata presso il Ministero della Giustizia del Paese estero, laddove il debitore risultava invece essere lo Stato, in qualità di committente dei lavori.

Per questa ragione, lo Stato estero, che successivamente era venuto a conoscenza dell'atto, agiva in giudizio per far dichiarare l'inefficacia del decreto ingiuntivo, poiché la notifica non risultava eseguita ai sensi dell'art. 644 c.p.c. A tal fine, proponeva ricorso ex art. 188 disp. att. c.p.c., ritenendo la notifica inesistente.

In aggiunta, proponeva anche opposizione tardiva contro il decreto ingiuntivo ex art. 650 c.p.c., sul presupposto che la notifica, qualora da considerarsi esistente, fosse comunque irregolare in quanto nulla.

È proprio questo il cuore della questione: la differenza tra notifica inesistente e notifica nulla. Le due patologie vanno fatte valere con due procedimenti differenti, come abbiamo appena visto, e danno origine a conseguenze diverse.

Infatti, con l'art. 188 disp. att. c.p.c. si mira a far valere l'inesistenza della notifica che comporta l'inefficacia del decreto ingiuntivo "a tutti gli effetti".

Con il rimedio previsto dall'art. 650 c.p.c., invece, si instaura un normale giudizio di cognizione, analogo all'ordinaria opposizione a d.i. ex art. 645 c.p.c., in cui va accertata la validità del credito.

Come vedremo oltre, la Corte di Cassazione (successivamente adita dalle parti) offre un'interessante ricostruzione di tale distinzione. Ma andiamo con ordine e vediamo come si è svolta la vicenda nei primi gradi di giudizio.

La vicenda in oggetto

Respinte entrambe le richieste in primo grado (e quindi ritenuta esistente, valida e tempestiva la notifica eseguita presso il Ministero estero), la Corte d'Appello successivamente adita riteneva esistente ma nulla la notifica, poiché il Ministero era considerato un ente semplicemente ricollegabile, ma pur sempre diverso, dallo Stato.

Ammetteva perciò l'opposizione tardiva, ma respingeva comunque nel merito le richieste del ricorrente nel conseguente giudizio di cognizione.

A questo punto, il Paese estero debitore adiva la Corte di Cassazione per vedere riconosciute le proprie ragioni e in particolare per ottenere la declaratoria di inesistenza della notifica.

Notifica nulla o inesistente: differenze

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Con la sentenza in oggetto, che trovate allegata in fondo all'articolo, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso dello Stato estero, cogliendo l'occasione per evidenziare alcuni aspetti che distinguono una notifica nulla da una inesistente.

La questione è particolarmente importante perché, come ricorda la Corte, se la notifica viene considerata nulla diventa ammissibile l'opposizione tardiva, che dà accesso ad una fase di cognizione nel merito.

Invece, quando viene dichiarata l'inesistenza della notifica, l'atto di ingiunzione diviene inefficace poiché, in sostanza, si ritiene che il creditore non abbia avuto interesse a proseguire nel suo intento recuperatorio. Di conseguenza, alla dichiarazione di inesistenza non consegue alcuna fase di cognizione nel merito.

Cassazione e notifica decreto ingiuntivo

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Al riguardo, la Corte ha rilevato che "la nozione di inesistenza della notificazione di un atto giudiziario è configurabile nei casi di totale mancanza materiale dell'atto, nonché nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità."

"Tali elementi" - prosegue la Suprema Corte - "consistono: a) nell'attività di trasmissione, che deve essere svolta da un soggetto qualificato e dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall'ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi ex lege eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l'atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa".

Sul punto la Corte richiamava anche le precedenti sentenze Cass. SS.UU. n. 14916 del 2016 e n. 29729 del 2019.

Nel caso concreto, la Corte ha accolto il ricorso, ritenendo inesistente (e non nulla) la notifica del d.i., poiché non effettuata presso i soggetti pubblici identificati da apposita convenzione internazionale (diversi dal Ministero), e pertanto da considerarsi «meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa», difettando quindi l'elemento essenziale della consegna dell'atto al destinatario.

Scarica pdf Cass. n. 28573/2021

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