Principali differenze tra i reati di estorsione ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni secondo la recentissima sentenza a Sezioni Unite della Cassazione

Reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni

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Il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle persone, disciplinato dall'art. 393 del codice penale, trova la sua ratio nella tutela del cosiddetto monopolio giudiziario della risoluzione delle controversie tra privati, ed ha come obiettivo quello di non lasciare spazio alla giustizia privata.
La fattispecie delittuosa in esame può essere, altresì, considerata come un reato proprio, anche se l'espressione "chiunque" contenuta nella norma potrebbe trarre in inganno; d'altronde, in numerosi reati propri (rectius la falsa testimonianza) il soggetto attivo è indicato come chiunque.
Pertanto, nell'art. 393 tale espressione è usata solo per di indicare il soggetto che potrebbe ricorrere al giudice al fine di esercitare il suo buon diritto.

Reato di estorsione

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Per quanto riguarda, invece, il reato di estorsione, disciplinato dall'art. 629 del codice penale, trova il proprio fondamento non solo nella necessità di tutelare il patrimonio individuale, ma anche la libertà di autodeterminazione del singolo.
È molto importante sottolineare che nel caso del reato in esame la condotta del reo deve necessariamente consistere in una costrizione caratterizzata dalla violenza o dalla minaccia.
In relazione alla violenza, essa deve essere tale da non costringere completamente la volontà della vittima, in caso contrario, infatti, si configurerebbe la rapina; la minaccia, invece, va intesa come la prospettazione di un male ingiusto e notevole.
Altri aspetti del delitto in esame sono la realizzazione di uno stato di coazione psichica della vittima, anche se non assoluta; il compimento di un atto di disposizione patrimoniale, sia positivo che negativo; la produzione di un danno ingiusto ad un altro soggetto; e, infine, bisogna che il soggetto attivo procuri a sé o ad altri un ingiusto profitto.

Le Sezioni Unite compongono il contrasto

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Le due norme in esame hanno dato vita a un contrasto giurisprudenziale dal quale emergevano due correnti di pensiero.
Il primo distingueva i predetti reati valorizzando le differenze esistenti sotto il profilo della materialità; il secondo, invece, li distingueva prendendo in considerazione l'elemento psicologico.
Tale contrasto, è stato composto da una recentissima sentenza del Supremo Consesso a Sezioni Unite, la n. 29541 del 23 ottobre 2020, che ha sposato il secondo orientamento, affermando, quindi, come le due fattispecie criminose si differenzino tra loro in relazione all'elemento psicologico.
In particolare, gli Ermellini hanno sottolineato come lo stesso vada accertato secondo le ordinarie regole probatorie, affermando che alla speciale veemenza del comportamento violento o minaccioso potrà riconoscersi valenza di elemento sintomatico del dolo di estorsione.

La differenza tra estorsione ed esercizio arbitrario

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Ergo, le fattispecie delittuose in esame si differenziano tra loro essenzialmente, come detto, in relazione all'elemento psicologico; difatti, nell'esercizio arbitrario delle proprie ragioni, l'agente persegue il conseguimento di un profitto nella convinzione non meramente astratta ed arbitraria, ma ragionevole, anche se in concreto infondata, di esercitare un suo diritto, ovvero di soddisfare una pretesa che potrebbe e dovrebbe formare oggetto di azione giudiziaria; nell'estorsione, invece, il soggetto attivo persegue il conseguimento di un profitto nella piena consapevolezza della sua ingiustizia.
Di fondamentale importanza è l'analisi dell'elemento soggettivo, che come vedremo è il punto focale per la distinzione col delitto di estorsione, in quanto per la configurabilità dell'esercizio arbitrario è sufficiente che l'agente agisca nella ragionevole convinzione di difendere un suo diritto non essendo necessario che tale diritto sia realmente esistente.

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Foto: 123rf.com
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