L'art. 403 c.p. sanziona l'offesa, manifestata con disprezzo verso coloro i quali professino una confessione religiosa o i ministri del culto

Il testo dell'art. 403 c.p.

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Chiunque pubblicamente offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di chi la professa, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000.

Si applica la multa da euro 2.000 a euro 6.000 a chi offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di un ministro del culto.

Bene giuridico tutelato dall'art. 403 c.p. e ratio della norma

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L'art. 403 c.p. è un reato comune, né proprio né qualificato, dacché può essere commesso da chiunque. Bene giuridico ritenuto meritevole di tutela è, ovviamente, il sentimento religioso e la dignità di coloro i quali professino una determinata confessione. Il delitto è procedibile ex officio e, ritenuto che si tratta di un reato di evento, il tentativo ex art. 56 c.p. potrebbe ritenersi astrattamente configurabile. Ciò non di meno va tenuto in conto che il confine tra la libertà di manifestazione del proprio pensiero e la configurabilità del delitto in esame, come rimarcato nelle plurime pronunce giurisprudenziali, talvolta può essere molto labile: quindi, sebbene scolasticamente si possa ritenere configurabile l'applicabilità dell'art. 56 c.p. alla norma in esame, occorre precisare come ciò accada molto di rado.

La condotta sanzionata dall'art. 403 c.p.

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L'offesa a una confessione religiosa mediante il vilipendio alle persone si sostanzia in condotte determinate sebbene l'alto grado di ellitticità che denota la formulazione della norma abbia esposto la medesima a plurime contestazioni di incostituzionalità, soprattutto in ragione dell'apparente violazione dei canoni di tassatività e tipicità propri della norma penale. Il legislatore, infatti, non specifica quali siano le condotte che costituiscano vilipendio alle confessioni religiose, donde per cui l'intervento della giurisprudenza nomofilattica ha svolto una vera e propria supplenza normativa, andando a colmare un vuoto apparente (forse dovuto anche alla riformulazione della norma nel momento in cui è stata soppressa l'allocuzione "alla religione di Stato"). Orbene, tramite l'esegesi dei giudici di Piazza Cavour, si è ritenuto che per vilipendio non deve intendersi una critica, seppur aspra, ad una confessione religiosa: il vilipendio si sostanzia in un'offesa ferale, fine a se stessa, diretta unicamente al disprezzo ed alla privazione del pregio, decoro e dignità di coloro i quali professino un qualunque culto.

Originariamente la norma sanzionava il vilipendio unicamente della religione di Stato, ma poi con il varo della Legge 24 febbraio 2006, n. 85, che ha unificato la tutela apprestata dalla norma a tutte le confessioni religiose, è stato posto rimedio a quell'originaria disparità di trattamento tra la religione cattolica e le altre, peraltro rilevata dalla Corte Costituzionale con sen. 18 aprile 2005, n. 168. È prevista, inoltre, una circostanza aggravante che trova applicazione laddove il vilipendio sia diretto ad un ministro di culto.

La pena

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L'offesa ad una confessione religiosa, mediante vilipendio a chi la professa, è punita con la multa da euro 1.000 a euro 5.000. Se l'offesa è invece diretta ad un ministro di culto si applica la multa da euro 2.000 a euro 6.000.

Elemento soggettivo

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Elemento soggettivo indefettibile ai fini della configurabilità del delitto in esame è il dolo generico, ovvero la premeditazione coscienziosa di commettere il fatto.

Daniele PaolantiDaniele Paolanti - profilo e articoli
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Vincitore del concorso di ammissione al Dottorato di Ricerca svolge attività di assistenza alla didattica.

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