L'obbligo di fedeltà tra datore di lavoro e dipendente, i casi in cui un socio d'azienda può essere ritenuto infedele e come si può indagare

Cos'è l'obbligo di fedeltà

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Il rapporto che si instaura tra il datore di lavoro e il dipendente può contribuire in maniera significativa alla qualità delle attività di un'azienda, influenzandola in un senso o nell'altro. Tale rapporto viene regolamentato sia dal contratto di lavoro che da accordi di altra natura (contratti nazionali, accordi sindacali e, naturalmente, tutte le normative in vigore inerenti all'argomento). La violazione delle condizioni imposte ad entrambe le parti dagli accordi contrattuali e non può determinare l'interruzione del rapporto di lavoro.

Il lavoratore dipendente gode di determinati diritti ed è chiamato, al contempo, a rispettare specifici obblighi nei confronti del proprio datore di lavoro e dell'azienda presso la quale è impiegato. Alcuni di questi sono specificamente regolamentati dal Codice Civile. L'articolo 2105 disciplina l'obbligo di fedeltà nei seguenti termini: "il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, né divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio".

In altri termini, il dispositivo vieta al dipendente di 'tradire' la propria azienda facendole concorrenza sleale (gli 'atti di concorrenza sleale' sono elencati nell'articolo 2598 del Codice Civile). L'obbligo di fedeltà può essere direttamente collegato anche al rispetto del 'patto di non concorrenza', secondo quanto disposto dall'articolo 2125 del Codice Civile

per cui "il patto con il quale si limita lo svolgimento dell'attività del prestatore di lavoro, per il tempo successivo alla cessazione del contratto, è nullo se non risulta da atto scritto, se non è pattuito un corrispettivo a favore del prestatore di lavoro e se il vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo". In generale il patto è valido per tre anni mentre se riguarda i dirigenti la durata del vincolo è estesa a cinque anni; tale termine non può essere modificato da accordi di altro tipo tra le parti.

Quando un socio può essere definito "infedele"

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Sulla base di quanto evidenziato in precedenza, è possibile determinare i casi in cui un socio d'azienda può essere ritenuto infedele. Come spiega anche Salvatore Piccinni - Managing Director Head of Southern Europe di Inside Intelligence & Security Investigations, un socio può essere infedele alla propria azienda in diversi modi.

In primis, se viola il già citato obbligo di fedeltà intrattenendo rapporti con soggetti concorrenti e condividendo con essi informazioni riservate o dati sensibili. In aggiunta, il mancato rispetto del patto di non concorrenza o del 'divieto di concorrenza' che, come disposto dall'articolo 2557 del Codice Civile prevede che "chi aliena l'azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall'iniziare una nuova impresa che per l'oggetto, l'ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell'azienda ceduta".

Altra evenienza in cui un socio può essere ritenuto infedele è quella in cui commetta atti di concorrenza sleale, utilizzando impropriamente simboli e marchi di proprietà dell'azienda a proprio vantaggio oppure diffondendo notizie ed informazioni che causino il discredito della società.

Esiste poi anche il caso di infedeltà patrimoniale; secondo quanto disposto dall'articolo 2634 del Codice Penale, il reato si configura nel momento in cui "gli amministratori, i direttori generali e i liquidatori, che, avendo un interesse in conflitto con quello della società, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o altro vantaggio, compiono o concorrono a deliberare atti di disposizione dei beni sociali"; in tal modo, provocano "intenzionalmente alla società un danno patrimoniale". Questo reato è punibile in presenza di una querela che può essere sporta anche solo dal socio di maggioranza della società che si ritiene danneggiata dalla condotta scorretta di uno dei suoi soci. "In ogni caso" - si legge al terzo comma dell'articolo - "non è ingiusto il profitto della società collegata o del gruppo, se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall'appartenenza al gruppo".

Come si indaga su un presunto socio infedele

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Se i soci di un'azienda sospettano che un loro pari non stia rispettando o abbia rispettato l'obbligo di fedeltà possono dare mandato, anche per mezzo di un legale rappresentante, ad un'agenzia di investigazioni privata di svolgere delle indagini specifiche. I tecnici incaricati seguono un iter investigativo ben preciso per poi stilare una relazione finale in cui viene descritto il lavoro svolto e i risultati ottenuti. Questo documento rappresenta una risorsa importante nelle mani del soggetto danneggiato che può utilizzarlo a supporto della propria azione di querela.

Il primo stage della procedura d'indagine consiste nell'individuare il target della stessa; in altre parole, gli investigatori devono acquisire tutte le informazioni e i dati utili ad identificare il soggetto e la sua collocazione all'interno della compagine societaria. In particolare, gli investigatori devono ricostruire le mansioni del soggetto delle indagini, in modo tale poter identificare ogni genere di contatto interno ed esterno all'azienda stessa.

La fase investigativa successiva è costituita dall'osservazione del soggetto, sia dinamica (pedinamento) sia statica (appostamento). Questa procedura consente agli investigatori di acquisire materiale fotografico e video in grado di collocare inconfutabilmente il soggetto indagato in un determinato contesto di tempo e luogo. In tal modo si può, ad esempio, scoprire se e quando il socio sotto controllo ha avuto incontri o scambi sospetti durante i quali potrebbe essere entrato in contatto con terzi esterni alla propria società.

I controlli sui soci possono svolgersi anche all'interno dell'azienda stessa ed in particolare sui dispositivi elettronici e digitali in dotazione alla società. A tal proposito, gli investigatori possono effettuare una serie di analisi approfondite, che vanno dalle bonifiche ambientali alla digital forensics. Nel primo caso, l'obiettivo è individuare e rimuovere eventuali telecamere, registratori compatti e microspie collocati dolosamente in ambienti e uffici 'strategici'; le analisi forensi digitali, invece, hanno un raggio d'azione più ampio. Se riguardano le reti aziendali, si tratta di network forensics e analizzano il traffico dei dati e delle informazioni fatte transitare sul network utilizzato dalla società. Se, di contro, l'indagine prende in esame i dispositivi cellulari, si parla di mobile forensics: questo di controlli si sviluppa attraverso l'acquisizione, l'organizzazione e l'analisi dei dati conservati nelle memorie dei dispositivi (che in genere vengono duplicati per favorire le operazioni di indagini e contemporaneamente preservare il device e i dati originali). Le analisi forensi puntano, in particolare, ad isolare ed individuare le cosiddette 'prove digitali', ossia gli elementi e le informazioni in formato digitale che potrebbero assumere valore probatorio. Nello specifico, i tecnici incaricati e gli investigatori ricercano tracce di attività sospette, come ad esempio un tentativo di manipolazione o di accesso forzoso al sistema, che potrebbero essere collegate più o meno direttamente alle postazioni ed ai dispositivi utilizzati dal socio sottoposto ad indagine.


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