Per la Suprema Corte, la Ctu, di per sè, non rientra nella nozione di fatto storico, trattandosi di elemento istruttorio da cui trarre l'accadimento rilevato che il giudice ha omesso di esaminare

Ricorso in Cassazione contro la Ctu

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Il ricorso in sede di legittimità deve ritenersi inammissibile qualora sia rivolto, ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., nei confronti della C.T.U., poiché questa, in quanto tale, non può essere ricondotta nella nozione di fatto storico. Si tratta, infatti, di un atto processuale dal quale è possibile trarre il "fatto storico" rilevato e/o accertato dal consulente che eventualmente il giudice del merito ha omesso di esaminare e che la parte è tenuta ad indicare.

Lo ha chiarito la Suprema Corte nell'ordinanza n. 12387/2020 (sotto allegata). Nel caso il giudice d'appello viene contestato per aver illogicamente e contraddittoriamente valutato gli esiti della c.t.u., con ciò omettendo l'esame su "fatti" decisivi per il giudizio.

Omesso esame di fatto storico

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Gli Ermellini, tuttavia, che l'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., nella vigente formulazione, ha introdotto nell'ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo.

Ne consegue che il ricorrente debba indicare: il "fatto storico", il cui esame sia stato omesso; il "dato", testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente; il "come" e il "quando" tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua "decisività".

Ciò fermo restando che l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (tra le tante v. Cass., S.U., n. 8053/2014).

Consulenza tecnica d'ufficio non è fatto storico

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Nel caso esaminato, spiega la Cassazione, non è stato evidenziato un "fatto storico" e decisivo, il cui esame sia stato omesso. Ciò in quanto la consulenza tecnica d'ufficio, in quanto tale, non può ricondursi, di per sé, alla nozione di "fatto storico".

Il "fatto storico" di cui parla la norma (cfr. Cass. n. 18328/2019) è infatti un accadimento fenomenico esterno alla dinamica propria del processo, ossia a quella sequela di atti e attività disciplinate dal codice di rito che, dunque, viene a caratterizzare diversa natura e portata del "fatto processuale", il quale segna il differente ambito del vizio deducibile, in sede di legittimità ai sensi dell'art. 4 dell'art 360 del codice di rito.

La c.t.u., si legge nell'ordinanza, è pertanto un atto processuale che svolge funzione di ausilio del giudice nella valutazione dei fatti e degli elementi acquisiti (consulenza c.d. deducente) ovvero, in determinati casi (come in ambito di responsabilità sanitaria), assurge a fonte di prova dell'accertamento dei fatti (consulenza c.d. percipiente).

Ricorso in Cassazione inammissibile

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In sostanza, la consulenza tecnica costituisce l'elemento istruttorio da cui è possibile trarre il "fatto storico", rilevato e/o accertato dal consulente, il cui esame il giudice del merito abbia omesso e che la parte è tenuta ad indicare sufficientemente.

Nel caso esaminato, la società ricorrente non ha evidenziato quale "fatto storico" decisivo abbia omesso di esaminare la Corte territoriale, anzi, secondo gli Ermellini neppure risulta affatto omesso l'esame dei fatti dedotti in ricorso, ancorché questi siano stati esaminati e risolti in modo divergente alle aspettative di parte ricorrente, anche in relazione all'espletata consulenza tecnica.

In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile in quanto le doglianze si risolvono nella prospettazione di un vizio di motivazione non coerente con il paradigma attualmente vigente ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., e sono volte a una nuova valutazione dei fatti e delle risultanze istruttorie, non consento in sede di legittimità.

Scarica pdf Cassazione Civile, ordinanza n.12387/2020

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