Il contrasto tra i Decreti Ministeriali e le informazioni riportate sui Buoni Fruttiferi Postali deve essere risolto in favore dei risparmiatori

Avv. Matteo Iacovelli - Come noto, negli anni passati Poste Italiane ha emesso nuove serie di Buoni fruttiferi postali "riciclando" i titoli di precedenti serie, non più in vigore, i quali prevedevano tassi di rendimento superiori a quelli del corso successivo.

Buoni fruttiferi postali: la vexata quaestio

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Così facendo, spesso l'emissione dei Buoni fruttiferi postali è avvenuta adeguando solo parzialmente i vecchi titoli con le nuove disposizioni normative come nel caso dei BFP serie Q/P (emessi dopo il D.M. del 1986 riduttivo degli interessi), o continuando semplicemente ad utilizzare il titolo della passata serie senza l'apposizione di alcun timbro identificativo della nuova serie e dei relativi rendimenti come nel caso dei BFP serie AF.

Con la logica conseguenza di generare confusione nel risparmiatore che, al momento della riscossione, passa dalla soddisfazione di aver sottoscritto una redditizia serie di BFP (quella indicata sul titolo) alla delusione delle sue aspettative di rendimento dinanzi al rimborso di interessi più bassi.

Si è assistito, quindi, alla proliferazione di controversie che hanno dato vita a orientamenti giurisprudenziali degni di nota.

L'ambiguità dei BFP serie Q/P

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L'emissione dei BFP serie Q/P avvenuta riciclando i titoli della serie P, sui quali risulta apposto il timbro correttivo dei rendimenti limitatamente ai primi 20 anni, è stata intesa - a tutela del legittimo affidamento del risparmiatore sulle condizioni riportate sul buono - con rendimenti inalterati per l'ultimo decennio promettendo di fatto interessi differenti e maggiori rispetto a quelli normativamente previsti (Trib Milano n. 91/2020; C. App. Brescia n. 1549/2019; ABF Milano n. 21261/2019; ABF Bari n. 14222/2019).

Secondo un recente orientamento, tuttavia, i nuovi rendimenti riguardano l'intero periodo di validità del buono fruttifero postale che, per espressa disposizione, rientra "a tutti gli effetti" nella nuova serie (C. App. Milano n. 435/2020), ritenendo che non vi sia un affidamento del risparmiatore da tutelare considerato che era a conoscenza della variazione dei tassi e dell'appartenenza del buono alla serie Q/P, quindi, dell'applicabilità dei tassi di rendimento previsti dal D.M. del 1986 per l'intero trentennio (Trib La Spezia n. 188/2020; Trib Frosinone n. 295/2020).

La tutela dell'affidamento del risparmiatore

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Tale tutela, invece, viene riconosciuta nel caso dei buoni fruttiferi postali appartenenti ad una serie non più valida e privi di qualsiasi indicazione della nuova serie e della conseguente variazione d'interessi.

Ciò nonostante la giustificazione fornita da Poste Italiane invocando l'integrazione dell'accordo intercorrente con il risparmiatore, sul presupposto che i Buoni fruttiferi postali sono meri titoli di legittimazione stante la prevalenza sul loro tenore letterale dei successivi Decreti Ministeriali comportanti modifiche anche peggiorative dei rendimenti.

Ma se si può ammettere che le condizioni del contratto vengano modificate (anche in senso peggiorativo per il risparmiatore) mediante decreti ministeriali successivi alla sottoscrizione del titolo, si deve invece escludere "che le condizioni alle quali l'amministrazione postale si obbliga possano essere invece, sin da principio, diverse da quelle espressamente rese note al risparmiatore all'atto stesso della sottoscrizione del buono" (Cass. Civ. S.U. Sent. n. 13979/2007).

Quindi, il contrasto tra i Decreti Ministeriali e le informazioni riportate sui Buoni Fruttiferi Postali deve essere risolto in favore dei risparmiatori dando prevalenza a quanto risulta dal Buono (Trib Frosinone n. 181/2020; Trib Roma n. 22449/2019; Trib Catania n. 2188/2018; ABF Milano n. 10417/2019; ABF Roma n. 25389/2018), altrimenti, si addebiterebbe ai risparmiatori l'errore dell'ufficio postale finendo per compromettere le esigenze di tutela del risparmio diffuso cui si ispira l'ordinamento giuridico.

L'obbligo informativo per la scelta consapevole del risparmiatore

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Chiarito che i buoni postali devono riportare i dati essenziali per la valutazione dei profili di convenienza e di rischio connessi all'investimento, appare evidente che la mancanza di una informazione corretta ed univoca, lesiva del principio di buona fede e correttezza nelle trattative contrattuali, danneggia i risparmiatori.

Ragionando diversamente si tradirebbe quella tutela che i risparmiatori si aspettano dal legittimo affidamento sulla buona fede dell'intermediario, a maggior ragione trattandosi di Poste Italiane, e dalla stessa natura dei BFP strumenti di risparmio garantito dallo Stato.


Avvocato Matteo Iacovelli

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