La Cassazione fornisce tre possibili ricostruzioni interpretative sulla questione della notifica alla casella PEC satura

di Annamaria Villafrate - L'ordinanza della Corte di Cassazione n. 2755/2020 (sotto allegata) non si pronuncia sul ricorso, ma rimette alla pubblica udienza la questione nomofilattica relativa alla notifica dell'avvocato su una casella pec satura. In questo caso come si risolve la questione procedurale relativa al perfezionamento della notifica? Deve considerarsi come realizzata oppure no? Ecco le tre soluzioni proposte dagli Ermellini.

Risarcimento danni per indebito prelievo

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Un avvocato conviene in giudizio una s.p.a chiedendo i danni derivanti da un indebito prelievo ad opera di sconosciuti dal suo c/c postate online. Il GdP accoglie la domanda, ma il Tribunale riforma l'evento danno. Non è infatti stato provato un malfunzionamento del sistema imputabile alla società convenuta, la quale ha avvertito i clienti di non inserire dati sensibili, rispondendo a e-mail non verificate. Il prelievo infatti deve ritenersi piuttosto imputabile a una condotta imprudente del titolare del conto, che ha incautamente comunicato le proprie credenziali di accesso.

Ricorso in Cassazione

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Il soccombente ricorre quindi in Cassazione perché, contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale, il titolare del conto si è limitato a inserire codice identificativo e password, non invece il codice di 10 cifre necessario a completare l'operazione. Da qui la necessità per la società di approntare misure di sicurezza per prevenire le frodi come quelle che lo hanno colpito.

Il ricorso, notificato via pec al difensore della società intimata, è stato accettato dal sistema, ma non non è stato consegnato per "casella piena."

Notifica Pec: le tre possibili soluzioni degli Ermellini

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Per il valore nomofilattico della questione relativa alla notifica di un atto a un casella postale piena il collegio rinvia il ricorso alla pubblica udienza. Le ricostruzioni prospettate dagli Ermellini per la soluzione del dubbio interpretativo sono quelle che si vanno a illustrare.

Cattiva gestione della memoria: consegna perfezionata

L'interpretazione più rigorosa prevede che, se la mancata consegna della posta certificata è imputabile al titolare dell'account, l'incombente deve ritenersi realizzato. Il messaggio infatti, deve considerarsi "entrato" nella casella di posta del legale, per il solo fatto che costui ha comunicato il suo indirizzo di posta elettronica certificata. Spetta a lui gestire l'utenza.

Egli infatti è tenuto non solo a leggere i messaggi che gli vengono recapitati, ma ad attivarsi affinché sia possibile in ogni momento recapitare delle comunicazioni e dei messaggi al suo indirizzo di posta. Suo compito è quindi anche provvedere ad una adeguata gestione del sistema di archiviazione e della memoria della sua pec. Trascurare la casella di posta elettronica e decidere di lasciarla piena potrebbe essere interpretato infatti come rifiuto di ricevere notifiche con questa modalità, similmente a quanto dispone l'art 138 comma 2 cpc, che prevede il rifiuto apposto dal destinatario all'ufficiale giudiziario di ricevere a notifica a mani proprie.

Conservazione degli effetti della notifica nel rispetto della ragionevole durata

L'altra ricostruzione prevede invece l'obbligo del notificante di fare in modo di conservare gli effetti della notifica originaria nel rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo. Pertanto se il primo tentativo di notifica non va a buon fine, il notificante deve attivarsi e procedere al suo rinnovo nel rispetto delle regole sancite dagli articoli 137 e seguenti cpc. Per la notifica dell'avvocato non si può procedere al deposito dell'atto in cancelleria.

La parola al giudice

La terza ricostruzione infine prevede che il giudice debba disporre il rinnovo della notifica perché il diritto di difesa è costituzionalmente garantito e tutelato. In questo caso non resta che attendere l'esito dell'udienza, lasciando al giudice la decisione.

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