Per la Cassazione, il danno non patrimoniale non è conseguenza automatica e necessaria della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo

di Lucia Izzo - In tema di equa riparazione ex art. 2 della L. n. 89/2001, il danno non patrimoniale è conseguenza normale, ma non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo.


Una volta accertata e determinata l'entità della violazione relativa alla durata ragionevole del processo, il giudice deve ritenere sussistente il danno non patrimoniale a meno che non ricorrano, nel caso concreto, circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dall'interessato.


In particolare, dalla tutela di cui alla legge 89/2001, devono ritenersi escluse sia le violazioni minime del termine di durata ragionevole, sia quelle di maggior estensione temporale, ma riferibili a giudizi presupposti di carattere bagatellare, in cui la posta in gioco è esigua e sono trascurabili i rischi sostanziali e processuali connessi.


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, seconda sezione civile, nella sentenza n. 26497/2019 (sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di due donne che avevano chiesto la condanna del Ministero dell'Economia e delle Finanze all'equa riparazione per la irragionevole durata di un giudizio amministrativo.


Il caso

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Nel dettaglio, il procedimento era stato avviato l'8 aprile 1991 dalla loro madre (poi deceduta nel 2015), davanti al T.A.R. Sicilia ed era stato definito con decreto di perenzione il 22 luglio 2014. Tuttavia, ladichiarazione di perenzione del giudizio presupposto e l'irrisorietà della pretesa hanno condotto la Corte d'Appello a respingere la domanda di indennizzo.


Per i giudici a quo non era stata "fornita alcuna prova di pregiudizio da irragionevole durata del processo, in presenza dell'inattività delle parti istanti - protratta per ben 24 anni - nel richiedere la fissazione dell'udienza, a fronte del ricorso presentato nel 1991".


Inoltre, la Corte territoriale ha sottolineato come nel giudizio presupposto la domanda originaria della madre delle ricorrenti avesse ad oggetto la somma di lire 1.398.631, importo da suddividersi tra le eredi della stessa, e dunque pari a "poco più di 200,00 euro a testa" per ciascuna delle due ricorrenti.


Per le due donne, invece, è errata la considerazione dell'importo della domanda oggetto del giudizio presupposto pro quota e con il valore monetario riferito all'epoca dell'introduzione del giudizio medesimo. Tale valutazione, secondo le due, andava operata avendo riguardo all'importo complessivo della domanda e non in relazione alla singola quota.

Equa riparazione: danno non patrimoniale non è conseguenza automatica e necessaria

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Gli Ermellini, invece rammentano che, in tema di equa riparazione ex art. 2 L. n. 89/2001, il danno non patrimoniale è conseguenza normale, ma non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.


Sicché, il giudice, una volta accertata e determinata l'entità della violazione relativa alla durata ragionevole del processo secondo le norme della citata legge n. 89, deve ritenere sussistente il danno non patrimoniale a meno che, tuttavia, non ricorrano, nel caso concreto circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dall'interessato (cfr. Cass., n. 24269/2008 e n. 25519/2010).


Ancora, la Corte precisa che, in tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo, ai sensi dell'art. 12 del Protocollo n. 14 alla CEDU, la soglia minima di gravità, al di sotto della quale il danno non è indennizzabile, va apprezzata nel duplice profilo della violazione e delle conseguenze.

Tutela indennitaria esclusa per giudizi bagatellari

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Sicché, dall'ambito di tutela della legge 89/2001, restano escluse sia le violazioni minime del termine di durata ragionevole, di per sé non significative, sia quelle di maggior estensione temporale, ma riferibili a giudizi presupposti di carattere bagatellare, in cui esigua è la posta in gioco e trascurabili i rischi sostanziali e processuali connessi (cfr. Cass. n. 633/2014).


La Corte d'Appello ha messo in risalto l'esiguità del valore monetario del giudizio presupposto, arrivando così ad escludere la tutela indennitaria di cui alla legge n. 89, non solo in ragione dell'inerzia dell'attrice, ma anche in base ad un apprezzamento concreto della fattispecie.


Le incongruenze del decreto impugnato, che le ricorrenti lamentano, quanto all'inesatta stima del valore monetario della somma oggetto di lite, giacché riferito all'epoca del lontano inizio della causa e suddiviso per quote fra le eredi dell'attrice, non impediscono di individuare e comprendere le ragioni essenziali, in fatto e in diritto, della decisione, e perciò escludono la nullità per violazione dell'art. 132, n. 4, del codice di procedura civile.

Scarica pdf Cass., II civ., sent. n. 26497/2019

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