La facoltà di depositare memorie di replica non può essere esercitata in contrasto con le regole del contraddittorio

Avv. Claudio Roseto - Il Codice del processo amministrativo (D. Lgs. n. 104/2010 e ss.mm.ii.) disciplina i termini e le modalità per il deposito di atti e documenti in giudizio. Il codice di rito, dunque, oltre ai termini entro cui un atto dev'essere compiuto, prescrive le condizioni affinché determinati atti possano entrare a far parte del thema decidendum del processo amministrativo.

Le memorie di replica

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Il libro secondo, Titolo IV, Capo II, (artt. 71-74), rubricato "discussione", contiene la disciplina processuale relativa alle fasi prodromiche alla deliberazione, espressamente disciplinata al successivo capo III.

L'art. 73, co. I, nell'ambito delle attività che precedono l'udienza di discussione, conferisce alle parti la facoltà di produrre documenti fino a quaranta giorni liberi prima dell'udienza e memorie fino a trenta giorni liberi.

Per contraddire alle prefate attività processuali, la disposizione normativa da ultimo citata riconosce alle parti la facoltà di "[...] presentare repliche, ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in vista dell'udienza, fino a venti giorni liberi".

Le condizioni per il deposito delle memorie di replica

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Chiariti i termini per il deposito di atti e documenti in vista dell'udienza di discussione, occorre evidenziare che la norma processuale in discorso ammette repliche solo alle memorie depositate dalle controparti per l'udienza di discussione.

La previsione è dirimente e consente di trarre il corollario che l'oggetto della replica debba restare contenuto nei limiti della funzione di contrasto alle difese svolte nella memoria conclusionale avversaria, onde evitare che il deposito della memoria di replica si traduca in un mezzo per eludere il termine di legge per il deposito delle memorie conclusionali.

Infatti, affinché detta facoltà non si traduca in un esercizio del diritto di difesa contrastante con le regole del contraddittorio, è necessario che la replica si limiti a sviluppare considerazioni di risposta alle deduzioni contenute nella memoria conclusionale avversaria.

La giurisprudenza amministrativa

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Secondo l'autorevole insegnamento del Consiglio di Stato Consiglio: "nel processo amministrativo la facoltà di replica discende in via diretta dall'esercizio della correlata facoltà di controparte di depositare memoria difensiva nel termine di trenta giorni prima dell'udienza di merito, con la conseguenza che ove quest'ultima facoltà non sia stata esercitata, non può consentirsi la produzione di memoria definita di replica dilatando il relativo termine di produzione (pari a trenta giorni e non a quello di venti giorni prima dell'udienza, riservato dal menzionato art. 73 appunto alle repliche)" (ex pluribus, Cds n. 6534/2019; Cds n. 5277/2018; n. 5676/2017).

La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che ai sensi dell'art. 73, comma 1, c.p.a., nel testo introdotto dall'art. 1, comma 1, lett. q), D.Lgs. 15 novembre 2011, n. 195 (c.d. primo correttivo al Codice), le repliche sono ammissibili solo ove conseguenti ad atti della controparte ulteriori rispetto a quelli di risposta alle iniziative processuali della parte stessa (ricorso, motivi aggiunti, memorie, documenti, ecc.), atteso che la ratio legis si individua nell'impedire la proliferazione degli atti difensivi, nel garantire la par condicio delle parti, nell'evitare elusioni dei termini per la presentazione delle memorie e, soprattutto, nel contrastare l'espediente processuale della concentrazione delle difese nelle memorie di replica con la conseguente impossibilità per l'avversario di controdedurre per iscritto (Cds n. 5676/2017).

Né la memoria di replica può essere considerata prima memoria se depositata oltre il termine di trenta giorni previsto dall'art. 73 c.p.a. (Cds n. 2855/2019).

Ciò, naturalmente, fatta salva la possibilità di replicare alla produzione di nuovi documenti, come parimenti previsto dall'art. 73, co. I.


Avv. Claudio Roseto

Specializzato in diritto amministrativo

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