Per il T.A.R. il voto minimo di laurea previsto nel bando rappresenta un illegittimo indice selettivo, tra l'altro non attendibile, che necessita di essere adeguatamente motivato dall'amministrazione

di Lucia Izzo - Va annullato il bando pubblico di concorso volto ad assumere professionisti dell'ottava qualifica funzionale prevedendo un voto minimo di laurea per accedere alla procedura. Se l'amministrazione vuole introdurre un "indice selettivo", in deroga a quanto previsto dalla legge, deve adeguatamente motivare circa le particolari funzioni che saranno svolgere i futuri vincitori.


Non è sufficiente fare genericamente riferimento alla "importanza e delicatezza del ruolo. Inoltre, il voto di laurea non rappresenta un indice attendibile di preparazione dei candidati, in quanto dipendente da diverse variabili, ad esempio il tipo di laurea e l'Università nella quale è stata conseguita.


Lo ha chiarito il T.A.R. Lazio nella sentenza n. 2112/2019 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso contro un bando pubblico destinato all'assunzione di 20 ingegneri per l'E.N.A.C.


Il caso

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Il bando, nel dettaglio, aveva previsto tra i requisiti per accedere al concorso che i partecipanti avessero conseguito uno tra i diplomi di laurea indicati con votazione non inferiore a 105/110 o equivalente.


Tuttavia, alcuni candidati ricorrono al giudice amministrativo ritenendo la richiesta di un voto di laurea minimo contraria, non solo, alla Costituzione, ma anche all'art. 2, comma 6, del d.P.R. n. 487/1994 (Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi).

Il suddetto sesto comma dell'art. 2 stabilisce che "per l'accesso a profili professionali di ottava qualifica funzionale è richiesto il solo diploma di laurea"; una disposizione a cui deroga il precedente comma 2, secondo cui "per l'ammissione a particolari profili professionali di qualifica o categoria gli ordinamenti delle singole amministrazioni possono prescrivere ulteriori requisiti".

Concorsi pubblici, titoli di laurea e voto minimo

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Il T.A.R, accogliendo il ricorso, ritiene che il disposto di cui al comma 6 dell'art. 2, nella parte in cui prevede che "è richiesto il solo diploma di laurea", debba essere interpretato nel senso che il possesso del titolo della laurea sia di per sé requisito sufficiente ai fini della partecipazione al concorso ivi disciplinato indipendentemente dal voto finale riportato.


Invece, "il possesso del titolo della laurea con un punteggio minimo è evidentemente diverso dal mero possesso del titolo della laurea e, proprio in quanto il voto minimo di laurea si aggiunge al requisito generale, questo finisce per acquisire la valenza di requisito ulteriore" (T.A.R., sentenze n. 1491/2015 e n. 1493/2015).

Concorsi pubblici: va motivata la richiesta del voto di laurea minimo

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Certo, chiarisce il Collegio, l'amministrazione può richiedere il conseguimento di un determinato punteggio di laurea ai fini dell'accesso a una procedura concorsuale (per un profilo professionale pari o assimilabile all'ottava qualifica funzionale), ma tale discrezionalità incontra un limite nella necessità di giustificare la razionalità di un simile sbarramento preselettivo.


Sarà, in sostanza, necessario fornire un'adeguata motivazione a supporto della disposta deroga al principio generale di cui al richiamato art. 2, comma 6, del d.P.R. n. 487/1994, vigente in materia (T.A.R., n. 13180/2015).


Nel caso di specie, invece, l'E.N.A.C. si è limitata a richiamare la "mera specificità delle funzioni svolte dall'ente medesimo", riconducendo genericamente la peculiarità del profilo professionale all'importanza e alla delicatezza del ruolo che i professionisti esplicano attraverso la prestazione degli apporti specialistici.

Voto di laurea non è attendibile della preparazione del candidato

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In sostanza, nel bando impugnato e negli atti presupposti manca ogni riferimento puntuale, seppur minimo, alla specificità delle funzioni che svolgeranno i vincitori tale da consentire di derogare alle previsioni di legge.


In sostanza, conclude il Collegio, l'ENAC ha inteso introdurre un illegittimo indice selettivo, correlato a un predeterminato obiettivo di preparazione culturale degli aspiranti concorrenti, con il fine precipuo di escludere dalla partecipazione al concorso i soggetti che abbiano ottenuto risultati meno brillanti nel corso degli studi universitari.


Tra l'altro, così facendo, l'Ente ha adottato un parametro (il voto di laurea) che, a ben vedere, "potrebbe non rappresentare un indice attendibile di preparazione del candidato, dipendendo esso da un rilevante numero di variabili (tra gli altri, il tipo di laurea conseguito e presso quale Università)".


Il ricorso deve quindi accolto e, per l'effetto, il bando relativo al concorso pubblico per cui è causa deve essere annullato nei soli limiti dell'interesse dedotto in giudizio.

Scarica pdf T.A.R. Lazio, sent. n. 2112/2019

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