Guida al procedimento di sequestro della nave: il sistema cautelare, tra norme statuali, Convenzione di Bruxelles e Convenzione di Ginevra

di Francesco Morittu - Come noto, le relazioni commerciali fondate sui traffici marittimi sono caratterizzate fondamentalmente da un lato dalla mobilità di beni interessati e dall'altro lato dalla internazionalità dei rapporti stessi. Tali caratteristiche pongono per il creditore la delicata questione dell'effettività ed esecutività dei crediti: nella prassi il problema è quello di conciliare gli strumenti giuridici e giudiziari a disposizione con le particolarità di siffatte relazioni commerciali.

Il procedimento di sequestro della nave

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Il procedimento cautelare in esame è dunque volto essenzialmente ad accordare effettività alla tutela dei diritti del credito nel particolarissimo ambito dei traffici marittimi internazionali: è infatti comune che il creditore non sia munito di un titolo esecutivo che gli consenta di procedere al pignoramento.

Nella prassi marittima peraltro questo istituto ha nel tempo cambiato connotazione: da istituto cautelare volto a consentire la tutela effettiva del creditore nelle more della costituzione del titolo esecutivo, è divenuto invero uno strumento di pressione sul debitore, essendo i suoi effetti percepiti più sotto il profilo dell'indisponibilità materiale (arresto della nave in porto, con conseguenti disagi per l'armatore) che sotto il profilo dell'indisponibilità giuridica (circolazione della nave come bene commerciabile). Strumento di pressione, si è detto, che di fatto consente al creditore di ottenere dal debitore - interessato al rapido sblocco della nave e alla sua ripartenza - il rilascio di garanzie sostitutive di più immediata liquidazione o, addirittura, il pagamento del debito.

Procedibilità

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Caratteristica fondamentale del sequestro di nave è che esso, quale procedimento cautelare, è l'unico strumento a disposizione del creditore privilegiato ex artt. 548 ss. Cod. della Navigazione che impedisce l'estinzione del privilegio stesso: per tale ragione il rimedio viene concesso senza la previa valutazione dell'esistenza del requisito del periculum in mora: si è detto, infatti, che oggetto della tutela non è già il diritto di credito bensì il privilegio che, non esercitato, si estinguerebbe.

2.2.- Diverso è il caso dei creditori ordinari, per i quali l'istituto in esame agisce invece quale rimedio cautelare volto proprio alla conservazione del patrimonio del debitore che costituisce oggetto di garanzia generica del credito. In questi casi il sequestro di nave è comunemente assoggettato, secondo l'ordinamento civile, alla verifica da parte del Giudice della sussistenza dei pre-requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora. Se non vi sono particolari problemi interpretativi in ordine al primo, con riferimento al periculum si registrano due scuole di pensiero: una più restrittiva, che richiede un esame particolarmente approfondito delle circostanze del rapporto e dei soggetti, e una - prevalente - più favorevole al creditore, per la quale il requisito è realizzato con riferimento alla nazionalità straniera del debitore, all'assenza di altri beni utilmente aggredibili sul territorio Italiano, sull'imminente partenza della nave.

Le norme regolatrici

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L'istituto del sequestro cautelare della nave è regolato dal Codice della Navigazione e, per quanto non espressamente previsto, dal Codice di Procedura Civile. In particolare, gli artt. 682-684 Cod. Nav. rispettivamente regolano il contenuto del provvedimento del Giudice, la notificazione alle parti interessati e la pubblicità. Il successivo art. 685 Cod. Nav. regola l'amministrazione della nave sottoposta al vincolo e, infine, l'art. 686 Cod. Nav. contiene la norma di rinvio alle norme del Codice di Procedura Civile (artt. 670 e ss.).

La Convenzione di Bruxelles

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Come abbiamo visto supra, nella prassi si è via via accentuato l'aspetto della indisponibilità materiale della nave rispetto a quella della indisponibilità giuridica: questo perché, come è facile intuire, il blocco della nave costituisce un nocumento per l'armatore o il noleggiatore tale da indurli a prestare garanzie sostitutive, fideiussorie, o addirittura a pagare quanto dovuto, pur di "liberare" la nave ferma in porto.

Tale aspetto è tanto più evidente nella disciplina del sequestro della nave sancita dalla Convenzione di Bruxelles del 1952 e dalla successiva riforma contenuta nella Convenzione di Ginevra del 1999: nell'art. 1, comma 2, della Convenzione, infatti, è sancito che "sequestro significa: l'immobilizzazione - autorizzata dalla giurisdizione competente - di una nave per garanzia di un credito marittimo, esclusa però la detenzione di una nave per l'esecuzione di un titolo": vi è dunque una distinzione tra sequestro (arrest) e detenzione della nave. In pratica, il creditore che ottiene la tutela cautelare secondo la Convenzione con l'arrest, deve successivamente azionare una automa procedura esecutiva, non essendo applicabile l'art. 686 c.p.c., che prevede la conversione automatica del sequestro in pignoramento.

La Convenzione espressamente non limita il diritto di sottoporre la nave a vincoli (sequestro, detenzione, pignoramento) secondo le norme di diritto interno dei singoli Stati firmatari (art. 2).

L'art. 3 introduce la possibilità di sequestrare (con alcuni limiti, in ragione della tipologia del credito) anche ogni altra nave appartenente allo stesso armatore debitore. Ancora a mente dell'art. 3, il sequestro è revocato o negato (se non ancora concesso) se il debitore presta idonea garanzia o cauzione; del pari è consentito il sequestro di una nave (e la possibilità di pretendere cauzione o garanzia) una sola volta per il medesimo credito, salvo che non vi siano particolari ragioni esposte e documentate dal creditore procedente. Se le parti non si accordano sull'entità della cauzione o della garanzia, il tribunale o la competente autorità giudiziaria ne determinerà la natura e l'importo.

Il comma 4 consente di sequestrare anche una nave diversa appartenente al medesimo noleggiatore debitore. Tale norma è inapplicabile, per espressa previsione, al proprietario della nave.

L'art. 7 introduce un ulteriore elemento di tutela dei crediti marittimi consistente nella possibilità per il creditore, in determinate ipotesi tassativamente elencate, di adire, per l'accertamento del credito, il Tribunale dello Stato nel quale è effettuato il sequestro: in tal modo il creditore potrà scegliere il Foro più adatto alle proprie esigenze, "inseguendo" la nave e operando il sequestro nel relativo porto.

Va infine osservato che, sotto il profilo della procedura, la Convenzione rimanda alle norme del singolo Stato firmatario competente secondo le norme di rinvio.

La Convenzione di Ginevra del 1999

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Da quando fu sottoscritta la Convenzione di Bruxelles, nel 1952, la prassi dei commerci marittimi internazionali ha subito una notevole evoluzione: in primo luogo alcune tipologie di crediti marittimi erano aumentati, mentre altri erano caduti in disuso o esplicitamente soppressi; in secondo luogo, a fronte di tale evoluzione, la Convenzione presentava una certa rigidità, consentendo il sequestro solo per le fattispecie espressamente richiamate.

La riforma

Per tali motivi, tra gli altri, la Comunità internazionale (rappresentata dal Comitato Marittimo Internazionale) ha ritenuto maturi i tempi per una revisione della Convenzione che è sfociata nella carta sottoscritta a Ginevra nel 1999 ed entrata in vigore nel 2011. In ogni caso, la maggioranza degli Stati maggiormente interessati alle attività commerciali marittime continua ad applicare la Convenzione di Bruxelles (e l'Italia tra questi).

Il nuovo testo

Dopo l'art. 1 dedicato alle "Definizioni", all'art. 2 è stabilito l'ambito di applicabilità della Convenzione: viene infatti stabilito che la Corte di uno Stato membro - avente giurisdizione internazionale e competente secondo il diritto internazionale privato - possa sequestrare (o revocare il sequestro) di una nave battente bandiera anche di uno Stato non contraente.

L'art. 3 regola espressamente la possibilità di procedere al sequestro della nave anche per i debiti - ad essa collegati - del soggetto non proprietario, nonché, in determinate circostanze, di procedere al sequestro della c.d. "sister ship": "Arrest is also permissible of any other ship or ships which, when the arrest is effected, is or are owned by the person who is liable for the maritime claim".

L'art. 5, parzialmente innovando rispetto alla precedente Convenzione, introduce il diritto di arresto multiplo, pur con precisi e tipizzati limiti.

Ancora, in base all'art. 6, la Corte che provvede all'arresto può richiedere al reclamante il versamento di una cauzione, a garanzia di eventuali danni derivanti da un arresto illegittimo o non giustificato. La medesima Corte sarà peraltro competente a liquidare i danni derivanti da tale arresto.

In base al successivo art. 7, i tribunali dello Stato in cui è stato effettuato l'arresto hanno la giurisdizione per determinare il caso nel merito, a meno che le parti convengano o abbiano validamente concordato di sottoporre la controversia ad un Tribunale di un altro Stato che accetta la giurisdizione o all'arbitrato. Ancora, il medesimo articolo stabilisce che se il procedimento non viene portato entro il termine stabilito, la nave arrestata o la cauzione fornita devono, su richiesta, essere rilasciati.

L'art. 8, infine, contiene le eccezioni alla regola generale di applicabilità della Convenzione (i.e.: navi da guerra e navi ausiliarie della Marina Militare).


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