La presentazione della domanda di partecipazione alla gara è condizione imprescindibile per l'impugnazione del bando di gara?

Avv. Cristiana Cangelosi - I bandi di gara sono qualificabili come atti amministrativi generali.

I bandi di gara quali atti amministrativi generali

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Seppur non dotati dei caratteri dell'astrattezza e della innovatività che, invece, connotano gli atti normativi, dai quali si distinguono, i bandi di gara sono rivolti a soggetti che, pur se non determinabili ex ante, lo sono a posteriori.

Ne deriva un regime impugnatorio diverso da quello previsto per gli atti normativi.

Regime di impugnazione

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Secondo l'orientamento tradizionale, a seconda della portata immediatamente lesiva o meno delle prescrizioni contenute all'interno del bando, varia il termine a decorrere dal quale esse possono essere impugnate.

Se si tratta di prescrizioni non immediatamente lesive come, a titolo esemplificativo, le disposizioni inerenti la composizione e il funzionamento della commissione, non sorge l'interesse del soggetto a ricorrere contro le stesse nel momento di loro emanazione, bensì nel momento successivo in cui l'Amministrazione escluda o non disponga l'aggiudicazione a favore di una determinata impresa.

In tal caso, l'impugnazione è congiunta nei confronti dell'atto applicativo e della prescrizione all'interno del bando ritenuta illegittima.

Se, invece, si tratta di prescrizioni immediatamente lesive, l'impugnazione delle stesse dovrà avvenire nel termine di sessanta giorni dalla pubblicazione del bando, pena il consolidarsi delle prescrizioni stesse, la non impugnabilità dell'atto applicativo di esclusione e, sostanzialmente, la non modificabilità della disciplina di gara da parte della P.A.

In tale categoria, rientrano le clausole "escludenti" che contengono requisiti di partecipazione tali da precludere ex ante la partecipazione di determinate categorie di soggetti.

Al suesposto orientamento, si contrappone una certa tesi giurisprudenziale che ritiene la non esistenza di clausole del bando immediatamente lesive degli interessi dei partecipanti alla gara: pertanto, anche laddove esse fissino determinati requisiti restrittivi di partecipazione, non possono essere oggetto di autonoma impugnazione in un periodo precedente la mancata aggiudicazione e fino all'identificazione dei partecipanti alla gara, sino a tale momento la P.A. potendo decidere anche di non applicare tali prescrizioni illegittime.

In senso opposto, si pone il filone interpretativo che amplia addirittura il novero delle clausole del bando considerate lesive e necessitanti di immediata impugnazione immediata, a pena di decadenza: quelle che, in linea generale, prescrivono degli oneri incomprensibili, inattuabili o manifestamente sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della gara.

Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 1/2003

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L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 1/2003 conferma l'indirizzo giurisprudenziale tradizionale, per cui "i bandi di gara e di concorso e le lettere di invito vanno normalmente impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento, ed a rendere attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell'interessato. […] L'effetto lesivo è, infatti, conseguenza delle operazioni di gara, e delle valutazioni con essa effettuate, dal momento che è solo il concreto procedimento negativo a rendere certa la lesione ed a trasformare l'astratta potenzialità lesiva delle clausole del bando in una ragione di illegittimità concreta ed effettivamente rilevante per l'interessato.

A queste regole, fanno eccezione le ipotesi in cui si contesti che la gara sia mancata o, specularmente, che sia stata indetta o, ancora, clausole che impongano oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati o che rendano impossibile la stessa formulazione dell'offerta, o, infine, si impugnino clausole del bando immediatamente escludenti", con la conseguenza che "la partecipazione alla gara e la presentazione della domanda non costituiscono acquiescenza e non impediscono la proposizione di un eventuale gravame".

Domanda partecipazione gara, condizione imprescindibile per impugnazione bando?

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Ammessa l'impugnabilità immediata delle clausole del bando nelle eccezionali ipotesi in cui esse siano idonee a sortire sin da subito effetti lesivi, sul piano processuale si è posto il problema della necessità o meno della presentazione della domanda di partecipazione alla gara quale condizione imprescindibile ai fini dell'impugnabilità del bando.

Un primo orientamento, assolutamente minoritario, afferma che l'operatore economico, anche ove non avesse presentato la domanda di partecipazione alla procedura, potrebbe impugnare direttamente il bando, non essendo logico imporre l'onere di presentazione della domanda quando sia certo che essa incontrerà l'esclusione.

L'indirizzo giurisprudenziale nettamente maggioritario, invece, ritiene che la domanda partecipativa diviene atto necessario ai fini dell'ammissibilità dell'impugnazione immediata avverso le clausole escludenti, in quanto volta ad evidenziare l'interesse concreto e attuale a ricorrere di un soggetto che, altrimenti, rimarrebbe indifferenziato titolare di un interesse non qualificato.

Tale orientamento è stato condiviso dalla Plenaria n. 1 del 2003 ed è coerente con il principio di diritto enunciato per cui "i bandi di gara e di concorso e le lettere di invito vanno normalmente impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento, ed a rendere attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell'interessato".

Sono state, tuttavia, individuate alcune eccezioni alla regola generale, per cui è stata riconosciuta anche al soggetto non partecipante la facoltà di impugnare quando: venga contestata la stessa indizione della gara; venga censurata la manca indizione della gara e la illegittimità dell'affidamento diretto; l'oggetto del ricorso riguardi clausole escludenti. In tali ipotesi, l'esigenza di garantire la massima partecipazione alle procedure di evidenza pubblica rende possibile l'immediata contestazione essendo, altrimenti, impossibile rilevare il vizio successivamente. Pertanto, in tali ipotesi eccezionali, la presentazione della domanda partecipativa da parte del ricorrente rappresenterebbe un mero formalismo giuridico.

Adunanza plenaria Consiglio di Stato n. 4/2018

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L'Adunanza Plenaria n. 4 del 2018 si pone sulla scia delle importanti pronunce rese da Ad. Pl. n. 3/2001 e dalla successiva n. 4/2011, sostenendo che

"a) la regola generale è quella per cui soltanto colui che ha partecipato alla gara è legittimato ad impugnare l'esito della medesima, in quanto soltanto a quest'ultimo è riconoscibile una posizione differenziata; né quanto si afferma sulle regole di gara in via generale potrebbe essere in contrasto con l'assetto fondamentale della giustizia amministrativa;

b) i bandi di gara e di concorso e le lettere di invito vanno normalmente impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento ed a rendere attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell'interessato;

c) possono essere tuttavia enucleate alcune eccezioni a tale principio generale, individuandosi taluni casi in cui deve essere impugnato immediatamente il bando di gara, nonché particolari fattispecie in cui a tale impugnazione immediata deve ritenersi legittimato anche colui che non ha proposto la domanda di partecipazione."

La categoria delle clausole escludenti immediatamente impugnabili, d'altronde, è stata notevolmente estesa dalla giurisprudenza e vi sono state ricomprese, a titolo esemplificativo, le regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile, le disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara o, ancora, quelle che prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell'offerta.

Anche sul piano del diritto europeo, non si rinviene alcun riferimento che militi per l'estensione della legittimazione ad impugnare clausole non escludenti, contenute nei bandi di gara, agli operatori del settore che si siano astenuti dal partecipare alla gara medesima.

Laddove si affermasse il contrario, si dovrebbe convenire che per tal via verrebbe sancita una anticipazione della soglia di tutela dell'interesse tale da renderebbe incomprensibile la regola opposta che, invece, impone al soggetto partecipante alla gara di attendere l'esito infausto della selezione per potere proporre il medesimo ricorso.

Pertanto, alla luce di ciò, l'operatore del settore non partecipante alla gara potrebbe essere portatore di un interesse di mero fatto a che la procedura, per lui res inter alios acta, venga rinnovata, ma tale interesse "strumentale" assumerebbe consistenza ipotetica: il predetto, infatti, non avrebbe neppure dimostrato il suo interesse differenziato che ne avrebbe radicato la legittimazione, in quanto egli, pur potendo presentare l'offerta, si è astenuto dal farlo.

La domanda di partecipazione non appare nemmeno un sacrificio spropositato. Inoltre, sul piano processuale, essa non determina alcun effetto lesivo dato che, nelle procedure di gara, l'accettazione delle regole di partecipazione non preclude l'impugnabilità di clausole del bando ritenute illegittime, non potendo una stazione appaltante mai opporre ad una concorrente un'acquiescenza implicita alle clausole del procedimento.

Al contrario, la domanda partecipativa rende la posizione dell'istante meritevole di protezione, dato che "la procedura cui non si sia partecipato è res inter alios acta e non legittima l'operatore economico ad insorgere avverso la medesima".


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