La Corte Costituzionale dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato in ordine al contingentamento dei tempi dell'iter di approvazione delle leggi di bilancio

di Davide Mura - La Corte Costituzionale, in data 10 gennaio 2019, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un gruppo parlamentare di opposizione sul conflitto di attribuzione fra i poteri dello Stato, in ragione dei tempi ultracontingentati che sono stati imposti nella discussione del bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e del bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021. La violazione sarebbe stata, in particolare, per la violazione dell'art. 72 Cost.

La decisione della Corte

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Dichiarando l'inammissibilità, la Corte ritiene che, fermo restando incontestata la possibilità per i singoli parlamentari di proporre ricorso per conflitto di attribuzione, «la contrazione dei lavori per l'approvazione del bilancio 2019 è stata determinata da un insieme di fattori derivanti sia da specifiche esigenze di contesto sia da consolidate prassi parlamentari ultradecennali sia da nuove regole procedimentali. Tutti questi fattori hanno concorso a un'anomala accelerazione dei lavori del Senato, anche per rispettare le scadenze di fine anno imposte dalla Costituzione e dalle relative norme di attuazione, oltre che dai vincoli europei».

La questione sulla legittimità a sollevare il conflitto di attribuzione

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Ebbene, in primo luogo sembrerebbe emergere dalla pronuncia, un mutamento di giurisprudenza della Corte che da sempre esclude che i singoli parlamentari (così come i gruppi parlamentari e in generale i partiti politici), possano sollevare conflitto di attribuzione, e ciò perché questi soggetti non sarebbero in alcun modo in grado di dichiarare in via definitiva la volontà dell'organo a cui appartengono. Ma in realtà la Corte non pare mutare davvero la propria giurisprudenza, perché se è pur vero che i singoli parlamentari non possono sollevare conflitto di attribuzione per lesione delle prerogative del Parlamento

in quanto organo titolare di un interesse diverso e autonomo rispetto a quello del singolo parlamentare (viene rigettata la tesi dell'assorbimento dell'interesse), potrebbero in astratto farlo per quelle riferite alle attribuzioni del singolo parlamentare (cfr. ord. n. 277/2017 che rinvia a sent. n. 225 del 2001 e ordd. n. 149/2016, n. 222/2009 e n. 177/1998). In questo modo, la Corte, in realtà, sembra abbia semplicemente voluto "sorvolare" il problema sulla legittimità processuale dei singoli parlamentari ex-art. 134 Cost., focalizzandosi semmai sulle ragioni sostanziali per le quali il ricorso è da dichiarare inammissibile nel merito.

Le ragioni di merito sulla inammissibilità del conflitto

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Fermo restando che la Corte Costituzionale preavvisa che se qualora le modalità decisionali viste recentemente non dovessero essere abbandonate queste potrebbero non superare il vaglio di costituzionalità, la Corte stessa, nel dichiarare l'inammissibilità, prende atto che la compressione dei tempi parlamentari di discussione si è verificata a causa di diversi fattori. In primo luogo perché le modalità contestate sono frutto di una prassi ultradecennale di discussione e approvazione delle leggi di bilancio, e poi perché sull'iter legislativo gravano nuove regole procedimentali (ricordiamo che in questa legislatura viene per la prima volta applicato il nuovo regolamento del Senato), e poi, ancora, perché dovevano essere rispettate le scadenze imposte dalla Costituzione (art. 81.4 Cost.) e - non in ultimo (anzi!) - i vincoli europei in materia.

La vera ragione. I vincoli europei

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Ed è proprio quest'ultima la vera ragione che rende la decisione della Corte particolarmente significativa sotto il profilo costituzionale. Infatti per lo più sono i vincoli europei e quelli legati al Fiscal Compact, e dunque l'estenuante trattativa con la Commissione europea sulla fissazione del deficit previsionale (sotto minaccia di procedura di infrazione per debito e deficit eccessivo) a comprimere in modo abnorme i tempi di formazione del DDL di bilancio, contingentando, a sua volta, i tempi dell'iter legislativo, la cui conseguenza inevitabile è la violazione sistematica delle prerogative delle Camere e dei singoli parlamentari ai sensi dell'art. 72 Cost. Sicché le ragioni diverse dal vincolo europeo non sono una concausa, bensì la conseguenza della presenza di quest'ultimo.

Se c'è una dichiarazione di incostituzionalità da pronunciare (e che si attende da anni), quella dichiarazione dovrebbe riguardare non già la condotta del Governo o della maggioranza che impone, giocoforza, tempi contingentati per l'iter, quanto le norme europee e quelle sul Fiscal Compact (con i regolamenti europei annessi) che, violando gli artt. 1-139, 11, 70, 72 Cost., determinano questo abnorme contingentamento e costringono, inevitabilmente, il Parlamento al ruolo di mero ratificatore di decisioni assunte altrove.

Comunicato Stampa Corte Costituzionale

Foto: 123rf.com
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