La depenalizzazione dell'aiuto al suicidio non è la soluzione ma il Parlamento deve regolare la materia in maniera tale da evitare abusi

di Valeria Zeppilli - Con un comunicato stampa di qualche settimana fa, la Corte costituzionale aveva anticipato il rinvio della trattazione della causa avente ad oggetto il caso Dj Fabo. Ora, la pronuncia che si occupa della vicenda è stata depositata e le motivazioni che hanno determinato tale decisione e, soprattutto, hanno sottolineato le lacune dell'ordinamento italiano sul fine vita, sono state rese pubbliche.

L'ordinanza è la numero 207/2018 qui sotto allegata.

Il diritto alla vita

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Per la Consulta, in generale, la rilevanza penale dell'aiuto al suicidio non può ritenersi contrastante con la Costituzione, ma deve essere interpretata tenendo adeguatamente conto di situazioni, come quella di Dj Fabo che, all'epoca in cui la norma incriminatrice fu introdotta, erano inimmaginabili e che solo gli sviluppi della scienza medica e della tecnologia hanno portato in rilievo.

L'incriminazione dell'aiuto al suicidio, quindi, non contrasta di per sé con gli articoli 2 e 3 della Costituzione, essendo "funzionale alla tutela del diritto alla vita, soprattutto delle persone più deboli e vulnerabili, che l'ordinamento penale intende proteggere da una scelta estrema e irreparabile".

Diritto di rifiutare il trattamento sanitario

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La vicenda di Dj Fabo, tuttavia, è paradigmatica di quelle specifiche situazioni in cui un uomo è costretto a subire atroci sofferenze fisiche e psicologiche e pertanto - oggi anche in ragione di quanto previsto dalla legge numero 219/2017 - potrebbe già aver deciso di non continuare a essere mantenuto in vita, con effetti vincolanti per i medici che lo hanno in cura.

L'assenza di una specifica disciplina

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Per la Consulta, ciò posto, non si può comunque non considerare che invece, attualmente, in Italia non è possibile per il medico mettere a disposizione dei pazienti che versano nelle predette condizioni dei trattamenti diretti a determinarne la morte.

Con riferimento ai malati irreversibili esposti a gravi sofferenze, che sono i soggetti più vulnerabili, la Consulta ha rilevato che "il divieto assoluto di aiuto al suicidio finisce, quindi, per limitare la libertà di autodeterminazione del malato nella scelta delle terapie, comprese quelle finalizzate a liberarlo dalle sofferenze, scaturente dagli artt. 2, 13 e 32, secondo comma, Cost., imponendogli in ultima analisi un'unica modalità per congedarsi dalla vita, senza che tale limitazione possa ritenersi preordinata alla tutela di altro interesse costituzionalmente apprezzabile, con conseguente lesione del principio della dignità umana, oltre che dei principi di ragionevolezza e di uguaglianza in rapporto alle diverse condizioni soggettive sono solitamente ascrivibili a tale categoria di soggetti".

La depenalizzazione dell'aiuto al suicidio non è la soluzione

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La depenalizzazione dell'aiuto al suicidio non è tuttavia la strada da seguire.

In tal modo, infatti, si lascerebbe senza un'opportuna disciplina "la prestazione di aiuto materiale ai pazienti in tali condizioni, in un ambito ad altissima sensibilità etico-sociale e rispetto al quale vanno con fermezza preclusi tutti i possibili abusi".

L'unica soluzione è quindi quella di un apposito intervento legislativo volto a regolare la materia in maniera tale da evitare abusi nei confronti dei soggetti più vulnerabili. E così, stante il coinvolgimento di valori di primario rilievo, la Consulta ha affermato di ritenere "doveroso - in uno spirito di leale e dialettica collaborazione istituzionale - consentire, nella specie, al Parlamento ogni opportuna riflessione e iniziativa, così da evitare, per un verso, che, nei termini innanzi illustrati, una disposizione continui a produrre effetti reputati costituzionalmente non compatibili, ma al tempo stesso scongiurare possibili vuoti di tutela di valori, anch'essi pienamente rilevanti sul piano costituzionale".


Leggi anche: "Caso Dj Fabo-Cappato: da Consulta un anno al Parlamento"

Scarica pdf Corte costituzionale ordinanza numero 207/2018
Valeria Zeppilli

Foto: 123rf.com
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