Quando il porto d'armi è stato concesso negli anni precedenti, l'Amministrazione deve motivare in modo chiaro e puntuale le ragioni dell'eventuale diniego: se non lo fa, l'atto è annullabile
Avv. Francesco Pandolfi - Si rafforza l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale nell'ipotesi in cui il porto d'armi sia stato concesso negli anni precedenti, l'amministrazione deve motivare in modo puntuale le ragioni del diniego, mettendo in evidenza chiaramente le circostanze sopravvenute che appaiono idonee a determinare il rifiuto.

In particolare, l'amministrazione non si può limitare alla semplice rivalutazione delle stesse circostanze di fatto che, in precedenza, avevano portato alla concessione della licenza.

Indice:

Arma da difesa e vaglio amministrativo: le sentenze

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Il delicato e complesso tema, come accennato, è stato ormai affrontato da alcuni Tar che hanno prodotto sentenze allineate nei contenuti e nei motivi (solo per richiamarne un paio: Tar Firenze sentenza n. 533 del 17.04.2018, Tar Catanzaro sentenza n. 1388 del 07.09.2015).

I principi

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Nel caso che qui si segnala (sentenza 533 del Tar Firenze), importante in quanto riafferma principi tratteggiati addirittura già dal 2010 dai giudici, il Prefetto respinge una prima volta l'istanza di rinnovo del porto d'armi per difesa personale, motivando sulla base delle necessità derivanti da un allevamento di bovini allo stato brado effettuata dall'interessato (e dai possibili rischi di aggressione da parte di animali non mansueti) e dal rischio di aggressioni derivante dalle numerose attività economiche poste in essere.

In pratica, a base del diniego è posta la non reale necessità dell'arma.

Un provvedimento che viene impugnato dal ricorrente, il quale insiste sul difetto di istruttoria e di motivazione, oltre che di eccesso di potere per carenza di istruttoria ed illogicità, altresì per violazione dei principi di coerenza dell'agire amministrativo e del legittimo affidamento.

Arma da difesa e vaglio amministrativo: il caso di Firenze

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Il ricorso viene accolto dal Tar, che emette la sentenza 533/18 già segnalata.

Dopo un ordine del giudice di riesaminare la questione, l'amministrazione in un primo momento ripropone gli stessi argomenti e motivi del primo rigetto, poi, all'esito di motivi aggiunti presentati dalla persona interessata, le ragioni del ricorrente sono considerate fondate.

In pratica, nel caso commentato, con il secondo provvedimento negativo vengono riproposte le stesse posizioni espresse con il primo rifiuto e che, quindi, si esauriscono nella mera rivalutazione delle stesse circostanze che in precedenza avevano portato alla concessione della licenza di porto d'armi, senza evidenziare nuove circostanze o nuovi criteri valutativi idonei a reggere un diniego.

In pratica

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In questa materia anche la componente del "legittimo affidamento" ha un suo perchè.

Tante volte l'amministrazione, sbagliando, si barrica dietro posizioni preconcette emettendo dinieghi continuamente e con "formula ciclostile", ma la realtà è che ogni caso è un caso a se e deve essere attentamente vagliato, proprio per evitare ricorsi ed annullamenti nelle aule di giustizia.

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Francesco Pandolfi
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Si occupa principalmente di Diritto Militare in ambito amministrativo, penale, civile e disciplinare ed и autore di numerose pubblicazioni in materia.
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