La Corte Ue dà torto a Vodafone e Tre-Wind. Commercializzare SIM card con servizi a pagamento già attivi è una fornitura non richiesta ai sensi della direttiva sulle pratiche commerciali sleali

di Lucia Izzo - Commercializzare carte SIM (Subscriber Identity Module) su cui siano già preimpostati e previamente attivati dei servizi a pagamento (ad esempio segreteria telefonica e connessione a internet) rappresenta una pratica commerciale aggressiva sleale qualora i consumatori non ne siano stati previamente informati.


Questi, infatti, non sono stati posti nella condizioni di effettuare una libera scelta relativamente alla fornitura di tali servizi. In tal caso, la fornitura non richiesta può essere sanzionata anche da un'autorità diversa rispetto a quella che il diritto UE prevede in materia di comunicazioni elettroniche.


È quanto deciso dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza resa sulle cause riunite C-54/17 e C-55/17 che hanno visto, rispettivamente, l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) interfacciarsi con Wind-Tre s.p.a. e con Vodafone Italia s.p.a.. L'intervento origina da un intervento dell'Antitrust risalente al 2012, anno in cui erano state elevate ammende alle due società di telefonia.

La vicenda

Queste avevano commercializzato delle SIM card sulle quali erano preimpostate e preattivate determinate funzionalità, come servizi di navigazione Internet e di segreteria telefonica, i cui costi di utilizzo venivano addebitati all'utente se tali servizi non venivano disattivati su espressa richiesta di quest'ultimo. Ciò senza che l'utente fosse stato previamente informato dell'esistenza di tali servizi e della loro onerosità.


Anzi, era risultato anche che il servizio di navigazione Internet poteva persino dare luogo, già dal primo inserimento di tali carte SIM in un telefono mobile o in qualsiasi altro apparecchio che permetta la navigazione Internet, a connessioni effettuate all'insaputa dell'utente, in particolare attraverso applicazioni cosiddette «always on» (sempre attive).


Era proprio a seguito dei reclami dei consumatori (che si erano visti addebitare costi di connessioni effettuate a loro insaputa e per servizi non richiesti) che l'AGCM aveva avviato la procedura che aveva portato alle sanzioni per pratiche pratiche commerciali aggressive.


Tuttavia, il Tar del Lazio, a cui le due compagnia avevano fatto ricorso, aveva annullato i provvedimenti adducendo che non fosse competente l'Antitrust in materia, bensì l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AgCom).


Di contrario avviso il Consiglio di Stato secondo cui la competenza a irrogare una sanzione per una "pratica commerciale considerata in ogni caso aggressiva" appartiene all'AGCM conformemente al criterio di specialità previsto dall'articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29, e ciò anche nel settore delle comunicazioni elettroniche.


Il Consiglio di Stato ha chiesto alla Corte UE se le omissioni informative sulla preimpostazione della SIM di determianti servizi telefonici fossero da considerare pratiche commerciali aggressive e se sussistesse una fornitura non richiesta rientrante ai sensi della direttiva 2005/29/CE .

SIM card con servizi a pagamento preimpostati? È fornitura non richiesta

Per i giudici europei, la nozione di "fornitura non richiesta", ai sensi dell'allegato I, punto 29, della direttiva 2005/29/CE, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno, dev'essere interpretata nel senso che, con riserva di verifiche da parte del giudice del rinvio, essa ricomprende condotte come quelle di cui trattasi nei procedimenti principali.


Ovvero, in tale nozione vi rientrano le attività di commercializzazione, da parte di un operatore di telecomunicazioni, di carte SIM (Subscriber Identity Module, modulo d'identità dell'abbonato) sulle quali sono preimpostati e preattivati determinati servizi, quali la navigazione Internet e la segreteria telefonica, senza che il consumatore sia stato previamente ed adeguatamente informato né di tale preimpostazione e preattivazione né dei costi di tali servizi.

Questa condotta, conclude la Corte, potrà essere sanzionata da un'autorità nazionale differente da quella prevista dal diritto dell'Unione in materia di comunicazioni elettroniche. Pertanto, l'Autorità che vigila sul mercato ben può occuparsi anche di settori "regolati" quale quello delle telecomunicazioni.

CGUE sent. Cause C-54/17 e C-55/17

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