di Lucia Izzo - È da escludersi la violazione dell'art. 8 CEDU laddove il giudice nazionale rifiuti di attuare il diritto all'oblio e all'anonimato relativamente alle informazioni presenti su Internet e riguardanti un processo penale conclusosi con una condanna per omicidio.
Non solo è rimesso ai giudici nazionali il bilanciamento tra interessi confliggenti, ma deve tenersi conto del ruolo fondamentale svolto dai giornalisti nei confronti dell'opinione pubblica, indi per cui l'accesso ad archivi digitali è un mezzo per informare la collettività anche sulla storia contemporanea.
Tanto ha deciso la Corte Europea dei Diritto dell'Uomo nella sentenza n. 28 giugno 2018 (qui sotto allegata in francese) relativa alla causa M.L. e W.W. c. Germania. A ricorrere innanzi alla Corte EDU sono due cittadini tedeschi che lamentano una violazione, da parte del giudice nazionale, del diritto al rispetto della loro vita privata protetto dall'art. 8 della Convenzione EDU.
In particolare, la Corte Federale di Giustizia, nonostante l'istanza dei due, si era rifiutata di proibire a tre diversi media di continuare a consentire l'accesso agli utenti internet a un archivio con diversi contenuti (trascrizione di una trasmissione radio e alcuni reportage) riguardanti il processo penale nel quale i due erano coinvolti per l'omicidio di un famoso attore e che menzionavano i loro nomi completi.
All'unanimità i giudici della CEDU hanno ritenuto che la decisione del giudice nazionale sul punto, nonostante le rimostranze dei ricorrenti, non vi fosse stata alcuna violazione del summenzionato art. 8 della Convenzione.
CEDU: bilanciamento tra diritto all'oblio e diritto all'informazione
In particolare, la Corte giunge a tale conclusione tenendo conto del margine di apprezzamento riservato alle autorità nazionali in situazioni nelle quali è necessario operare un bilanciamento tra interessi divergenti: infatti, nel caso in esame, da un lato si trova il rispetto della vita privata del quale i ricorrenti chiedono tutela, garantito dall'art. 8 della Convenzione, e dall'altro si trova il diritto dei media libertà d'espressione, nonché del pubblico a essere informato, tutelato dall'art. 10 della CEDU.
La Corte ha ribadito come l'approccio alla copertura di un determinato argomento sia una questione inerente la libertà giornalistica e che, sul punto, l'art. 10 della Convenzione ha lasciato ai giornalisti la facoltà di scegliere quali dettagli debbano essere o meno pubblicati, sempre che tale decisione rispetti le norme etiche della professione.
L'inserimento in un reportage o in un articolo di informazioni individuali, quale il nome completo della persona in questione, appare come un aspetto importante del lavoro dei media, soprattutto quando si parla di procedimenti penali che hanno attirato nel tempo una considerevole attenzione.
Inoltre, la Corte EDU rileva come siano stati gli stessi ricorrenti, in occasione della richiesta di riapertura del procedimento avanzata nel 2004, a trasmettere alla stampa numerosi documenti invitando i giornalisti a tenere il pubblico informato. Si tratta di un atteggiamento che contrasta con la loro prospettiva di mantenere l'anonimato o il diritto all'oblio, ovvero a essere dimenticati online.
In conclusione, considerando il margine di discrezionalità lasciato alle autorità nazionali nel bilanciamento tra interessi divergenti, l'importanza di mantenere l'accessibilità ai media e alla stampa che è stato riconosciuto come lecito, nonché il comportamenti dei ricorrenti nei confronti della stampa, la Corte EDU ritiene non vi siano motivi sostanziali per contestare la decisione del giudice tedesco.
CEDU, M.L. e W.W. c. Germania• Foto: 123rf.com