Per il Tribunale di Torino il diniego o la revoca della patente erroneamente concessa dovranno passare al vaglio della P.A. che ne pondera in concreto la necessità e opportunità

di Lucia Izzo - La Pubblica Amministrazione ha la "facoltà" di revocare la patente di guida erroneamente rilasciata, ma in tal caso dovrà ponderare in concreto la necessità/opportunità di farlo, ad esempio se si presume che la persona che ha subito una condanna possa essere agevolata nella commissione di altri reati.


Tale timore non si ritiene sussistere nei confronti del condannato a cui la patente era già stata revocata e che, dopo 4 anni dalla condanna stessa senza commettere nuovi reati, faccia nuovamente richiesta e ottenga il titolo di guida dopo aver espiato la pena (di lieve entità) inflittagli, avendo dato prova di ravvedimento.


Lo ha stabilito il Tribunale di Torino, terza sezione civile, nella sentenza n. 2358/2018 (qui sotto allegata) accogliendo l'opposizione di un cittadino contro l'ordinanza della Regione Valle d'Aosta che gli aveva revocato la patente di guida.

La vicenda

In realtà, l'opponente si era visto revocare la patente già una prima volta dopo la sua condanna per i reati previsti e puniti dagli articoli 73 del D.P.R. 309/1990 (Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope) e 648 c.p. (Ricettazione).


A seguito della condotta positiva da lui servata, la pena detentiva comminatagli veniva dichiarata anticipatamente estinta stante l'esito positivo dell'affidamento in prova ai servizi sociali.


Quindi, decorsi 3 anni dalla data di notifica del procedimento di revoca, l'uomo si recava presso gli Uffici della Motorizzazione Civile per conseguire il titolo di guida e veniva ammesso agli esami dopo aver esibito il provvedimento comprovante l'estinzione di pena.


Da qui la seconda revoca da parte dell'Amministrazione essendo l'uomo ritenuto "privo dei requisiti morali per il conseguimento della patente di guida ai sensi dell'art 120 C.d.S." non avendo ottenuto, a seguito della condanna, la prescritta riabilitazione. Circostanza che il cittadino ritiene erronea.


Il Tribunale piemontese viene dunque chiamato a chiarire cosa debba intendersi per provvedimento riabilitativo ai sensi dell'art. 120 cit., al fine di poter nuovamente ottenere la patente di guida. Come è noto, infatti, la patente di guida non può essere conseguita dalle persone condannate per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del T.U. stupefacenti.

Patente di guida: niente revoca automatica ai delinquenti

La norma, tuttavia, salva gli "effetti di provvedimenti riabilitativi", dicitura che, per il giudice, deve essere interpretata in senso più ampio, tale da ricomprendere al suo interno, oltre al provvedimento conseguente alla riabilitazione ex art. 179 c.p., anche quello conseguente all'esito positivo dell'affidamento al servizio sociale ex art. 47 ss. ord. pen., in senso più favorevole al condannato.


Sul punto, il Tribunale richiama la recente sentenza n. 22/2018 con cui la Corte Costituzionale ha ritenuto costituzionalmente illegittimo l'art. 120, comma 2, del Codice della Strada ove prevede l'automatica revoca della patente da parte dell'autorità amministrativa, in caso di sopravvenuta condanna del suo titolare per reati in materia di stupefacenti.


A tale automatismo legislativo, la Consulta ha ritenuto dover sostituire una valutazione discrezionale della P.A., che dovrà motivare le ragioni per cui, in concreto, ritenga necessario revocare la patente a colui che ha commesso i reati suddetti, verosimilmente valutando la gravità degli stessi, il decorso di tempo dalla commissione del fatto o altre ragioni in concreto.


La dichiarazione di incostituzionalità, quindi, ha investito esclusivamente il secondo comma dell'art. 120 C.d.S. (revoca della patente al reo che ne era già in possesso al momento della condanna) e non il primo comma, in cui rientra il caso in esame, ovvero la "non concessione della patente ex novo a chi ha previamente subito la condanna penale" stante la valutazione di inesistenza dei requisiti morali.

Patente rilasciata ex novo al reo dopo la condanna: niente revoca automatica

In pratica, sottolinea il Tribunale, nel caso in esame la revoca è stata determinata da un errore della P.A. in fase di rilascio del titolo che solo dopo averlo rilasciato, si era accorta che non avrebbe dovuto farlo.

La sentenza, tuttavia, rileva anche in questo caso debba applicarsi la ratio della pronuncia della Consulta: infatti, le ragioni per cui non deve essere rilasciata ex novo la patente al reo sono le medesime per le quali la patente, già in possesso del reo, gli venga revocata.

Data una lettura conservativa e costituzionalmente orientata dell'art. 120 C.d.S., primo comma, deve ritenersi che anche in occasione del rilascio della patente di guida o, come nel caso in esame, della revoca della patente di guida perché erroneamente rilasciata dalla P.A. in difetto dei requisiti morali, l'amministrazione non debba, ma "possa" non rilasciare la patente o revocarla se erroneamente rilasciata.

Si mira, così, a evitare l'automatismo dichiarato illegittimo dalla Consulta, ritenendosi necessaria una valutazione dei requisiti morali: il diniego alla concessione (o, come nel caso in esame, la revoca della patente erroneamente concessa) dovrà passare attraverso la ponderazione in concreto della necessità/opportunità, di rilasciare la patente a chi ha subito la condanna, alla luce della ratio della norma che è quella di privare della patente di guida la persona che si presume possa essere agevolata nella commissione di altri reati, dal possesso della stessa.

Nel caso di specie, ritiene il Tribunale, il reo avrebbe potuto conseguire la patente, quindi non era necessario revocargliela una volta concessa (per errore della P.A.). Non sussiste, in pratica, alcun timore che questi potesse essere agevolato nella commissione di reati visto che il fatto accertato doveva ritenersi di lieve entità attesa la pena (2 mesi 11 giorni) inflittagli.

Inoltre, concludono i giudici, al momento della revoca erano già decorsi 4 anni dalla condanna subita e questi non aveva commesso altri reati e, anzi, aveva dato prova di ravvedimento espiando la sua pena in anticipo a positiva conclusione dell'affidamento in prova.

La patente di guida appare necessaria al ricorrente, inoltre, in vista del suo nuovo impiego retribuito (autista) circostanza che, lungi dall'agevolarlo a delinquere nuovamente, potrebbe verosimilmente e fondatamente assicuragli un'esistenza onesta.

Si ringrazia il dott. Roberto Di Donato per la cortese segnalazione

Tribunale di Torino, sentenza n. 2358/2018

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