Per la Cassazione il diritto dei difensori ad ascoltare i file audio delle captazioni rappresenta prerogativa non soggetta a limiti o autorizzazioni

di Lucia Izzo - Depositati i verbali e le registrazioni delle operazioni di intercettazione ex art. 268, comma 2, c.p.p., i difensori delle parti hanno diritto ad ascoltare i file audio riguardanti le registrazioni delle captazioni, trattandosi di una prerogativa difensiva che può essere fatta valere ovviamente al di là dei limiti dell'incidente cautelare.


Poiché, nella prassi, non viene sovente celebrata l'udienza stralcio, ciò non può incidere sul diritto del difensore a richiedere copia di tutte le intercettazioni, anche senza che vi siano state preventive ed esplicite eliminazioni delle registrazioni manifestamente estranee al processo.


Lo ha precisato la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, nella sentenza n. 18082/2018 (qui sotto allegata) con cui ha dichiarato inammissibile il ricorso avanzato dal P.M. contro la declaratoria di nullità comminata dal Tribunale a un decreto dello stesso Pubblico Ministero.


Nel decreto dichiarato nullo (per violazione del diritto di difesa), il P.M. aveva rigettato la richiesta del difensore di uno degli imputati di avere copia di tutti i files delle intercettazioni telefoniche ed ambientali effettuati in sede di indagine nel processo. Il Tribunale, invece, disponeva il rilascio delle relative copie alla difesa.


Da qui il ricorso in Cassazione del Procuratore della Repubblica che sostiene l'abnormità strutturale e funzionale dell'ordinanza che risulterebbe "avulsa dal sistema per singolarità e stranezza del suo contenuto, posto che, disponendo rilascio di copia integrale di tutte le intercettazioni

, il giudice si sarebbe surrogato all'organo di accusa cui è rimessa la gestione delle intercettazioni".


Ancora, secondo il P.M. il provvedimento sarebbe abnorme anche dal punto di vista funzionale, determinandosi una stasi laddove la difesa non decidesse di procedere all'ascolto, e gli avrebbe altresì imposto la violazione di legge derivante dalla imposizione di un diverso e non consentito modo di dare applicazione alla disciplina di cui all'art. 268 de codice di procedura penale.

Cassazione: sì al rilascio al difensore delle copie dei file delle intercettazioni

Una tesi che non convince i giudici di Cassazione che, da un lato, ritengono che l'abnormità, prospettata dal punto di vista strutturale per surrogazione del giudice all'organo d'accusa, non pare sussistere in quanto è potere del giudice del dibattimento disporre il rilascio di copia degli atti e anche dei files delle conversazioni captate.


Neppure colgono nel segno le deduzioni in merito alla violazione delle fasi e della successione temporale scandita dal legislatore: non essendo stata celebrata l'udienza stralcio, tutte le intercettazioni disposte nel procedimento devono ritenersi depositate agli atti.


Il diritto all'ascolto dei files, spiega il Collegio, è prerogativa difensiva che può essere fatta valere ovviamente al di là dei limiti dell'incidente cautelare. Una volta che si sia proceduto al deposito ai sensi dell'art. 268, comma 4, c.p.p., i difensori hanno diritto, non suscettibile di limitazione alcuna né di apposita autorizzazione, ad ascoltare i files audio relativi alle registrazioni delle captazioni.

Anche se sembra che il diritto alla copia di tali file sia subordinato al meccanismo di filtro reggimentato dall'art. 268, comma 6, c.p.p., sotteso alla tutela della riservatezza inerente dati e soggetti coinvolti nelle captazioni estranei all'interesse immediato del processo, nella prassi lo stralcio viene spesso pretermesso per venire assorbito dalle analoghe valutazioni rese in dibattimento.

Non di rado, rileva la Cassazione, come avvenuto nel caso di specie, il diritto alla copia finisce per essere riconosciuto senza una preventiva, esplicita, eliminazione a monte delle registrazioni manifestamente estranee al processo.

Da ciò si deduce che la violazione del diritto all'ascolto delle registrazioni e quello legato alla copia dei file audio danno luogo a una compressione del diritto di difesa, tale da concretare una nullità di ordine generale a regime intermedio (ex art. 178 lett. c, c.p.p.) perché cade direttamente sulla possibilità di vaglio critico del momento nel quale si concreta la prova (ossia le registrazioni) e che tale vizio non è esclusivamente riscontrabile in sede cautelare.

Per confutare i principi espressi, gli Ermellini, seppur non trovi ovviamente applicazione "ratione temporis" alla fattispecie in esame, ritengono di dover evidenziare come anche il recente d.lgs. n. 216/2017 si sia mosso anche nell'ottica di tutelare il diritto all'ascolto del difensore.

È stato, infatti, alzato da cinque a dieci giorni il termine attributo alle difese per l'esame del materiale intercettato, una volta che questo sia stato depositato, ed è stato anticipato il diritto al rilascio di copia dei verbali di trascrizione sommaria, una volta disposta l'acquisizione ad opera del giudice. (per approfondimenti: Intercettazioni: riforma in vigore da luglio. Cosa cambia).

Pertanto, l'ordinanza del Tribunale non può ritenersi abnorme poiché, in quanto corretta nei suoi presupposti e nelle sue conclusioni, non è certo avulsa dall'intero ordinamento processuale e non è stata adottata dal Tribunale in assenza di potere astratto o concreto.

Infine, tale ordinanza non intacca alcuna prerogativa del Pubblico Ministero, poiché, una volta disposto il rinvio a giudizio, gli atti devono ritenersi depositati e quindi nella disponibilità dell'organo giudicante. Le difese hanno, quindi, diritto, a valutare la possibilità di chiederne copia, senza con ciò determinare alcuna stasi processuale.

Cass., VI pen., sent. n. 18082/2018
Vedi anche:
- Raccolta di articoli e sentenze sulle intercettazioni
- Le intercettazioni: guida legale

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