Per il Tar Lombardia, il vincolo paesaggistico non impedisce tout court l'installazione dei pannelli fotovoltaici, ma è necessaria una valutazione di compatibilità da effettuare in concreto

di Lucia Izzo - Le doglianze con cui l'Autorità Amministrativa competente critica il colore dei pannelli fotovoltaici che il cittadino vuole installare sull'edificio non sono sufficienti a negarne la posa in una zona gravata a vincolo paesaggistico.

L'esistenza del vincolo, infatti, non impedisce tout court l'installazione dei pannelli, ma richiede una preliminare valutazione di compatibilità, che andrà effettuata in concreto e non in astratto, tra le opere da realizzare e i valori paesaggistici dei luoghi.

Lo ha stabilito il T.A.R. Lombardia nella sentenza n. 496/2018 (qui sotto allegata) accogliendo l ricorso delle proprietarie di un fabbricato sul Lago Maggiore che avevano presentato all'Amministrazione comunale un progetto di ristrutturazione dell'immobile.

La vicenda

Tra gli interventi erano previsti, tra l'altro, la demolizione della vecchia tettoia e la realizzazione di una nuova, munita di pannelli fotovoltaici. Inoltre, ricadendo l'immobile in una zona gravata da vincolo paesaggistico, le ricorrenti avanzavano prodromica istanza di autorizzazione ex art. 146 del d.lgs. n. 42/2004.


La competente Soprintendenza esprimeva parare positivo in relazione alle opere da eseguirsi, ma vietava la posa dei pannelli fotovoltaici sulla nuova tettoia stante la sottoposizione a vincolo paesaggistico della zona in cui insiste l'immobile. Sulla base di tale parare il Comune approvava il progetto a condizione che i pannelli suddetti non fossero inseriti.

Le proprietarie impugnano quest'ultimo provvedimento proponendo domanda cautelare innanzi al T.A.R. che, nell'accoglierla, disponeva che la Sopraintendenza si pronunciasse con un nuovo parere (ex art. 146, comma 8, d.lgs. 42/2004) "valutando in concreto (quindi tenendo conto del progetto e di tutte le sue caratteristiche, della posizione dell'immobile in questione e del vincolo cui è assoggettata l'area) la compatibilità delle opere", ed entro i successivi 20 giorni il Comune avrebbe dovuto pronunciarsi in conformità.

Nonostante l'intervento del T.A.R., tuttavia, nel suo ulteriore parere la Sopraintendenza prescriveva nuovamente il non inserimento dei pannelli fotovoltaici nell'ambito delle opere da eseguire in quanto la loro realizzazione avrebbe comportato "un'alterazione negativa dell'immagine consolidata del luogo, interferendo con la percezione delle aree, caratterizzate da valore paesaggistico".

Le proprietarie, impugnando il secondo parere innanzi al T.A.R., ritengono che l'esistenza di un vincolo di natura paesaggistica non impedisca tout court la posa di pannelli fotovoltaici, ma comporti semmai la necessità che sia operata una preliminare valutazione di compatibilità tra il vincolo medesimo e le nuove opere che si intendono realizzare.

L'Amministrazione preposta alla tutela del vincolo, pertanto, avrebbe dovuto operare (non in astratto, bensì) in concreto siffatta valutazione di compatibilità che, nel caso di specie, doveva considerarsi esistente, tenuto conto dei pochi pannelli da inserire nella tettoia di modeste dimensioni e considerato che l'installazione di pannelli fotovoltaici è attualmente incentivata, e resa obbligatoria per i nuovi edifici, in coerenza con l'obiettivo di interesse nazionale del passaggio alla produzione di energia da fonti rinnovabili.

Vincolo paesaggistico: necessario giudizio in concreto tra compatibilità opere e valore dei luoghi

Doglianze ritenute meritevoli di accoglimento dal T.A.R. che rammenta come l'autorizzazione paesistica debba essere congruamente motivata, esponendo le ragioni di effettiva compatibilità delle opere da realizzare con gli specifici valori paesistici dei luoghi, essendo il paesaggio un valore costituzionale primario.

L'autorità amministrativa, si legge nel provvedimento, è chiamata a operare un giudizio in concreto circa il rispetto da parte dell'intervento progettato delle esigenze connesse alla tutela del paesaggio stesso e la sua determinazione al rilascio dell'autorizzazione de qua non potrà essere affidata a criptiche clausole di stile che nulla espongono circa i concreti elementi di fatto e di diritto.

In sostanza, nella motivazione dell'autorizzazione dovranno riscontrarsi l'idoneità dell'istruttoria, l'apprezzamento di tutte le rilevanti circostanze di fatto e la non manifesta irragionevolezza della scelta effettuata sulla prevalenza di un valore in conflitto con quello tutelato in via primaria.


Pertanto, l'autorità dovrà manifestare "piena consapevolezza delle conseguenze derivanti dalla realizzazione delle opere, nonché della visibilità dell'intervento progettato nel più vasto contesto ambientale" e non potrà limitarsi ad affermazioni apodittiche, da cui non si evincano le specifiche caratteristiche dei luoghi e del progetto.


Dovrà inoltre, verificare se la realizzazione del progetto comporti una compromissione dell'area protetta, accertando in concreto la compatibilità dell'intervento con il mantenimento e l'integrità dei valori dei luoghi.

Sproporzionato negare l'installazione dei pannelli fotovoltaici a causa del colore

Invece, nel caso di specie, nel parere della Soprintendenza non si riscontrano tali necessari e imprescindibili elementi: non solo l'autorità muove da un presupposto errato riguardante la corretta qualificazione dell'edificio sotto il profilo urbanistico, ma sembra non ritenere conforme i pannelli fotovoltaici alla tutela paesaggistica soltanto nell'aspetto cromatico (non meglio individuato).


Nonostante ciò, anziché imporre alle proprietarie di utilizzare pannelli di un colore che potesse meglio inserirsi nel contesto, l'Autorità ha imposto di non utilizzarli affatto: una conclusione che per il Tribunale Amministrativo appare sproporzionata rispetto alle stesse (seppur evasive) valutazioni della Soprintendenza le cui osservazioni, anche in relazione ai materiali, neppure precisamente identificati, appaiono altrettanto generiche.


Il T.A.R. Lombardia condivide, infine, l'orientamento secondo cui "la sola visibilità di pannelli fotovoltaici da punti di osservazione pubblici non configura ex se un'ipotesi di incompatibilità paesaggistica, in quanto la presenza di impianti fotovoltaici sulla sommità degli edifici - pur innovando la tipologia e morfologia della copertura - non è più percepita come fattore di disturbo visivo, bensì come un'evoluzione dello stile costruttivo accettata dall'ordinamento e dalla sensibilità collettiva".


Poiché verso le fonti energetiche rinnovabili si registra un sempre maggiore favor legislativo, il T.A.R. ritiene che un impedimento assoluto all'installazione di tali impianti in zone sottoposte a vincolo paesistico debba concentrarsi unicamente nelle "aree non idonee" espressamente individuate dalla regione (nelle quali non rientra l'immobile esaminato).


Negli altri casi, invece, la compatibilità dell'impianto fotovoltaico con il suddetto vincolo dovrà essere esaminata tenendo conto del fatto che queste tecnologie sono ormai considerate elementi normali del paesaggio e non sono percepite soltanto come un fattore di disturbo visivo, ma anche come un'evoluzione dello stile costruttivo accettata dall'ordinamento e dalla sensibilità collettiva, purché non sia modificato l'assetto esteriore complessivo dell'area circostante, paesisticamente vincolata.


Pertanto, accogliendo il ricorso delle proprietarie, il T.A.R. annulla per l'effetto gli atti impugnati ordinando che la sentenza sia sia eseguita dall'autorità amministrativa.

TAR Lombardia, sent. 496/2018

Foto: 123rf.com
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: