La Cassazione ricorda che il danno da mancato guadagno è risarcibile all'esito di un rigoroso giudizio di probabilità

Dott. Carlo Casini - Il danno patrimoniale da mancato guadagno, concretizzato nell'accrescimento patrimoniale effettivamente pregiudicato dall'inadempimento dell'obbligazione civile contrattuale, presuppone la prova dell'utilità patrimoniale che il creditore avrebbe conseguito se l'obbligazione fosse stata adempiuta, escludendo pertanto tutti i guadagni soltanto ipotetici legati all'avverarsi di condizioni incerte, dato che per la liquidazione del danno si necessita non di un giudizio di mera possibilità, bensì un rigoroso giudizio di probabilità.

Il danno da lucro cessante

Si ricorda che il lucro cessante deve essere risarcito quando sia provato che il danno si produrrà in futuro secondo una ragionevole e fondata previsione e non solo in caso di assoluta certezza. Tuttavia, poiché il grado di ragionevole attendibilità del prodursi del danno in futuro varia secondo le circostanze del caso concreto, di esso deve tenersi conto ai fini della misura del risarcimento. D'altronde con l'espressione lucro cessante si usa far riferimento alla violazione di un diritto non ancora maturato, ovvero alla lesione di un bene non ancora presente nel patrimonio del soggetto, il cui ristoro è legato alla impossibilità di realizzare l'arricchimento tipico dell'acquisizione di un nuovo diritto. E che, di conseguenza, si proietta nel futuro, richiedendo una "ragionevole" certezza in ordine al suo accadimento.

Gli Ermellini, hanno avuto modo di esprimersi a riguardo in ambito di danno da sinistro stradale con la sentenza n. 20003/2014. Con l'ordinanza n. 5613/2018 (sotto allegata), la Suprema Corte torna sull'argomento, cogliendo l'occasione per precisare che ai fini della quantificazione del danno da lucro cessante da inabilità temporanea al lavoro ai sensi dell'art. 2056, 2° comma, c.c., è possibile operare, in via presuntiva, una ricostruzione dello status di salute del danneggiato e della sua conseguente inabilità con riguardo tanto al periodo di totale inattività (nel caso di specie 30 giorni) quanto a quello di attività menomata del 75% (60 giorni), quanto ancora a quello di attività menomata del 50% (75 giorni).

Leggi anche: Danno emergente e lucro cessante: cosa sono e quali le differenze

Cassazione, ordinanza n. 5613/2018
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